Homeless, il terribile 2020 nel lock down di Jago [FOTO]

Homeless, il terribile 2020 nel lock down di Jago [FOTO]

27 Dicembre 2020 0 Di mariomonfrecola

Homeless, l’opera di Jago a piazza del Plebiscito

Il piccolo bambino rannicchiato, incatenato a piazza del Plebiscito, attira l’attenzione del sottoscritto all’uscita di Palazzo Reale, dopo aver visitato la casa di Rosa Park.
Con le mani ferme sul manubrio, spingo la bici e lentamente guadagno spazio tra la folla di curiosi che accerchia quella figura raggomitolata, in posizione fetale, incatenata a terra: la scultura suscita commenti, riflessioni, tutti gli scattano una foto.
Scoprirò poi che trattasi di Homeless, opera del giovane artista social Jago (originario di Frosinone), denominata lock down, i due termini separati dallo spazio – invece di lockdown – cioè “guarda in basso”, guarda agli ultimi.


Homeless, l'opera di Jacopo Cardillo alias Jago a piazza del Plebiscito a Napoli
All-focus

La potenza evocatrice dell’Arte

“Il significato della mia opera? Andatelo a chiedere a tutti quelli che, in questo momento, sono lasciati incatenati nella loro condizione. “Look down” è l’invito a guardare in basso, ai problemi che affliggono la società e alla paura di una situazione di povertà diffusa che si prospetta essere molto preoccupante, soprattutto per i più fragili”  (fonte)

Il bambino (in marmo bianco) incatenato e indifeso racchiude dentro di sé questo terribile 2020.
Difatti, guardo la scultura – una figura fragile e abbandonata – e percepisco un senso di ingiustizia, una rabbia e un’impotenza nel non poter liberare da quelle malefiche catene una creatura pura e innocente.
Dalle parole degli altri osservatori, deduco le medesime reazioni emotive.
Dunque Homeless, la scultura di Jago, è l’ennesimo esempio della potenza evocatrice dell’Arte, capace di suscitare sentimenti e riflessioni e scuotere la sensibilità di chi osserva.


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Arrivederci Homeless

«Non vi preoccupate, è caduto sul mio piede» il signore alla mia sinistra recupera e mi restituisce il cellulare.
Lo smartphone scivola dalle mani e cade a terra mentre scatto la foto a Homeless.
«Grazie» gli sorrido e mi allontano dalla folla di curiosi.
Pigio lo schermo del dispositivo, tutto ok, il piede del gentile sconosciuto ha funzionato come materassino.
Lo scatto è salvo,
Risalgo in bici, un ultimo sguardo al bambino rannicchiato e incatenato e poi la pedalata continua verso il lungomare di Napoli.




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