Smart working, pregi e … pregi (ma con un solo pericolo)

Smart working, pregi e … pregi (ma con un solo pericolo)

16 Marzo 2020 0 Di mariomonfrecola

Lo smart working funziona

A casa come in ufficio.
Per noi informatici, lo smart working funziona.
Da sempre abituati a comunicare a distanza – sia tra colleghi che con i clienti – via call conference, room virtuali, chat e mail, dopo una settimana di lavoro da casa, come previsto, le attività professionali proseguono senza intoppi.
Ciò che, invece, nessuna tecnologia potrà mai sostituire sono le relazioni sociali, un aspetto non secondario di qualsiasi ufficio.

Ecco, dopo un periodo di assenza forzata, mi manca soprattutto l’aspetto umano del lavoro.
Il confronto, il consiglio, la battuta per sdrammatizzare ma anche la pausa pranzo a quel ristorante particolare oppure il caffè al solito bar per affrontare il pomeriggio.


Lo smart working, pregi e difetti

Il possibile pericolo (evitabile)

Lavorare gomito a gomito crea coesione.
Lo spirito di squadra nasce e si fortifica dalla condivisione dello spazio e del tempo.
Parlo di quella dimensione astratta nota solo a chi vive l’ufficio (e incomprensibile agli altri).
La complicità di chi conosce i propri scheletri negli armadi, da nascondere al cliente con una pezza messa all’ultimo istante.
Gli sguardi di intesa durante una call conference dove ignori la questione ma fingi di sapere tutto.
Il mute al telefono, “prendiamo tempo” è la frase sottaciuta con gli altri colleghi … poi si vede, in qualche modo risolviamo …

Ecco, il pericolo che intravedo nello smart working attuale (e totalitario): l’impossibilità di creare un gruppo unito dalle intemperie (professionali e non), affrontate insieme, risolte insieme.

Ma, comunque sia, un rischio facilmente superabile.
Grazie all’esperienza e all’alternanza.

A Londra, nel 2004 …

Superata l’emergenza coronavirus, che fine farà lo smart working?
Tornerà nei sottoscala delle aziende italiane oppure diventerà una possibilità per tutti i lavoratori? (e, in particolar modo, per chi opera nel settore dell’Information Technology)

Per chi – come il sottoscritto e colleghi – viaggia, da svariati lustri, per le autostrade digitali dell’informatica, la questione non si pone.
Noi – come stiamo dimostrando – siamo pronti a lavorare da casa da subito.

Già nel lontano 2004, in trasferta a Londra presso una importante banca olandese, osservavo i dipendenti presentarsi in ufficio un paio di giorni a settimana.
Con la massima autonomia, operavano a distanza e – quando necessario – rientravano per riunioni o incontri particolari.
Al contrario di noi italiani che, allora, ignoravamo il telelavoro e lo smart working era un termine sconosciuto.


Proprio il giusto equilibro ufficio/casa è l’obiettivo post emergenza coronavirus.
Tra il mai di ieri ed il sempre di oggi, intravedo nello schema inglese del 2004 il possibile bilanciamento: lavorare da casa almeno un paio di giorni a settimana.


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Smart working, due giorni a settimana

Lavorare da casa (almeno) due giorni a settimana, ritengo sia l’ideale (per chi lo richiede, ovviamente).
Per affrontare gli imprevisti (si pensi, alle violente allerte meteo) e per consolidare la fiducia dipendente/azienda.

Perché, oltre ai mille validi motivi già dibattuti ed accertati:

  • lotta all’inquinamento
  • riduzione dello stress
  • ottimizzazione del tempo
  • migliori prestazioni del lavoratore
  • risparmio dell’azienda
  • solo per ricordare i più noti, evidenzio il rafforzamento di fiducia tra dipendente e datore di lavoro.
    E, aspetto non secondario, l’orgoglio di operare per una azienda vicina alle esigenze delle persone (non semplici numeri di matricole).
    Fiducia ed orgoglio ripagati con prestazioni superiori alla media.


    In smart working da una settimana

    Smart working, l’analisi di Milena Gabanelli sul Corriere.it

    Ma quale è la realtà dello smart working italiano oggi?
    L’articolo Coronavirus e smartworking: oltre 11 milioni di italiani senza connessione di Milena Gabanelli e Rita Querzè sulla Dataroom del Corriere, è un’ottima analisi della quale partire.
    Come dimostrano i dati, una opzione perlopiù respinta dalla maggioranza delle aziende italiane e poi applicata, per necessità, dall’oggi al domani.
    Con esiti alterni dipendenti, soprattutto, dai soliti ritardi italiani legati ai tempi biblici della burocrazia malata e inadempimenti vari.


    … drin drin drin …
    L’improvviso suono mi provoca un sussulto.
    Le riflessioni di un lavoratore in smart working spezzate via dallo squillo del portatile.
    Sono i miei colleghi.
    Ci riuniamo, proprio come se fossimo in ufficio.
    O quasi 🙂




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