Panico da coronavirus? Reportage da Napoli [FOTO]

Panico da coronavirus? Reportage da Napoli [FOTO]

27 Febbraio 2020 0 Di mariomonfrecola

Coronavirus a Napoli? Piccole tracce

Più turisti che mascherine.
Per essere un mercoledi pomeriggio di fine febbraio, con l’allerta meteo in agguato ed il flagello del Coronavirus in giro per l’Italia, direi che a Napoli la vita procede con una buona dose di normalità.


Una passeggiata di quasi cinque chilometri tra i negozi di corso Umberto, le chiese di via Duomo, le tradizioni di Spaccanapoli, i colori di via Toledo.

Cammino, osservo, fotografo.
Per immortalare un periodo storico eccezionale, momenti di vita rubati tra le strade della città dove, le conseguenze del panico da COVID-19, non sono poi così evidenti.


Coronavirus nel centro di Napoli: poche tracce

Coronavirus, la vita continua

A San Gregorio Armeno, il piccolo vicolo famoso nel mondo per i presepi, non registro le folle oceaniche del periodo natalizio.
Ma nemmeno il vuoto assoluto.
Pochi turisti rispetto al solito però non annoto le scene surreali di altre città viste nei telegiornali.

Continuo lungo Spaccanapoli, il consueto trionfo di babà, sfogliatelle, cuoppi fritti e pizze a tutte le ore.
Una sosta per un frullato di arancia, mela verde, zenzero e finocchio, quattro chiacchiere con il barista: «al momento, tamponiamo la crisi coronavirus» conferma il commesso salutista.


Giungo a via Toledo: i pendolari (qualcuno con la mascherina) affollano la stazione della metropolitana, la funicolare sale e scende con regolarità, le (poche) bici corrono lungo la pista ciclabile (immaginaria), qualcuno viaggia in monopattino elettrico, un artista di strada dipinge una donna, i militari sorvegliano sicuri.
Sono sollevato: temevo una società semiparalizzata dalla paura, fotografo (per fortuna) scene di ordinaria normalità.

Un ultimo cartello, posto fuori un piccolo negozio, attira la mia attenzione.
Leggo, sorrido, depongo lo smartphone.
Il reportage termina, la saggezza popolare ci fornisce le giuste risposte:
«tuttò ciò cà venn, poi pass».

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