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Tag: napoli (Page 1 of 25)

Salviamo il Gigante Verde [FOTO]

Gigante Verde, murales in agonia

La grossa bocca spalancata e l’occhio sinistro presentano evidenti colpi d’incuria.
Le portentosi mani consumate, segni palesi della mancanza di adeguate cure.
Parti di dita cancellate.

Il Gigante Verde è a pezzi.
Corroso dagli agenti atmosferici, rischia la morte.

Il magnifico murales dipinto lungo la facciata dell’ex OPG – l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di via Imbriani – sta svanendo.
Un lento dissolvimento, un inesorabile destino dovuto all’assenza totale di manutenzione.

Già, la manutenzione: a chi tocca proteggere il Gigante Verde?

Il Gigante Verde di via Imbriani rischia la morte

La manutenzione, questa sconosciuta

Il murales, esempio di street art, capace di mutare un edificio normale in un quadro da ammirare.
I colori contro il degrado, la fantasia per depennare l’anonimato e caratterizzare una parte del quartiere.

Perfetto.
Siamo tutti d’accordo.

Eppure, osservando la sofferenza del Gigante Verde, i conti non tornano:: a chi tocca restaurare queste opere d’arte?

La domanda può essere estesa ai tanti monumenti distribuiti per Napoli.

Dopotutto, tra i nostri doveri, rientra anche la conservazione della «bellezza», la prima arma per combattere i tanti «mostri» urbani.

E allora, perché cotanta indifferenza?

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Gigante Verde: le foto dell’agonia


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Smog a Napoli e quel fiore nel deserto

La fragranza magica subito dopo il MANN

La mattina, un profumo di dolci appena sfornati.
Il pomeriggio, l’odore invade la strada e perfora la cappa di smog che attanaglia l’intero quartiere.

Pedalo.
Alle spalle mi lascio il maestoso Museo Archeologico di Napoli, supero il famigerato incrocio e salgo verso via Salvator Rosa.
E proprio in quell’inferno metropolitano – nonostante il traffico in tilt, i clacson impazziti, le pareti annerite dei palazzi, la maschera antismog per proteggermi dagli attacchi violenti del «mostro» invisibile – i sensi intercettano quella flagranza magica.

L’incantesimo dura pochi istanti.
Una boccata d’ossigeno in una nube nera.
Un aroma inconfondibile.
Una piccola oasi segreta.
Un istante colorato.

Nonostante lo smog, intercetto il fiore nel deserto

La speranza del cambiamento

Eppure, nei paraggi non intravedo pasticcerie.
Ne tanto meno laboratorio di dolci.

Mi piace immaginare la fragranza magica partire da una finestra aperta, proprio su quella strada maledetta intasata di auto ventiquattro ore al giorno.
Una persona che, nonostante l’inferno urbano, crede nel cambiamento.

E, mentre prepara i suoi profumati dolci, diffonde speranza.
Proprio come un fiore nel deserto.


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Il saluto speciale dell’uomo dell’Est (a pochi passi da San Gennaro)

Un contatto da due mondi distanti

«Fine delle vacanze? Ben tornato!».
L’uomo al semaforo di via Duomo, a due passi da San Gennaro, mi saluta con entusiasmo.

Ci vediamo ogni giorno, per pochi secondi, da mesi.
Io, ciclista metropolitano, in sella alla bici mentre rientro dall’ufficio.
Lui, uomo dell’Europa dell’est, al semaforo, in lotta con il mondo.

Reato colpito.

Nonostante combatti la sua quotidiana guerra per sopravvivere nella giungla urbana, l’uomo dell’est nota l’assenza d’agosto del sottoscritto.
E, addirittura, mi riserva un bentornato entusiasta.

L'uomo dell'Est, a pochi passi dal murales di San Gennaro

Il destino misterioso dell’uomo dell’est

Il volto provato, il corpo gracile, l’uomo dell’Est vive di elemosina.
Agli automobilisti fermi in attesa del verde, chiede con garbo.
C’è chi gli offre una sigaretta, chi due spiccioli.
Lui, cordiale, ringrazia e sorride.

Chissà quale destino nasconde dietro quegli occhi dignitosi (e attenti).

Un tempo, era un padre premuroso?
Dove sono i suoi cari?
Di cosa si occupava nella sua terra d’origine?
E, soprattutto, come è finito a vivere di elemosina ad un semaforo di via Duomo?

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Come aiutare l’uomo dell’est?

In un mondo di «mostri», la gentilezza di questo uomo disperato, è un sentimento che apprezzo.
E condivido.

Ora tocca a me ricambiare.
Già, ma come?


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Tutto sarà perfetto, di Lorenzo Marone: un romanzo «che non vorresti mai terminare» [RECENSIONE]

Tutto sarà perfetto: storia di ricordi e ritorni

Tutto sarà perfetto del bravo Lorenzo Marone è un romanzo da mare (e di mare).
Da leggere sotto l’ombrellone mentre con lo sguardo ti perdi nel blu e all’orizzonte scruti quella piccola isola dove il tempo sembra fermarsi.

E proprio su quel lembo di terra, la  vita smarrita di Andrea – immaturo fotografo quarantenne – in un imprevedibile week end,  cambia: riemergono quelle giornate trascorse sulla spiaggia, il colore dei limoni, l’odore della salsedine sulla pelle, i ricordi dell’infanzia sfuggita.

Per ritrovare ciò che (da lontano) sembrava definitivamente cancellato.

"Tutto sarà perfetto" di Lorenzo Marone: la mia recensione

Tutto sarà perfetto: letto in tre giorni

Letto in tre giorni (di mare),  il romanzo scorre via veloce tra il presente (i dialoghi serrati tra Andrea il ribelle e il padre, il rigido Comandante) e continui flashback.

Con delicatezza, Lorenzo Marone affronta il difficile rapporto genitori/figlio, l’amore incontrastato di una mamma troppo sensibile, la solitudine dell’isola, la forza delle le proprie origini.

Tutto sarà perfetto rientra di diritto nella categoria di libri che «non vorresti mai terminare».
Perché, ad ogni rilettura, come in un viaggio temporale, ti ritrovi tra le viuzze di Corricella, con i piedi nel freddo mare di Procida, guardi incantato Vivara al tramonto, torni bambino protetto dal dolce abbraccio di tua mamma.

Storia emozionante?
Sì.

E, dopo l’ultimo rigo, resti un po’ confuso, come quando parte un tuo vecchio amico.
Sei felice per lui ma sei anche triste perché non vorresti mai lasciarlo andar via.

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Quando intervistai Lorenzo Marone

Incontro Lorenzo Marone alla Feltrinelli di Napoli per la presentazione del libro Magari domani resto.
Siamo nel febbraio del 2017 e lo scrittore non è ancora noto al grande pubblico nazionale.

Qualche settimana prima, l’avevo contattato via e-mail e lui, gentile, risponde alle mie domande per un’intervista esclusiva!

Alla Feltrinelli, la piccola sala è gremita.
Appena lo scrittore varca l’uscio, con un atto di coraggio anticipo tutti e mi presento per la foto-ricordo.
Ma – come tutti i timidi – tentenno.
L’artista viene subito agganciato dal Tg3 Regionale e  risucchiato dai fans, amici e addetti ai lavori.

Perdo la mia occasione.
Ne seguiranno altre, ne sono certo.

Vero Lorenzo? 🙂

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Universiadi, il murales verticale di Jorit troncato [FOTO]

Universiadi, il murales verticale di Jorit

Osservo la parte superiore del murales di Jorit mentre attendo il verde al semaforo di Poggioreale.
A pochi passi dal Centro Direzionale di Napoli, in sella al carro armato rosso, fotografo l’opera e proseguo dubbioso verso l’ufficio.

Pedalo fino alla base della torre Telecom, la “tela” sulla quale lo street artist – per celebrare le Universiadi 2019 – immortala il volto di cinque campioni dello sport campano.

Dal basso, percepisco meglio la verticalità dell’opera.
Un disegno sottile che sale lungo la stretta facciata della torre per toccare il cielo.

Che, però, risulta troncato se osservato da lontano.

Il murles verticale di Jorit al Centro Direzionale di Napoli per celebrare le Universiadi 2019

Universiadi, i cinque campioni dello sport campano

Dall’alto verso il basso:

  • Patrizio Oliva (Napoli)
  • Carmelo Imbriani (Salerno)
  • Antonietta De Martino (Benevento)
  • Nando De Napoli (Avellino)
  • Nando Gentile (Caserta)

La prospettiva boccia De Napoli e Gentile, i due campioni posti alla base del murales assediati e nascosti dalle altre costruzioni che circondano la torre.

Dal semaforo, intravedo i vertici della raffigurazione.
Il robusto muro del carcere di Poggioreale, gli altri edifici dello stesso Centro Direzionale, impediscono la visuale completa del progetto.

Un dettaglio voluto?
Una scelta necessaria?

Peccato.

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L’incontro con Jorit

Perdo l’occasione per chiedere, proprio all’autore, il perché di questa prospettiva.

Infatti chi, come il sottoscritto lavora al CDN, ha visto nascere l’opera pennellata dopo pennellata con Jorit aggrappato lungo il grattacielo a disegnare i volti dei cinque personaggi.

Un giorno, durante la pausa pranzo, sotto la torre Telecom incontro lo street artist mentre rilascia un’intervista ad un televisione tedesca.
Incerto e titubante, non trovo il modo di stabilire un contatto con l’artista.

L’attimo fuggente vola via, la domanda resta nell’etere: perché il murales verticale troncato?

Il murales verticale di Jorit al Centro direzionale di Napoli per celebrare le Universiadi 2019


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Galleria Principe di Napoli, la good news (con riflessione) [FOTO]

Galleria Principe di Napoli: riaperta!

Stiamo lavorando per l’immediata riapertura della Galleria Principe
(Luigi De Magistris, sindaco di Napoli – 24 gennaio 2019)

Sei mesi dall’‘annuncio-video del Sindaco e dopo un anno dalla chiusura per caduta calcinacci, riapre la Galleria Principe di Napoli.

Ancora incerottata ma restituita alla città.
I bar ed i vari esercizi commerciali con le saracinesche mezze alzate, preparano i locali per l’apertura totale.

Un passo avanti rispetto al desolante cancello sbarrato di inizio anno.
Ma anche l’ennesima conferma dei tempi biblici dell’operatività delle Istituzioni: il passaggio dalla dichiarazione ufficiale del politico di turno alla realizzazione concreta (e finale) dell’opera, equivale ad una imprevedibile traversata nel deserto.

Nel caso della Galleria Principe di Napoli, la traversata è durata solo sei mesi (dopo un anno di attesa).

Sei mesi dall’‘annuncio-video del Sindaco: resto indeciso se essere felici per l’apertura oppure critico per l’inaccettabile prolungarsi dei tempi?

La Galleria Principe di Napoli riaperta

Le foto della Galleria riaperta

Felice per la good news oppure assuefatto alla burocrazia malata?

Mi porto il dubbio in sella alla mia e-bike.
Ogni giorno, per recarmi al lavoro in bici, passo d’avanti la Galleria.
Quel cancello sbarrato era il simbolo di un paese ingessato, malato di cavilli e in perenne emergenza con l’assenza di fondi pubblici.
Davvero inguardabile.

La Galleria Principe ora è accessibile.
Non operativa al cento per cento, con le reti metalliche a garantire la sicurezza dei visitatori.
Ma di nuovo viva.

Per il momento, dalla sella della e-bike, posso tirare una sana boccata di smog.
Mi fermo, parcheggio, poggio il casco sul manubrio, spengo il motore elettrico, entro, fotografo.

Oggi voglio godermi la good news.


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Europeizzare Napoli: con la bici, sul battello nel golfo [FOTO]

In bici, ovunque

Il mondo non ha bisogno di parole ma del tuo esempio

Abituare gli altri alla presenza della bici.
Dimostrare ai napoletani una semplice teoria: in città è possibile spostarsi con la bicicletta.
E lo dimostro con i fatti: il tragitto casa-lavoro è certezza, ora utilizzo l’e-bike come mezzo di trasporto quotidiano.

Alla Posta, per comprare un paio di scarpe, al supermercato.
E, per un giro sul battello turistico nel golfo di Napoli.

Sul battello in bici: per europeizzare Napoli

Come (e più) di Amsterdam

Rifletto su vantaggi e svantaggi partenopei:

  • il clima è benevole quasi tutto l’anno e rispetto ad Amsterdam, Berlino o Copenaghen siamo baciati dalla fortuna (ripeto: sul meteo)
  • siamo penalizzati dalla morfologia del territorio con continue salite/discese e strade strette
  • assenza completa di cultura ciclistica (cittadini)
  • politica per la mobilità alternativa nulla (istituzioni)

Sfrutto la bontà del clima per pedalare tutto l’anno, con la bici a pedalata assistita annullo l’handicap delle continue salite/discese napoletane.
Per gli altri punti, invece, l’esempio diretto risulta lo strumento più significativo.

Ne ho conferma quando – in sella alla e-bike – incrocio lo sguardo stupito dei bambini, (incolpevoli) passeggeri sullo scooter dei genitori (veri colpevoli).
Mi scrutano come se fossi un alieno, poi, superato lo stupore iniziale, comprendono: esiste una alternativa!

Ecco, in quegli sguardi innocenti, mi illudo (e spero) di fare breccia, guadagnare consenso, mostrare e costruire una nuova realtà urbana.

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Sul battello, in bici: la galleria fotografica

Partecipo all’evento organizzato da BeTime, l’Università del tempo libero
Partecipo, in bici.
Per rendere concreto li concetto di mobilità alternativa, ogni giorno, per divertimento, shopping, lavoro.
Come se fossi ad Amsterdam.

PS: parcheggio la e-bike fuori ad un negozio di scarpe.
Entro.
Con un occhio osservo le scarpe, con l’altro controllo la bici.
Europeizzare si, fesso no 🙂


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Pedalare a Napoli: il sacrificio del giovane paraurti

Paraurti anteriore: volato via

Appena quattro mesi e poco meno di ottocento chilometri.
E il paraurti anteriore della mia nuova e-bike vola via.

Qualche giorno fa, i primi sinistri scricchiolii.
Proseguo fiducioso: dopotutto, ho comprato un carro armato su due ruote proprio per affrontare i peggiori «mostri» urbani!

Ma, nulla è possibile contro le continue vibrazioni provenienti dalla pista ciclabile immaginaria più lunga d’Italia.

Il paraurti volato via

Nemmeno la fat bike resiste

In sella alla fat bike, non temo nulla.
Batteria più telaio, 24 kg di peso per una velocità massima di 25 km/h.
Ammortizzatori professionali, coprisella imbottito, ruote di scooter.

Organizzato come se combattessi al fronte: io, ciclista napoletano compio il mio dovere e ogni giorno vado al lavoro in bici.

I sampietrini di via Foria, le montagne russe di piazza Carlo III, la guerra al Museo Nazionale.
Lo zig zag tra le auto in sosta con le quattro frecce napoletane accese sulla pista ciclabile di Corso Umberto, progettata, finanziata e ferma nel cassetto di qualche assessore.

Basta!

E’ troppo anche per il novello carro armato.
In funzione solo da quattro mesi.
Dopo appena ottocento chilometri.

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La fine di un giovane paraurti servirà?

Paraurti, vola via!
Il tuo sacrificio è la sconfitta della mobilità alternativa.
La tua ribellione dimostra l’assenza totale di una vera politica ambientale.

Una nuova carrozzeria spezzata dal disinteresse istituzionale, dalle mille promesse sbandierate, intrappolate dalla burocrazia malata e rimaste prigioniere nei meandri dei palazzi governativi.

Ma non mi arrendo.
Continuo a pedalare.
Perché il sacrifico di un giovane paraurti non resti inascoltato.


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La battaglia (vinta) del marciapiede dissestato [FOTO PRIMA/DOPO]

Prima email: 18 maggio

Buonasera,
Segnalo un prevedibile incidente: via Confalone (Napoli) da mesi pezzo di marciapiede inutilizzabile per un pericoloso ferro arrugginito che spunta da una recinzione per buca.
Presenza di bimbi per piscina
Chi interviene?
Grazie per l’attenzione

Destinatario: l’Urp del Comune di Napoli.
Dopo l’email con foto allegate, segue la segnalazione sul sito del Comune.

La risposta giunge dopo qualche ora:

Si inoltra, per quanto di competenza, la segnalazione relativa
all’oggetto.
Cordiali saluti
Servizio URP

L’Urp inoltra l’email alla municipalità di competenza (in questo caso, la V Municipalità).

Il marciapiede di via Confalone

Un pericolo per anziani, mamme e bambini

Questo primo messaggio nasce dalla indignazione nel constatare lo stato di incuria del marciapiede a via Confalone, recintato da svariati mesi.

Un buco, un ferro arrugginito che sporge, i pedoni costretti ad abbandonare il marciapiede per scendere lungo la strada, subito prima della curva.
Una via a senso unico, in pendenza, con le auto parcheggiate a restringere la carreggiata ed una pavimentazione estremamente sconnessa.

Una piscina nei pressi frequentata da mamme e bambini che, mentre risalgono, sono obbligati a deviare con il pericolo di essere investiti da auto e scooter che giungono in senso opposto.

Il cantiere, dunque, rappresenta un pericolo quotidiano per chiunque percorre quella via.

Dunque, ci si sarebbe atteso un ripristino veloce del manto stradale, un intervento nel più breve tempo possibile.
Invece, chiunque abiti in zona può testimoniare l’assoluta mancanza di manutenzione e tanto meno un intervento perentorio.

Via Confalone, la prima riparazione

Riparato dopo una settimana ma …

Dopo una settimana dalla prima segnalazione, ripasso per via Confalone e, con stupore, trovo la buca riparata ma il piccolo cantiere ancora in piedi.

Il malefico ferro arrugginito minaccia i passanti costretti ad abbandonare il marciapiede.
Segue altra e-mail sempre all’Urp del Comune di Napoli:

Buongiorno,
a cinque giorni dalla segnalazione (e vari mesi di incuria), la questione non è risolta.
Ieri sera, il foro ed il ferro arrugginito erano circondati come in foto allegata.
Resta il problema: i pedoni sono costretti a scendere dal marciapiede occupando la strada (stretta) con scooter e auto che giungono in senso opposto in curva.
Per cortesia, potreste ripristinare la pavimentazione del marciapiede in modo da tornare alla *normalità*?

Via Confalone, marciapiede riparato ma ...

Fu vera gloria?

L’happy end giunge a fine maggio: ripasso per via Confalone e trovo il marciapiede finalmente ripristinato!

Mi chiedo: le segnalazioni hanno modificato il flusso degli eventi?
Se non avessi scritto, l’indifferenza avrebbe trionfato?
Oppure, le email sono giunte in un periodo nel quale – comunque – era prevista la manutenzione?

Dubbi amletici di un cittadino non assuefatto.

Forse, c’è ancora speranza.

Via Confalone, marciapiede riparato ma ...


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Napolitudine, di Luciano De Crescenzo e Alessandro Siani e le colpe di Fabio Fazio [RECENSIONE]

Napolitudine: colpa di Fabio Fazio

La colpa è (anche) di Fabio Fazio.
Il presentatore RAI a Che tempo che fa dello scorso 24 marzo, parla del libro con entusiasmo.
Dalle risate di Fazio, il testo appare come un capolavoro della letteratura comica italiana.

Invece, Napolitudine non è un libro divertente.
Non è nemmeno un trattato di filosofia aperto a tutti con il tipico stile di De Crescenzo.

E’ solo un incontro al bar, una chiacchierata informale tra due simpatici personaggi.
Pagine senza pretese, prive di quel tocco che rende la lettura piacevole.
In alcuni tratti, poi, è davvero semplice.

Forse, adatto ad un pubblico infantile?

Napolitudine, di Luciano De Crescenzo e Alessadro Siani: la mia recensione

Napolitudine, era proprio necessario?

Mi chiedo perché Luciano De Crescenzo e Alessadro Siani abbiano scritto Napolitudine. Dialoghi sulla vita, la felicità e la smania ‘e turnà.
Di questa opera, credo, il mondo ne possa fare a meno.

Comunque, sottolineo che, per motivi diversi, amo i due autori.

De Crescenzo per l’immortale Bellavista, Siani per il buon umore generato dalle infinite gag.
Entrambi diffondono al grande pubblico le personali riflessioni attraverso la spensieratezza.
E, in un mondo indifferente come il nostro, la leggerezza di una risata è un raggio di luce inatteso.

Insieme, però, non funzionano.

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Io non sono Fabio Fazio

Quando Fabio Fazio ospita Alessandro Siani per presentare il libro, doveva porre una prima, fondamentale domanda: perché scrivere questo libro?

Il presentatore RAI doveva recensire con un minimo di obiettività.
Invece, l’assenza di critica promuove automaticamente il testo a possibile LIBRO da leggere.

Il sottoscritto, invece, ama scrivere la verità per rispetto di chi legge.

Dunque, se dovessi utilizzare un solo aggettivo, definirei il volume inutile.
Per essere cortese nei confronti dei due autori, potrei usare l’eufemismo “libro di pura evasione”.

Ma sarebbe eccessivo.
Perché anche la pura evasione merita dei contenuti interessanti.

PS: un’ultima osservazione: la napolitudine esiste.

Alessandro Siani a Che tempo che fa

 

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«Fino al palazzo», alla presentazione del libro sul Sarrismo [FOTO]

Come in quelle assemblee scolastiche

Riuniti, per cambiare il mondo.
Come a scuola, quando in assemblea, il dibattito vola alto spinto dall’utopia adolescenziale.
Convinti che la protesta renda giustizia ai più deboli e migliori questo mondo che non va.
La forza dei sogni per rompere gli schemi e combattere il Sistema.

Ecco, sabato pomeriggio ritrovo quello spirito piratesco nei duecento sarristi seduti sulle scale del Vomero, all’ingresso della libreria IoCiSto di Napoli.
Duecento persone di ogni età, sesso e ceto sociale.

Riuniti, come in un’assemblea di tanto tempo fa.
A dibattere di Sarrismo.

Alla presentazione del libro "Fino al palazzo", dedicato al Sarrismo

Fino al palazzo, tra sogno e divertimento

La presentazione del libro “Fino al palazzo”, l’opera dedicata ai tre anni di Maurizio Sarri alla guida degli azzurri, ci emoziona.

Con il giornalista/tifoso Sandro Ruotolo nelle vesti del convinto (e ironico) Ministro della Propaganda (Sarrista), il dibattito scivola via tra le leggendarie sigarette del Comandante ed il sano divertimento calcistico.

Non c’è spazio per la nostalgia.
Ci concediamo solo il ricordo della indimenticabile testata di K2 a Torino (chi non comprende l’acronimo, è pregato di non continuare la lettura).

Poi, solo bellezza come forma di espressione sportiva (e non), condivisione, coinvolgimento, alchimia.

«Maurizio Sarri uno di noi» l’urlo sale spontaneo, tra i duecento assiepati sulle scale del Vomero.

E’ ora di andare.

L’assemblea si scioglie felice di aver sognato: per due ore, con spensieratezza, abbiamo cambiato questo mondo che non va.

Merito del nostro Comandante.

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I 200 sarristi: le foto


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La piccola Noemi e quel killer spietato: quale futuro?

Come recuperare uno spietato killer?

Immagino il giorno (spero prossimo) dell’arresto del sicario coinvolto nel folle raid in piazza Nazionale a Napoli lo scorso 3 maggio.
Il «mostro» che, nel video choc, dopo gli spari scavalca il piccolo corpo di Noemi riverso sull’asfalto.

Per questa belva, quale possibile futuro immagino?

La Giustizia segue il suo corso, il killer imprigionato in un carcere di massima sicurezza, una vita al 41bis con la chiave smarrita appena chiusa la cella.
Privato della libertà, esiste una minima possibilità affinché il «mostro» (ri)diventi un essere umano?

Il killer che ha colpito la piccola Noemi

Lo scopo della galera

La prigionia ha il solo compito di difendere la società civile da un pericoloso assassino?
Oppure, la solitudine della galera può far rinascere un briciolo di umanità anche in uno spietato killer di camorra?

Ragionamenti a voce alta, privi di una conclusione razionale.
Perché proprio non immagino a quale futuro aspiri quel maledetto «mostro».
Può un uomo continuare a vivere con un tale macigno sulla coscienza?
(ma avrà una coscienza?)

Solo domande.
E preghiere per Noemi.
Affinché guarisca, torni ad una spensierata quotidianità insieme alla sua famiglia.

Per il «mostro», invece, non intravedo nessuna via d’uscita.
Né dalla prigione.
Né, tantomeno, dal pozzo nero nel quale è precipitato.


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