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Category: Razzismo

Salone del libro di Torino, l’altra faccia: non solo i fascisti rimangono fuori [DENUNCIA]

Salone del libro di Torino: la testimonianza

Il Salone del libro di Torino si è concluso.
Su tutte le testate, cartacee e non, articoli che lo esaltano, raccontandone gli eventi, i personaggi, le code per i firmacopie.
Circa 148.000 presenze.
Più della scorsa edizione, che pure è stata un successo inaspettato.
Grandi nomi, non solo della letteratura, nazionali ed internazionali.

C’ero anch’io.

Sono una persona con difficoltà motorie.
Senza entrare nel dettaglio, cammino con fatica.

148 passi per me sono come per gli altri 148.000 passi.
Come i visitatori del Salone.

Salone del libro di Torino: la denuncia di una lettrice

Razzismo al Salone del libro di Torino: la denuncia

Sabato 10 maggio mi presento al controllo di sicurezza del Lingotto.
Chiedo che mi venga data una sedia a rotelle.

Lo scorso anno, su suggerimento di un’amica che mi aveva accompagnato, l’avevo richiesta e, nonostante la mia resistenza psicologica, ne avevo verificato la necessità.

Il responsabile della sicurezza chiama gli addetti.
Dopo circa dieci minuti arriva finalmente una persona con la tanto agognata sedia a rotelle.
Mi guarda, perplesso.
Mi domanda come mi sento.
Gli rispondo che mi sento bene, perplessa.
Mi dice che se non sto male non può darmi la sedia.
Provato a oppormi.
A fare notare che nell’area di accesso al Lingotto sono presenti ben cinque ambulanze, e che se qualcuno si sentisse male sarebbe necessaria una barella non una sedia a rotelle.

Nulla, le disposizioni da lui ricevute, dicono diversamente.

«E il buon senso?» gli chiedo io.
«Qui si vive di regole» mi risponde, alludendo probabilmente al fatto che come meridionale sono incompatibile con la legge.
E mi lascia lì.

Le quasi due ore successive vedono l’alternarsi di responsabili di varie attività organizzative del Salone che si rimpallano il problema.

Dopo l’affermazione che il Salone non dispone di un servizio per le persone disabili ho richiesto, ottenendolo, l’intervento dei Carabinieri.
La sedia, alla fine, mi è arrivata.

Questo è stato il MIO Salone.

L’emozione di incontrare Luis Sepulveda, solo per fare un nome fra i tanti, non mi ha ripagato della mortificazione di essere costretta, ancora una volta, ad alzare la voce per affermare un mio diritto.

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Salone del libro di Torino: perchè?

Pubblico con sgomento e delusione la lettera giunta da una visitatrice dell’ultimo Salone del libro di Torino.
Della veridicità dell’episodio raccontato, ne ho la matematica certezza.

Alla lettrice la nostra solidarietà.
Al Salone del libro, invece, chiediamo prima le necessarie spiegazioni e poi le dovute scuse.
Affinché il triste episodio non si ripeta mai più.
E il «mostro» del razzismo sia cancellato da un luogo tanto ricco di storia e cultura.


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Caffè, effetti collaterali [Il vizio di Paola]

Una scoperta «scottante»

Ogni sera, dopo Carosello, la mamma mi manda a letto.
Io però sono grande, ho 4 anni, e la spiegazione che mi rifila ogni sera sugli effetti benefici del sonno per i bambini non mi convince mai.

Allora l’ho capito che l’unico modo per farla contenta e avere via libera è far finta di addormentarmi, così lei se ne va nella sua camera, dove si mette a leggere, in poltrona, dimenticandosi di chi la circonda.

Il babbo, invece, si ritira nel suo studio, tra le sue carte, annotando ogni tanto qualcosa su quel libro con la copertina di pelle che lui chiama agenda.
Dopo un po’, furtivamente, si dirige in cucina.
Sento il suo passo lento mentre trascina le pantofole per il corridoio.
Non accende neppure la luce e apre il frigorifero. 
Ne tira fuori una vecchia bottiglietta di vetro di coca cola dove mia madre versa il caffè avanzato nella giornata, e ci si attacca a canna.

Aspetto che mio padre esca dalla cucina e si diriga altrove.
Quindi entro in azione.

La sedia vicino al frigo è tutto ciò che mi occorre.
Me la svuoto in bocca in un attimo.

Ogni sera.

Però ora non devo farlo più, le persone pensano male.

Stamattina ho litigato con Irene, quella mia compagna di scuola bionda e capricciosa, perchè voleva prendermi i pastelli ma io non ho voluto darglieli.

Allora lei si è messa a urlare che ero brutta e che i miei genitori mi avevano adottato.
Io le ho risposto, piangendo, che non poteva saperlo, che non ne aveva le prove, che allora anche lei era stata adottata.

Lei mi ha deriso: “ma sei stupida! non vedi che i tuoi genitori sono bianchi e tu sei nera?”.

E allora mi sono tranquillizzata.

Irene si sbaglia, non sono stata adottata.
Lei non può saperlo che è il caffè che mi colora la pelle.

I colori della vita

«Il vizio di Paola», note sull’autrice

Paola, lettrice per passione e scrittrice per vizio.
Alla continua ricerca di ispirazione.
Gli specchi è il suo breve racconto vincitore del primo premio della «III edizione di Scintille in cento parole».

Paola, autrice della rubrica «Il vizio di Paola»

 Luigi Borrone, fotografo per passione

«Amo la fotografia perché unico strumento per fermare il tempo. due foto scattate nello stesso istante non saranno mai uguali »
Luigi Borrone, fotografo per passione, è l’autore della foto presente in questo post.
A Luigi il mio sincero ringraziamento.

Per chi volesse seguirlo, segnalo la fanpage ufficiale Luigi Borrone – Fotografo Per Passione, il profilo twitter ed i canale Instagram.

 


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ROM, la bimba sfruttata che «vuole solo un gelato»

La richiesta della piccola ROM

«Mi dai un euro?» la fievole vocina attira la mia attenzione.
Domenica mattina, il sole di novembre riscalda l’affollata via Chiaia, il salotto buono di Napoli.

Passeggio sereno tra la marea umana di persone, turisti, ciclisti.
Osservo le vetrine, gli addobbi natalizi, scruto i negozi, viaggio in direzione mare.

«Voglio solo un gelato» l’impercettibile suono irrompe nella mia coscienza distratta.

Mi volto in direzione del debole richiamo.
Alla mia sinistra, una bimba si è affiancata già da qualche metro.
La guardo.

E’ una ragazzina ROM, magrolina, trasandata, dal volto triste, capelli neri.
E’ una delle mille ragazzine nomadi che elemosinano per le strade delle città tra la nostra assuefazione e l’indifferenza delle forze dell’ordine.

Fiduciosa, mi segue come un’ombra.

La scelta

«Quanti anni hai?» chiedo gentile.
«Dieci» con lo sguardo supplichevole.
«I tuoi genitori dove sono?» domanda ingenua.
«Più in là» risposta ovvia.
«Non posso darti nulla» sentenzio col cuore triste.

In modo del tutto razionale, preferisco spezzare la catena dello sfruttamento minorile e non alimentare quei «mostri» che mandano in strada i piccoli ROM.

Ma, da un punto di vista umano, ho preso la decisione giusta?

Il mare d'autunno, lungomare di Pozzuoli

Il mare d’autunno, lungomare di Pozzuoli

PS: la foto del lungomare di Pozzuoli l’ho scattata dopo aver scritto questo post amaro. Immagino che il mare in autunno lanci un messaggio di ottimismo, anche (e soprattutto) per la piccola bimba ROM


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Se nel calcio vale la proprietà transitiva (razzista) …

Nel calcio vale la proprietà transitiva.
Non troverete la dimostrazione del teorema pubblicata su nessuna rivista matematica perché la scoperta risale a qualche ora addietro.
Lascio agli esperti del settore gli approfondimenti scientifici, per chi ignora l’eleganza dell’algebra valga il seguente esempio esplicativo:

se a = b e b = c, allora a = c.

I Matematici juventini

I tifosi della Juventus (o presunti tali), a dispetto dei volgari striscioni esposti durante l’incontro di Champions League con il Borussia Dortmund, evidentemente sono dotti in Matematica.
Difatti, i giornali di oggi riportano gli slogan dedicati ai colleghi tedeschi:

«l’amico del mio nemico è mio nemico».

Perché la curva dello Juventus Stadium enuncia con disinvoltura la proprietà transitiva contro il «nemico» teutonico?

Grazie allo studio dell’algebra, il mistero è presto svelato: la tifoseria del Napoli e quella del Catania sono infatti gemellate con quella della squadra tedesca.

I tifosi della Juve e la proprietà transitiva

La proprietà transitiva razzista

Dunque, a rigor di logica, i tifosi del Napoli e del Catania sono amici (gemellati) dei supporter del Borussia.
Ma i partenopei e gli etnei sono nemici degli juventini.
Ne consegue che gli juventini diventano matematicamente nemici dei tifosi del Borussia Dortmund.

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I dotti juventini, dunque, nella loro spirale di odio insensato, imprigionati dall’ignoranza del razzismo becero, giungono a offendere Napoli e Catania durante una manifestazione europea (ove le due città, tra l’altro, non sono nemmeno rappresentate) per un’applicazione razzista della proprietà transitiva.

Mediocri matematici, sportivi repellenti, pessimi uomini: ne consegue che questi incivili sono dei poveri «mostri».


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Fiorello contro i «mostri 2.0»

Fiorello e l’incidente stradale

Un incidente stradale tra un VIP ed un anonimo (e sfortunato) pedone scatena la polemica incontrollata e l’anima razzista del Belpaese riaffiora in tutta la sua miseria.

A Roma, Il Fiorello nazionale con lo scooter investe un passante, il sinistro viaggia in tempo reale via social e tra “Mi piace”, “Condividi”, “+1” e “Retweet” da sotto al tappeto riemerge l’atavica polvere classista: l’Italia si divide tra chi difende il ricco artista e chi il povero cittadino.

#fiorelloincidente

La solita italietta

Lo scontro tra i moderni guelfi e ghibellini riempe le pagine del web2.0 mentre sociologi e filosofi discutono in perversi approfondimenti nei TG.

La vittima (73 anni secondo le cronache) percepisce la pensione minima?
Il privilegiato showman ha soccorso l’uomo?

E’ bastata la più comune delle scintille (un incidente stradale come gli altri centinaia di migliaia che si registrano ogni anno in Italia) per aizzare la rivolta virtuale.

E’ la rivincita dell’anonimo contro il personaggio amato da tutti, la vendetta di chi soffre verso l’uomo dello spettacolo ricco e famoso, la riscossa del deluso, il godimento dell’invidioso, l’attimo di celebrità del «mostro» in cerca di notorietà.

Il circo mediatico

Lo stesso «mostro» che partecipa sul web alla discussione social del momento e commenta con la medesima superficialità l’incidente di Fiorello, la foto in bikini della nuova velina di Striscia ed il dramma senza fine della fame nel Terzo Mondo.

Ma la storia insegna: spenti i riflettori mediatici e dimenticato l’incidente, gli accusatori di oggi saranno i più entusiasti spettatori del prossimo spettacolo dello showman siciliano.


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Il napolecane

A leggere le cronache, il napoletano è un demone capace delle peggiori nefandezze.

La domenica, quando riposa e si dedica allo sport, distrugge treni, stadi, autogrill e qualsiasi struttura pubblica incontri sul suo percorso.

Durante la settimana, invece, se non è impegnato ad intombare rifiuti tossici (perlopiù scorie radioattive nei pressi di un asilo) è un ottimo giardiniere (coltiva marijuana), un cuoco eccellente (i napoletani sono tutti obesi) e nel tempo libero (l’intera giornata poiché non lavora e vive come una sanguisuga sulle spalle dei contribuenti onesti) pensa a come truffare le assicurazioni (nel capoluogo campano, la tariffa RC auto è tra le più costose d’Italia) oppure il malcapitato di turno.

Sul DNA di questa belva si interroga l’intera nazione: perché il napolecane è diverso?

Il napolecane

La storia condanna il napoletano?

Gli storici scomodano le invasioni barbariche che hanno travolto il sud, per gli scienziati la diversità del napoletano è giustificata da una serie di variabili ambientali non ancora identificate mentre i politici legiferano leggi speciali per risolvere l’emergenza.

Ad essere sinceri, i media evidenziano anche la parte buona del napoletano: la televisione fa cantare in prima serata i piccoli diavoli non ancora infetti e – a volte – il più fortunato dei miei concittadini racconta una barzelletta prima della pubblicità.

Speravo che questi luoghi comuni fossero svaniti, invece – nel moderno ed ipertecnologico ventunesimo secolo –  il pregiudizio è ancora ben radicato nella società (la foto di questo post l’ho scaricata da un becero gruppo facebook).

Ancora una volta, perplesso, sono costretto a chiedere: quando capiremo che l’identità di un popolo si evince dalla storia delle singole persone e non certo dalla geografia?


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Indifferenza gialla (ipocrisia nera)

Cinesi e Rom, le due bombe sociali

Nelle nostre moderne metropoli convivono due bombe sociali ad orologeria che, difatti, periodicamente esplodono per poi essere subito disinnescate dalle Istituzioni.

La comunità cinese, perlopiù invisibile, vive nascosta negli scantinati di fatiscenti palazzi della periferia.
Uomini, donne, anziani e bambini astratti, anelli vitali del ciclo produttivo occidentale ma non riconosciuti ufficialmente, lavoratori privi dei diritti basilari. Operai incorporei che producono beni materiali.

I rom vivono in campi degradati ai bordi della città, quasi sempre abusivi, in condizioni igienico sanitarie da terzo mondo, senza un lavoro fisso sopravvivono con le elemosina e spesso sono sfruttati dalla criminalità organizzata. Gente disperata ignorata dallo Stato.

Contesti paradossali, teoricamente inaccettabili per un «paese civile» ma, in pratica, una triste e quotidiana realtà: i cinesi segregati in bui seminterrati illuminati solo dai neon bianchi, i rom oramai stanziali in fatiscenti baraccopoli dimenticate da Dio, alla luce del sole.

Indifferenza gialla (ipocrisia nera)

L’indifferenza dello Stato

E lo Stato?
Impotente, non interviene.

La politica dell’indifferenza prevede la non-azione, l’abbandono di queste persone senza tutela al loro tragico destino per poi scandalizzarsi quando – puntualmente – avviene la tragedia annunciata (una stufa brucia una baracca rom sterminando un’intera famiglia oppure un incendio incenerisce gli operai cinesi di Prato).

Il copione prevede la squallida passerella dei politici e le dovute dichiarazioni di circostanza davanti le telecamere affamate, il circo mediatico accende i riflettori e – per un paio di giorni – noi onesti cittadini, turbati, ci offendiamo per quelle immagini scomode (ma note a tutti).

Poi, spente le luci, l’indifferenza copre i lutti e torna il colpevole e conveniente silenzio.
Fino ai prossimi inevitabili morti.


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Juventus Stadium, se i bambini fanno «oh che me@d@»

La lezione mai dimenticata

Ricordo l’ora di Educazione Fisica alla scuola superiore come se fosse oggi: il buon professore – un tipo giovane ed atletico, baffo curato e sempre in tuta ginnica – giunge in classe con l’unica preoccupazione dell’appello.

Svolto l’iter burocratico, impartisce agli scolari (tutti maschi) il profondo insegnamento sportivo: dall’armadietto tira fuori il Super Santos e serafico annuncia: «andate a giocare nel cortile, non vi fate male. Ci vediamo dopo la lezione».

Due squadre di adolescenti incoscienti, gli zaini a fungere da pali delle porte immaginarie e palla al centro: sessanta minuti di puro divertimento sul campo d’asfalto sotto lo sguardo dell’integerrimo professore, un arbitro vigile tollerante per la prestazione ma pronto ad intervenire in caso di scorrettezze morali, un adulto seduto su una sedia da studente, rilassato si gode il sole (e lo stipendio).

A fine match, sudati e contenti, tutti a casa grazie ad un’organizzazione perfetta (dopo il triplice fischio del prof seguiva la campanella-TheEnd).

Lezioni d’altri tempi si dirà (e non c’è dubbio, sono trascorsi quasi trent’anni, che vetusto che sono!).
Oggi la scuola è cambiata (spero) e gli atteggiamenti non idonei al ruolo del docente sono inconcepibili (auspico): d’altronde, il mio professore di Matematica – tra un polinomio ed un teorema – fumava, un gesto che ora implicherebbe una denuncia immediata (mi auguro).

Juventus Stadium, se i bambini fanno «oh che me@@a»

Juventus Stadium, curva di bimbi razzisti?

Juventus-Udinese, la curva dello stadio è piena di tifosi-bambini: sostituiscono gli ultrà razzisti sospesi per comportamenti palesemente offensivi.

Al rinvio del portiere friulano, i pargoletti scimmiottano (ingenuamente) l’urlo tipico dei tifosi ufficiali, imitano il peggio del calcio italiano: l’offesa dell’avversario, un coro di volgarità gratuite, un viscido sentimento di violenza indiretta, il non rispetto dei valori sportivi, un subdolo razzismo strisciante, l’ignoranza al potere, l’umiliazione del fair play.

Ascolto indignato l’onda di inciviltà alzarsi dalla curva di adolescenti e mi chiedo turbato: in Italia chi insegna ai bambini la cultura sportiva?

Non serve intervistare lo psicologo oppure disturbare esperti infantili, non sforziamoci nemmeno di trovare inutili alibi morali, ammettiamo senza false ipocrisie: anche la curva di bimbi andrebbe chiusa.

Sarebbe una dura lezione onde evitare la nascita e crescita dei futuri «mostri».
Il mio professore di Educazione Fisica sarebbe d’accordo, ne sono certo.


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Le scuse scadute

Calderoli e gli insulti razzisti

Sono sempre più convinto: Calderoli è un idiota.
Chiedo scusa, credo di essere stato frainteso e la precisazione è d’uopo.
Il mio epiteto non è riferito all’uomo bensì al personaggio politico, il dirigente leghista che durante i comizi (s)parla con toni razzisti e volgari sparando imbecillità a raffica.

Evidentemente considera la platea un branco di trogloditi capaci di comprendere solo concetti rozzi …

Calderoli e le scuse scadute

La  «porcata» del vice Presidente del Senato

Ricordo che l’attuale legge elettorale (a tutti nota come «Porcellum») fu formulata dall’allora Ministro per le Riforme Roberto Calderoli dopo che egli stesso – in un lapsus freudiano – la definì «una porcata».

E’ chiaro che nel suo intimo il nostro vice Presidente del Senato si considera un porco (senza offesa per i maiali, animali di atavica generosità).

L’equivoco

Lo sapevo, sono stato equivocato!
Possibile che voi Lettori siate sempre in malafede?

Mi vedo costretto subito a rettificare ciò che ho scritto: non intendevo certo ironizzare sulle tendenze dell’uomo Calderoli, la mia deduzione è legata al solo desiderio di veder presto abolita la legge elettorale voluta dal governo Berlusconi (era il 2005) di cui Calderoli fu meritevole ministro.

Spero che il nostro (indegno) vice Presidente del Senato non si offenda nel leggere questo post, meglio dedicare il tempo ai veri problemi dell’Italia (anzi, della padania).

E comunque, anche se leggesse queste farneticanti considerazioni di un anonimo cittadino italiano, non capirebbe.
Chiedo scusa, sono stato di nuovo travisato.


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