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Category: Donne (Page 1 of 2)

Nemmeno con un fiore [Il vizio di Paola]

Violenza sulle donne, il dramma in 100 parole

Sono bella, lo so.
Sono alta e sottile, delicatamente profumata.

La mia figura longilinea ha sempre attirato l’attenzione di tutti, uomini e donne.
Così un giorno mi hai visto e mi hai voluto.

Tu, però, amavi lei, e lei ci credeva, che tu la amassi.
E glielo volevi dimostrare, che era l’unica al mondo, che la amavi davvero.

Allora mi portasti con te.
Dovevo essere un simbolo: quella rosa con cui non l’avresti mai più toccata.
Lei però ti ha fatto arrabbiare.

Tanto.

E allora tu non ce l’hai fatta.
E ora lei e io siamo qui, esanimi, sul pavimento.

Violenza sulle donne, un racconto di Paola, una foto di Luigi Borrone

«Il vizio di Paola», note sull’autrice

Paola, lettrice per passione e scrittrice per vizio.
Alla continua ricerca di ispirazione.
Gli specchi è il suo breve racconto vincitore del primo premio della «III edizione di Scintille in cento parole».

Paola, autrice della rubrica «Il vizio di Paola»

 Luigi Borrone, fotografo per passione

«Amo la fotografia perché unico strumento per fermare il tempo. due foto scattate nello stesso istante non saranno mai uguali »
Luigi Borrone, fotografo per passione, è l’autore della foto presente in questo post.
A Luigi il mio sincero ringraziamento.

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Lady D., i segreti della principessa triste [RECENSIONE]

Da Diana a Lady D.

Acquisto Diana. La principessa del popolo di Tim Clayton e Phil Craig senza sapere che, da quel maledetto 31 agosto, sono trascorsi giusto vent’anni.

Desidero leggere la storia di Diana Spencer per carpire come riesce la giovane (e sconosciuta) aristocratica inglese a divenire icona globale.
Quale è il momento nel quale la ragazzina timida e bulimica si trasforma, per l’intero pianeta, in Lady D., la principessa del popolo.

L’opera dei due giornalisti svela segreti e misfatti di una ragazza ambiziosa innamorata – da sempre – del principe Carlo.

Lady D., la principessa triste

Lady D. tra Carlo e Camilla

Mi spiace, vi sto tra i piedi e per voi due sarà un inferno
(Lady D. affronta Camilla Parker)

Dal libro (e poi dal documentario che ne segue), emergono alcune verità inconfutabili:

  • Carlo ha sempre amato Camilla Parker (ricambiato)
  • il matrimonio tra Carlo e Diana è imposto da Buckingham Palace
  • Carlo non è innamorato di Diana ma Diana è, fin da piccola, innamorata del Principe
  • Diana soffre di bulimia
  • Diana combatterà tutta la vita per ostacolare l’amore tra Carlo e Camilla
  • Diana ha una dote naturale: aiutare i più deboli

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I meriti di Lady D.

Diana. La principessa del popolo  è un libro chilometrico, ricco di testimonianze ed aneddoti più o meno noti.
Per gli amanti delle storie di reali e regine, è una pietra miliare che non può mancare nella propria biblioteca.

Ma attenzione: pagina dopo pagina, emergerà un ritratto di Lady D. a volte scontroso, lontano dalla principessa patinata immortalata sulle copertine di Time e Vanity Fair.

Restano i mille meriti di una donna capace di accendere i riflettori mediatici sugli angoli dimenticati della Terra: dall’Angola alla lotta all’AIDS, dagli ospedali per malati terminali alle mille apparizioni per beneficenza.

E chi l’accusa di essere un angelo in cerca dei paparazzi, resta l’unica, assoluta verità:

in Angola, al capezzale dell’ospedale, per quella bambina moribonda e per quella grande causa, Diana era l’unico angelo presente in città

(gennaio 1997, visita di Lady D. in Angola per denunciare la presenza di 23 milioni di mine antiuomo. Nel dicembre dello stesso anno, i governi dei maggiori paesi, si riunirono in Canada per firmare un trattato e bonificare le zone infestate dalle mine antiuomo)

Acquista Diana. La principessa del popolo su Amazon!

 


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Festa della donna, istruzioni per gli uomini

8 marzo, auguri si/no

«Come sto col nuovo taglio?» ecco l’ingenua domanda che ti porta direttamente nel ben mezzo di un campo minato.
Un passo falso e rischi il botto.
Ogni uomo è conscio: qualsiasi risposta potrebbe essere utilizzata contro se stesso.

«Auguri, buona festa per la donna!»: l’8 marzo è una data speciale?
Oppure fingere normalità perché i diritti della donna vanno rispettati ogni santo giorno?

Donne, foto di Luigi Borrone

Festa della donna, le difficoltà di noi uomini

Care donne, rinunciate alla gonna ed indossate i nostri panni.
Non è facile trovare il giusto equilibrio tra galanteria ed emancipazione.

In entrambi i casi, una fetta rosa criticherà la scelta, l’altra sorriderà.

Come risolvere?

Vuoi vedere che anche oggi, 8 marzo, vale la solita, saggia, regola antica come il mondo?
Il consiglio della mamma al figlio, dell’amica all’amico, dell’innamorata all’innamorato: sii te stesso.

Sarò me stesso.

Care Lettrici, auguri!
Buona festa della donna.

PS: stai bene col nuovo taglio 🙂

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Luigi Borrone, fotografo per passione

«Amo la fotografia perchè unico strumento per fermare il tempo. due foto scattate nello stesso istante non saranno mai uguali».
Luigi Borrone, fotografo per passione, è l’autore della foto presente in questo post.
A Luigi il mio sincero ringraziamento.

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Silvia Ruotolo, la tragedia che la storia non spiega

Silvia Ruotolo, giovane mamma

«Silvia Ruotolo
(1958 – 1997)
vittima innocente della barbarie camorristica»

La targa a Piazza Medaglie d’Oro – nel centro del Vomero, quartiere collinare di Napoli – mi lascia esterrefatto.
A pochi metri, dei giovani bivaccano nel campo di basket mentre, al lato opposto, dei cani corrono felici nell’«area di socializzazione» a loro dedicata.

Una piazza con diverse anime, un mix tra il ricordo della tragedia e la necessità di andare avanti.

Quante volte sono passato?
Di corsa, per shopping o per una passeggiata.
Mai soffermato a leggere la drammatica storia, l’intensità delle parole, la tragedia consumata.

Piazza Medaglie d'Oro, la targa dedicata a Silvia Ruotolo, vittima innocente della barbarie della camorra

Silvia Ruotolo, la fondazione

La vicenda è nota a tutti e documentata con emozione sul sito della Fondazione Silvia Ruotolo.

Leggere la cronaca colpisce ma guardare da vicino la targa dedicata alla giovane mamma resta una ferita dolorosa per chiunque.
Anche dopo vent’anni.

Indignazione, rabbia, vergogna: perché tanta ferocia?
Quale follia spinge un uomo a sparare all’impazzata per strada contro un altro uomo?

La fondazione Silvia Ruotolo ricorda la tragedia della giovane mamma

Anni ottanta, l’inizio delle sparatorie

Consulto Storia della camorra di Vittorio Paliotti, un testo fondamentale per comprendere le dinamiche della camorra, il cancro della nostra terra.

Cerco una spiegazione impossibile tra le pagine di Storia.

Il capitolo dedicato alle vittime innocenti di camorra cita gli anni ottanta come inizio delle violenze.
Gli scontri a fuoco tra i clan avvengono per strada, per punire i rivali, per conquistare piazze di spaccio, per ribadire la superiorità.

La pagina Wikipedia dedicata alle yittime innocenti della camorra parte proprio dagli anni ottanta.
Un elenco infinito di nomi, un elenco infinito di dolore.
Ogni nome una storia, ogni storia una tragedia inaccettabile.

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La zummpata, il duello all’arma bianca (1500)

Spiega Vittorio Paliotti: i camorristi – membri della Bella Società Riformata, l’organizzazione criminale che per quattro secoli ha taglieggiato Napoli (dal 1500 al 1912, poi annientata nel famoso e discusso processo Cuocolo) – da sempre usavano sfidarsi in duelli all’arma bianca.

La zumpata, rito di iniziazione, combattimento rusticano per stabilire chi comandava, avveniva in un luogo pubblico (1500).
Armati di pugnale, il duello tra camorristi promuoveva l’avanzamento di grado nella gerarchia criminale, risolveva discussioni, sentenziava la verità tra i litiganti.

Il passaggio dal pugnale alla pistola si consumò nel XIX secolo ma l’utilizzo di un’arma da fuoco avveniva – a differenza della zumpata – in un luogo solitario.

Sembra di follia dibattiamo ma, almeno, i passanti erano tutelati.

La Storia (non) insegna

Bastano due minuti.
La pagina Wikipedia dedicata alla guerra di camorra degli anni 70 lascia sbigottiti.
Servizi segreti, pentimenti, brigate rosse, suicidi ed omicidi, vendette ed esecuzioni, una scia di sangue inimmaginabile.

A leggere la cronaca ci si scandalizza.
Guardare Silvia negli occhi, invece, suscita rabbia ed emozione.
Anche dopo vent’anni.

La domanda è priva di risposta: perché accade?
La Storia spiega ma la realtà resta inaccettabile.


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Santa Maria Francesca e la sedia della fertilità

Santa Maria Francesca al vico Speranzella

«Siediti. Vuoi un figlio?» chiede l’energica suora.
Sono nel Santuario di Santa Maria Francesca delle cinque piaghe, nel centro storico di Napoli, in una traversa dell’affollata via Toledo.

Fuori la piccola chiesa, incastonata tra le pizzerie e le bancherelle con le foto di Maradona, leggo vico Speranzella.

Al Santuario di Santa Maria Francesca: la sedia della fertilita per le donne in attesa del figlio che non arriva

La sedia della fertilità

La suora sembra uscita dal set di Sister Act: bassa, paffuta, con un pesante crocifisso tra le mani, sorride, diretta e sincera.

La sedia sulla quale mi accomodo, secondo la credenza popolare, possiede un potere miracoloso: è la sedia della fertilità.

Molte donne, in attesa del figlio che non arriva, chiedono la grazia a Santa Maria Francesca pregando dove la religiosa riposava «quando soffriva dei dolori della Passione (dovuti alle stigmate) che si presentavano ogni anno in concomitanza con la Quaresima».

A giudicare dalla parete strapiena di fiocchi rosa ed azzurri, la sedia funziona egregiamente 🙂

La galleria fotografica

«Allora una benedizione per te e famiglia?» la suora propone la cordiale alternativa.
«Grazie, con piacere» replico soddisfatto.

La sorella parte con il sentito rituale che si concluderà con l’amen finale.

Continuo la visita al museo dedicato alla Santa, osservo l’altare, scatto qualche foto, leggo la biografia.

Vado via con lo stupore negli occhi.
E’ davvero incredibile come, in un piccolo vicoletto, si nasconda un miracolo così grande.


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Gioco di squadra

Un bambino cerca di sollevare un masso davanti alla madre.
Ci prova e ci riprova, accanitamente, con tutte le sue forze, ma non ci riesce.
Allora dice alla madre: “Non ce la faccio, mamma”.
E la mamma gli risponde: “usa tutte le forze che hai a disposizione e vedrai che ci riuscirai”.
Il bambino le dice che l’ha già fatto, ce le ha già messe tutte, le sue forze, e la madre gli risponde:
“no, tesoro, non le hai ancora usate tutte. Non mi hai ancora chiesto di aiutarti”

(da Caos calmo, di Sandro Veronesi).

Mamma-figlio, il perfetto gioco di squadra


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Matilde Serao e quell’appello del 1884 (ancora attuale)

Matilde Serao, la denuncia del 1884

E’ impressionante leggere «Il ventre di Napoli» scritto da Matilde Serao nel 1884 e scoprire come, dopo più di cento anni, Napoli non sia cambiata di molto.

Allora la pionieristica giornalista e direttore de “Il Mattino” con una inchiesta scritta nel periodo successivo al colera che colpì la città, denunciava l’assenza delle istituzioni ed il degrado nel quale vivevano i suoi concittadini.

La Serao, prima che i nove articoli pubblicati con grande successo e risonanza su tutti i giornali del tempo diventassero un libro, chiese ed ottenne soltanto che alle nove puntate, diventate capitoli, fosse aggiunto il seguente Commiato.

Le potremmo usare ancora oggi, purtroppo.

«qui finisce questo breve studio di verità e di dolore. Esso è troppo piccolo per contenere tutta la grande verità della miseria napoletana: troppo piccolo, sia permesso dirlo, per contenere l’umile e forte amore di un cuore napoletano. Opera incompleta di cronista, non di scrittore, uscito come un grido dall’anima, valga come ricordo, valga come preghiera.
Serva per pregare chi può, per ricordare a chi deve: non abbandonate Napoli, ora che il colera è finito. Non la abbandonate di nuovo, presi dalla politica e dagli affari, non lasciate che agonizzi di nuovo questo paese che tutti dobbiamo amare.
Fra le belle e le buone città d’Italia, Napoli è la più gentilmente bella, la più profondamente buona. Non la lasciate povera, sporca, ignorante, senza lavoro, senza soccorso: non distruggete, in lei la poesia d’Italia.»
Matilde Serao, (1884)

Matilde Serao, Il ventre di Napoli (1884)


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Claudia Coleciano Koll, la forza del cambiamento

La nuova Claudia Koll

Le strade della Rete sono infinite: saltando di palo in frasca, giungo sul sito ufficiale di Claudia Coleciano KollLe Opere del Padre.it.
Leggo con attenzione la sua testimonianza, mi perdo nella dichiarazione d’amore per il Signore.

ti ringrazio, Signore; tu eri con me adirato, ma la tua collera si è calmata e tu mi hai consolato.

Resto colpito pensando a chi fosse prima Claudia Koll e come è oggi, una donna nuova

dalle macerie della mia vita prostata e sola, ho gridato al Signore e lui nella sua infinita bontà mi ha risposto: è venuto in aiuto e con il suo infinito amore ha curato le ferite dell’anima e perdonandomi con il Suo Santo Spirito mi ha ricreata, fatta nuova.

Claudia Coleciano ha avuto la forza di rinascere; avrà sofferto, la sua anima sarà stata travolta da una crisi di coscienza (come lei stessa ha dichiarato in tante interviste), forse la sua nuova vita germoglia da una necessità fisica e spirituale, sta di fatto che il cammino intrapreso è, senza dubbio, sintomo di una ragazza coraggiosa.

La sua storia mi illumina.

Claudia Coleciano Koll, la forza del cambiamento

I cambiamenti spaventano

Lo scrittore e poeta tedesco Johann Wolfgang Von Goethe nel diciannovesimo secolo affermava: «dobbiamo sempre provare a cambiare, a rinnovarci, cercare di ringiovanirci; altrimenti diventiamo solo più duri».

Ma quante persone mettono in discussione veramente le proprie idee?

Sono convinto che porsi delle domande non sia indice di insicurezza ma, al contrario, sia il segnale di intelligenza.
I dubbi – se non distruttivi – sono il primo passo per l’innovazione, la premessa per ogni miglioramento.

Penso come la “disperazione” dell’ex attrice di Tinto Brass l’abbia portata ad imboccare un percorso a lei inimmaginabile fino a qualche anno fa, magari non sa nemmeno dove andrà ma, mentre va, si sente una persona migliore.

Oggi Claudia Coleciano utilizza la sua popolarità per aiutare i bimbi africani; mi basta ciò per apprezzare e stimare la nuova Claudia Koll.


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Napoli, se la vigilessa è in borghese …

I bimbi e la maestrina

Stamane resto bloccato in uno dei tanti incroci trafficati di Napoli.
A poche centinaia di metri, c’è il sospirato ingresso per la tangenziale.
Manca poco alla liberazione.

Una gentile signorina vestita con jeans, giubbotto e visiera è ferma al centro strada e combatte contro il fiume di auto che giungono da ogni direzione.

L’osservo con curiosità: alta, snella, con la coda di cavallo che sporge dal cappello, priva di agitazione, in un movimento sincronizzato – se non fosse per il contesto urbano, direi addirittura con eleganza – muove le braccia impartendo precisi ordini agli automobilisti indisciplinati.

Sembra quasi una maestrina delle scuole elementari e noi, fermi in una lunga fila al semaforo, i suoi obbedienti alunni in attesa di un’indicazione.

Con la mano destra impugna una sbiadita paletta della polizia municipale e con la sinistra regge un gruppo di fogli.
E’ una vigilessa.

La vigilessa senza divisa

E in estate?

Senza divisa, casacca o un segno distintivo.
La vigilessa si riconosce esclusivamente per la presenza della paletta d’ordinanza.
E per l’impegno eroico (aggiungo io).

D’accordo, i tagli delle risorse sono la realtà con la quale i Comuni devono combattere ogni giorno.
Però mi chiedo: possibile che non ci siano i soldi nemmeno per la divisa dei vigili urbani?

Attendiamo l’estate, probabilmente osserveremo le vigilesse controllare il traffico in costume.
Per la gioia di noi automobilisti indisciplinati.

Una bionda al Quirinale #raffaellacarraforpresident

Una donna al Quirinale

Dopo undici Presidenti della Repubblica (uomini) e quasi settanta anni di politica (al maschile), oggi – nel ventunesimo secolo – l’Italia chiede la prima Presidentessa della storia.
Raffaella Carrà piace al centro cattolico per una vita condotta senza l’ombra di uno scandalo, risulta gradita ai partiti moderni perché esempio di innovazione (vedi tuca tuca e la scossa del primo ombelico televisivo), sarà votata dalla destra moderna («è un’italiana vera») e dalla sinistra europeista (la showgirl è nata a Bologna, storica roccaforte rossa).

Non è un politico

I cittadini chiedono a gran voce una svolta: il nuovo Presidente difenderà le fasce deboli del Paese e non deve essere espressione dei partiti politici, autori – secondo i sondaggi- del macello sociale italiano.
Il popolo chiede una Lady D. nostrana, un volto noto di cui fidarsi e che dia voce agli ultimi.
Nessun uomo politico sarà capace di unire la nazione come Raffaella Carrà.

La disinvoltura della showgirl

Esperta di comunicazione, col sorriso e l’ottimismo utilizzerà il mezzo televisivo come nessun altro.
Il discorso di fine anno il capolavoro mediatico: i dati d’ascolto voleranno verso vette mai raggiunte prima.
Raffaella Carrà al Quirinale sarà una perfetta padrona di casa capace di tener testa ai potenti del mondo ed alle rispettive first lady.

Una bionda al Quirinale

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Napoli, il bimbo e l’assuefazione al parcheggiatore abusivo

«Mamma, perché hai dato i soldi al signore?».

Il bimbo, attraverso i suoi occhi puliti, osserva il mondo e non comprende il gesto naturale della donna.

A Napoli, pagare un tizio perché – senza il nostro consenso – guarda l’auto è un’azione di ordinaria quotidianità.

Siamo fuori ad un importante supermercato ed all’ingresso del parcheggio per i clienti (sosta libera) staziona l’uomo. Stupisce, soprattutto, il comportamento di chi giunge: alla vista del posteggiatore illegale, gli automobilisti rallentano, abbassano il finestrino della loro vettura e regalano spontaneamente la mancia al parcheggiatore abusivo senza che lui chieda nulla.

Il «mostro» si limita ad incassare.

Il falso dipendente non è certamente autorizzato dalla direzione del piccolo centro commerciale (ma nemmeno denunciato e mandato via), siede sotto un ombrellone e «lavora» durante tutto l’anno alla luce del sole.
Sfrutta la rassegnazione di chi, ogni giorno, è abituato alle piccole e grandi ingiustizie metropolitane, cittadini sconfitti dalla maleducazione collettiva, persone oneste vittime di delinquenti più o meno organizzati, la cultura della sopraffazione dilaga laddove lo Stato latita.

Completo la spesa e vado via – ovviamente non verso il tributo al malfattore.
Il «mostro» mi osserva indifferente, è conscio che il rifiuto è l’eccezione e non avanza diritti.

La mamma, colta di sorpresa dal quesito elementare del figlio, si chiude in un colpevole silenzio.

«Andiamo» balbetta mentre spinge il bimbo dentro il negozio affollato di gente apatica che ha rinunciato a combattere. Per molti – ma non per tutti – la presenza di un individuo che (non) guarda l’auto in sosta è ormai normale, un elemento dell’arredo urbano napoletano da accettare come l’alternarsi delle quattro stagioni.

Esiste un «mostro» invisibile pericoloso quanto un «mostro» in carne ed ossa: l’assuefazione.
Per fortuna è sconosciuto ai bimbi: aiutiamoli a crescere con il giusto esempio, ogni giorno e nelle piccole e grandi azioni.

Napoli e l'assuefazione al parcheggiatore abusivo


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Al cinema: io, Doraemon ed il «mostro»

Delusione.
Al cinema, Doraemon non mi ha entusiasmato.

E’ il giorno della prima visione italiana, la sala è gremita, bimbi eccitati attendono i chiusky del gatto spaziale ma ben presto il largo sorriso stampato sulle bocche del giovane pubblico adorante verrà sostituito da un’attesa tradita.

La trama è contorta: occorre aiutare il piccolo ed impacciato Nobita (ma non si chiamava Guglia?) a modificare il suo futuro per evitare che diventi un adulto pigro e perdente. Arriva in soccorso Doraemon ma la storia non convince, forse troppo «giapponese» fallisce nel trasmettere quei sentimenti globali tipici dei cartoni animati hollywoodiani.

Circondato da un gruppo di bulli, l’insicuro ragazzino giapponese piagnucola per l’intero film e concentra tutte le sue energie per conquistare le attenzioni ed il cuore della candida Shizuka.

Doraeom al cinema, più amore che chiusky

I bimbi, in attesa dei trucchi spettacolari del gatto blu, si ritrovano un’avventura sdolcinata e priva di magia, il puro divertimento tipico dell’eta spensierata che non prevede pene d’amore. E così, quando le luci si accendono e scattano i titoli di coda (potevano utilizzare almeno la sigla della serie TV!), il piccolo pubblico abbandona la sala con un grosso punto interrogativo sulla testa: ma Doraemon dov’era?

Alla mia sinistra una mamma-accompagnatrice continua a smanettare con il cellulare.

Durante l’intera proiezione, il buio evidenzia la dipendenza dei tempi moderni: schiava della tecnologia, la donna non segue le avventure che scorrono sul grande schermo ma si perde nei meandri del monitor luminoso del suo indemoniato smartphone.

La delusione per il Doraemon cinematografico passerà, il gatto spaziale gode di una fiducia sterminata ed i fans sparsi per il mondo continueranno a seguirlo – nonostante il film.
La donna-robot, invece, se non inventano un apposito chiuskyrischia di restare «mostro» per sempre.

Al cinema io, Doraemon ed il mostro

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