faCCebook.eu

Sbatti il mostro in homepage!

Tag: gioco

Formula 1: confronto (senza esclusione di colpi) tra chi la detesta (io) e chi l’ama (Giuseppe) [INTERVISTA]

Formula 1, due punti di vista opposti

La Ferrari è un pezzo di ferro come Belen Rodriguez è un pezzo di carne

Giuseppe ama la Formula 1.
Il sottoscritto detesta la Formula 1.

Leggo con stupore i post del mio amico: disamine tecniche, i motivi del mancato sorpasso, la scelta dei pneumatici e altre diavolerie simili.
Per lo scrivente, tesi monotone.
Come i millesimi di secondo, il giro veloce, le gare in tv.

Propongo a Giuseppe un’intervista: il disinteressato chiede, l’appassionato risponde.

Tra i due contendenti, chi la spunterà?
A voi Lettori, l’onere di sventolare la bandiera a scacchi.

Formula 1, l'intervista all'esperto

La Formula 1 non è uno sport?

D: interessi economici e tecnologia: in F1 il contributo dell’atleta è quasi nullo.
Credi che la Formula 1 possa definirsi un sport?
R: in due righe di domanda leggo due inesattezze gravissime.
La F1 è lo sport principe relativo al mondo dei motori.
Chiarito questo, passiamo al pilota (atleta): negli interessi economici, il pilota conta eccome.
Ci sono tanti “piloti con la valigia” ovvero piloti che portano con sé munifici sponsor, con i quali spesso si salva l’intera stagione economica di una scuderia.
Se non c’è la valigia, c’è il talento o il feeling con il pubblico, che porta tanta pubblicità.
Per quanto riguarda la tecnologia, ricordo che ci sono, oltre ai due piloti ufficiali, un terzo pilota ed un collaudatore senza il cui contributo al simulatore o nelle prove su pista, sarebbe davvero complicato costruire una macchina competitiva.

D: il famigerato «ordine di scuderia» per fermare il vincitore ed autorizzare il sorpasso del secondo in nome della “strategia di gara” è l’antitesi dello sport.
Concordi? E perché in Formula 1 è consentito?
R: non concordo nella maniera più assoluta.
La F1 è un gioco di squadra, l’obiettivo è vincere, a calcio l’allenatore vince con 11 giocatori o sbaglio?
Come sempre, è da condannare l’abuso non certo l’uso.
Ti potrei raccontare tanti episodi di “abuso” con protagonisti Ferrari, Mercedes, Renault, RedBull e tanti altri di semplice uso.
Quando c’è di mezzo la discrezionalità del Team Principal, non c’è mai una regola fissa di comportamento.

D: Giuseppe, enuncia tre motivi per i quali uno scettico dovrebbe seguire una gara di F1 senza cadere tra le braccia di Morfeo dopo i primi due giri.
R: molti gran premi sono noiosi, la F1 è uno sport per appassionati e amanti della velocità.
Chi non è nulla di tutto ciò, perché dovrebbe guardare un GP?
Vede la partenza e amen.
La F1 è selettiva.
A me il ciclismo fa addormentare, mica mi forzo a vederlo?!

faCCebook è anche su Telegram: unisciti al canale!

La Ferrari resta un pezzo di ferro!

D: A conti fatti, anche l’ultimo modello ideato a Maranello è pur sempre un mezzo meccanico. Non trovi assurdo utilizzare i termini “fascino”, “bellezza”, “armonia” per un pezzo di ferro?
R: la Ferrari è un pezzo di ferro come Belen Rodriguez è un pezzo di carne.
Ho detto tutto.

D: Giuseppe, hai mai guidato una Ferrari? In caso affermativo, quali emozioni hai provato?
R: non ho mai avuto il piacere, forse l’anno prossimo direttamente a Maranello, guiderò una Ferrari da strada, non da pista.

D: credi che spendere trecentomila euro per un’automobile sia corretto o folle?
R: è un bellissimo lusso per chi se lo può consentire; altrimenti è un folle.

Il portafortuna personalizzato di Giuseppe, esperto di Formula 1

«Il pilota è vero un atleta»

D: Giuseppe, un pilota di Formula 1 può definirsi un vero atleta?
Intendo al pari di un nuotatore, un ciclista, un tennista, un maratoneta … cioè di un praticante di sport individuale.
Io credo assolutamente no.
Tu?
R: l’atleta è una persona che si allena per praticare il suo sport.
Gli sforzi fisici per pilotare una macchina di F1 sono notevoli, il collo ne risente per la forza centrifuga, il peso deve essere perfetto (non come Nigel Mansell che ebbe problemi con la Williams, che poi gli consentì di vincere il mondiale).
Bisogna migliorare i riflessi, tutto questo un pilota di F1 lo fa quotidianamente, perché non dovrebbe essere considerato un atleta?

D: Sebastian Vettel non ha ancora vinto un mondiale con la Ferrari.
Eppure guadagna milioni di euro: lo consideri talentuoso o furbo?
R: come sa chi ogni tanto mi legge, non sono un grande fan di Sebastian Vettel.
Di certo il talento c’è eccome, ma non riesco a considerarlo affatto un campione con la C maiuscola.
Non mi sembra furbo uno che sfrutta il proprio curriculum (4 titoli mondiali conquistati), piuttosto mi sembra uno che ha un buon agente …

I (ricchi) di piloti di Formula 1

«Il circus della Formula 1 è nato nel 1950»

D: Giuseppe, per il sottoscritto la Formula 1 è solo un circo mediatico dipendente dagli sponsor e dal profitto. Non rientra nella categoria SPORT.
L’accusa è pesante: a te la parola, difenditi.
R: in F1 girano tanti soldi, in molti altri sport gli interessi economici hanno il sopravvento ed ogni tanto, proprio per questo motivo, sono scoppiati tanti scandali.
Come detto all’inizio, nel mondo dei motori, la F1 è la categoria sportiva per eccellenza.
Chi guarda un GP si interessa alla corsa in pista, quello che circonda tutto il resto fa parte del gioco.

D: Giuseppe sei sul blog dei «mostri» perché, per il sottoscritto, la Formula 1 è un «mostro».
Chiudiamo l’intervista con un messaggio ai Lettori: a te l’ultimo giro.
Hai la pista libera, vediamo cosa sai fare.
R: il circus della F1 è iniziato nel 1950, anno in cui hanno assegnato il primo titolo piloti.
Dopo 70 anni, magari rivedendo le immagini di repertorio oppure ripercorrendo alcune storie di piloti improbabili o campionissimi, ti accorgi che la F1 è più che uno sport.
E’ una passione, è la voglia di intuire le traiettorie, la curiosità di capire quegli accorgimenti tecnici di una monoposto che viaggia a 300 km all’ora, è la voglia di esultare quando il tuo campione sorpassa l’avversario, è l’adrenalina che senti alla partenza, è l’impazienza di vedere il prossimo gran premio, per rifarti se “hai perso” o per “vincere di nuovo”.
La F1 è fatta di leggende, di eroi, di folli, di velocità, in cui “il secondo è il primo dei perdenti” (cit. Enzo Ferrari).


Restiamo in contatto: ricevi la newsletter

Vivere, il giornale del Centro Direzionale: il mio articolo sul numero di febbraio

Vivere, il mio articolo a pag. 7

Rileggere un mio articolo sul numero di febbraio di Vivere, il giornale del Centro Direzionale di Napoli, suscita sempre stupore.

Immagino i Lettori immersi nelle pagine del mensile – chi in metropolitana, chi al bar o in pausa pranzo – per dedicare tempo prezioso alle considerazioni del sottoscritto.
Riflessioni più o meno leggere, scritte nero su bianco.
Idee personali che raggiungono il grande pubblico di Vivere.
Davvero un onore.

Dunque, quando capita – superato lo stupore – non lascio scivolare la gioia nel dimenticatoio ma immortalo l’evento con un post ad hoc.

Vivere, il giornale del Centro Direzionale pubblica un mio articolo sul numero di febbraio

Io, giornalista per gioco

Per chi – come il sottoscritto – pubblica senza velleità giornalistiche, il riscontro degli addetti ai lavori è un segnale entusiasmante.

Dopotutto, scrivo per diletto e considero faCCebook (la mia casa digitale), un luogo dove esporre pensieri per un confronto aperto con voi, amici Lettori.

Mi considero uno scolaretto volenteroso, senza titoli ufficiali, che insegue il piacere della scrittura.
Piacere alimentato dall’amore per i libri: più leggo, più scrivo, più leggo.

La passione per la scrittura con il presuntuoso obiettivo di suscitare riflessioni.
Riflessioni nate dall’osservazione della realtà.
Come quella misteriosa percentuale finita sulle pagine di Vivere.

La percentuale misteriosa su Vivere di febbraio, il giornale del Centro Direzionale di Napoli

Scarica Vivere, febbraio 2019


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Il gioco del quindici per la Millennial Generation

Il gioco dei quindici per la Generazione Y

I numeri da 1 a 15, una cella vuota.
Appena il mio sguardo incrocia il quadrato con le cellette rosse e bianche, la mente torna a quando ero bambino.

Il gioco del quindici, da piccolo, era tra i miei passatempi preferiti.
Le dita sottili scorrono lungo il quadrante con l’agilità della giovane età, sposto i numeri in modo fluido senza intoppi.

Alla ricerca della successione perfetta: ordinare (in modo crescente o decrescente) il caos.
Come un minestrone nel quale separare gli ingredienti.
Un bell’esecizio di manualità, applicazione, divertimento.

Mi chiedo: oggi, nel ventunesimo secolo, tra videogames, smartphone e Whatsapp, esiste un eroico adolescente che prova ad ordinare i numeri?
Il gioco del quindici, è un perfetto sconosciuto per la Generazione Y?

Il gioco del quindici sconosciuto alla Millennial Generation?

Gioco minuscolo o mani giganti?

Acquisto il magico passatempo.
Esco dal negozio, non resisto alla tentazione.
Mi accomodo sulla panchina, emozionato, apro e provo subito.

Nonostante il trascorrere del tempo, le tecniche le ricordo bene: sposto a sinistra, la cella verso il basso, poi torno su, muovo a destra e l’UNO è al primo posto.
Tocca al DUE …

Però ora le celle non scorrono con fluidità come quarant’anni fa.
Il pollicione non vola sul quadrante.
Le dita occupano due celle invece di una.

Possibile che, per risparmiare, abbiamo ridotto le dimensioni del gioco del quindici?
Oppure sono le mani del sottoscritto cresciute a dismisura?

Perplesso, rientro nel negozio.
Mentre acquistavo il gioco del quindici, il terzo occhio registrava l’immagine.

Gli Shangai!

Quelle simpatiche asticelle colorate, da prelevare con la pazienza orientale … da piccolo ci giocavo sempre … era divertente … o no?


Restiamo in contatto: ricevi la newsletter

L’aquilone, l’ultimo viaggio [FOTO]

L’aquilone, il filo alla mia infanzia

Alcuni ricordi sono indelebili, impossibile da cancellare anche per l’inesorabile tempo che passa.

L’aquilone rientra tra questi.

E così, ogni volta che il Panda colorato si alza in cielo, gli dedico uno scatto.
 
Il mio aquilone

Io, maestro di aquiloni

L’aquilone, in cielo nel suo dolce ondeggiare, è l’icona della libertà e fantasia.
Ma quanti sono in grado di far volare il vecchio Panda, amico decennale del sottoscritto?

Occorre un pizzico di magia per far decollare il sogno di ogni bambino.

Lo scrivente – modestia a parte – è un maestro e possiede il tocco magico.
Stavolta la sfida è ardua: il veterano è stanco, con le ali ferite ed il filo spezzato e ricucito in mille punti.

Ce la farà per un nuovo viaggio?

Il piccolo gruppo di giovani spettatori, ansiosi di guidare il Panda fino a superare le grosse nuvole bianche in questa bollente giornata di luglio, attende speranzoso il decollo.

Aiutato da un vento generoso, il mio vecchio amico di giochi – provato da mille voli colorati – non delude i sogni dei fanciulli.
Barcolla, si alza, poi oscilla, perde quota e con una folata di entusiasmo cattura il cielo!

Passo il controllo ai bimbi festanti.

Il sogno continua.

faCCebook è anche su Telegram: unisciti al canale!

Epilogo

Il vecchio aquilone regala l’ultima emozione.
Poi cade come un uccello abbattuto da un bracconiere.

Mentre riavvolgo il filo, il Panda striscia sulla sabbia e si avvicina sofferente.
Lo raccolgo.
E’ davvero messo male: ali spezzate, dorsale fratturata, il filo ridotto ad una matassa impossibile da sciogliere.

E’ finita.

Guardo con tenerezza il mio amico Panda.

Non mi resta che accettarea l’amara verità: é giunta l’ora di comprare un nuovo aquilone.
Dopotutto, i sogni non hanno età 🙂


Restiamo in contatto: ricevi la newsletter

O come Ossessione [Il vizio di Paola]

L’ossessione (vicino la scuola)

Lo avevo detto, che sarebbe stata l’ultima volta.
Ero poco più di un ragazzino quando Marco, il compagno così detestato dai miei per quella sua aria così ‘poco raccomandabile’, mi ci portò.

Mi disse che dovevo solo provarci, non è che si prendeva il vizio.

Ed io, con l’arroganza tipica della gioventù, certo che nulla potesse togliermi il controllo della situazione, lo seguì.

Il fatto che quel posto fosse così vicino alla scuola mi sembrò un segnale rassicurante.
Se fosse stato un luogo di perdizione, una tale vicinanza ad un luogo frequentato dagli adolescenti sarebbe stata illegale.

L'ossessione del gioco, un vizio pericoloso [foto di Luigi Borrone]

Solo per i maggiorenni? Non proprio

Ed io ancora ci credevo, allora, alla legge ed alla giustizia, ritenendo addirittura che le due cose coincidessero.
Cominciai, così, a frequentare quel locale tutti i giorni, inventando a mio uso e consumo ogni genere di pretesto.

Avevo voglia di un caffè, di una brioche, o anche solo di un pacchetto di gomme da masticare.

E loro erano lì, che mi guardavano, effettivamente un po’ defilate rispetto alla sala principale del locale, ma comunque ben distinguibili anche dall’esterno.
Un cartello indicava che l’utilizzo era consentito solo ai maggiorenni, ma nessuno sembrava farci caso, a noi, adolescenti imberbi con la posa di grandi uomini.

Un passatempo pericoloso

I primi tempi la sommetta che i miei ignari genitori mi passavano era sufficiente per quello che, mi ostinavo ad ingannarmi, era un innocuo passatempo.
“Quanti spendono la stessa cifra per un pacchetto di sigarette! Ed il fumo è anche dannoso! Io, almeno, non mi rovino la salute”.
Questo mi bastava per sentirmi a posto.

Poi ebbi necessità di altro denaro, così cominciai a vendere i libri di scuola, prima quelli degli anni precedenti, poi anche qualcuno di quelli dell’anno in corso.
“Tanto mi posso fare le fotocopie”, continuavo a giustificarmi.
“E la chitarra? A che mi serve, tanto ormai quasi non suono più!”

Sono anni ormai che viaggio almeno una volta al mese per Montecarlo.

Riesco a giocare, e a perdere, anche tutto lo stipendio in un paio d’ore.
Sei mesi fa ho messo in vendita l’appartamento avuto in eredità dai miei genitori.
Ho impegnato anche tutti i gioielli di famiglia.

faCCebook è anche su Telegram: unisciti al canale!

La promessa mantenuta

Il mese scorso ho dato l’ultimo saluto a Marco, quel mio amico.
Un colpo alla tempia è stato il suo ultimo gesto.

Sulla sua tomba ho promesso che non lo avrei più fatto, non avrei più lasciato su quel tappeto verde la mia dignità.

Se non ci fossi riuscito, lo avrei raggiunto.

Ed ora non posso fare altro che onorare quest’estrema promessa.

«Il vizio di Paola», note sull’autrice

Paola, lettrice per passione e scrittrice per vizio.
Alla continua ricerca di ispirazione.
Gli specchi è il suo breve racconto vincitore del primo premio della «III edizione di Scintille in cento parole».

Paola, autrice della rubrica «Il vizio di Paola»

 

Luigi Borrone, fotografo per passione

«Amo la fotografia perché unico strumento per fermare il tempo. due foto scattate nello stesso istante non saranno mai uguali »
Luigi Borrone, fotografo per passione, è l’autore della foto presente in questo post.
A Luigi il mio sincero ringraziamento.

Per chi volesse seguirlo, segnalo la fanpage ufficiale Luigi Borrone – Fotografo Per Passione, il profilo twitter ed i canale Instagram.


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

L’intervista dell’anno: I want you!

L’aforisma

ognuno ha una storia da raccontare, basta porgli le giuste domande

(Mario Monfrecola)

Concordo con l’autore.

Io, giornalista per gioco (e passione)

Il piacere di ascoltare le storie altrui è il motore che spinge il sottoscritto ad intervistare chiunque abbia voglia di rispondere alle domande di un finto giornalista.

Ok, l’ammetto:

  • adoro giocare al giornalista
  • sono un ottimo uditore
  • cerco persone da intervistare ed il prossimo puoi essere proprio TU!

Io, giornalista per gioco, voglio TE per l'intervista dell'anno!

Come avviene l’intervista

Ci incontriamo (se possibile) per una conversazione informale, ascolto la storia, memorizzo i particolari, scatto due o tre fotografie al prescelto.

Indosso i panni del Lettore Curioso e stilo dieci domande non banali (o almeno ci provo) che ognuno di noi vorrebbe porre.

Dieci domande, un punto di vista inedito con un un solo obiettivo: accendere il riflettore sull’intervistato per far conoscere al pubblico una nuova, interessante storia.

faCCebook è anche su Telegram: unisciti al canale!

AAA voglio TE per l’intervista!

Le buone intenzioni non bastano. la categoria delle interviste di faCCebook scarseggia di «mostri».

E mi dispiace perché – sono sicuro – ognuno di Voi, amici Lettori, ha delle risposte interessanti dentro sé stesso.

Bastano le opportune domande e la giusta dose di autoironia: perché se ti prendi troppo sul serio, ti escludi da solo.

Bando alle ciance, contattami subito (scegli tu il canale social o l’email nella colonna a destra del post)

Un clic per la TUA intervista 🙂


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Gioco di squadra

Un bambino cerca di sollevare un masso davanti alla madre.
Ci prova e ci riprova, accanitamente, con tutte le sue forze, ma non ci riesce.
Allora dice alla madre: “Non ce la faccio, mamma”.
E la mamma gli risponde: “usa tutte le forze che hai a disposizione e vedrai che ci riuscirai”.
Il bambino le dice che l’ha già fatto, ce le ha già messe tutte, le sue forze, e la madre gli risponde:
“no, tesoro, non le hai ancora usate tutte. Non mi hai ancora chiesto di aiutarti”

(da Caos calmo, di Sandro Veronesi).

Mamma-figlio, il perfetto gioco di squadra


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

La gioia (in una foto)

Non importa il luogo, l’età ed il tempo.

Questo scatto (rubato) rappresenta la gioia di un bambino che ritrova il primo mare di stagione, la purezza e l’entusiasmo innocente, lo spazio infinito, il senso di totale libertà, le onde che si infrangono sulla riva, la sfida per evitare di essere bagnati dalla freschezza dell’acqua.

Il mare, il gioco di fantasia senza tempo per i bimbi di ogni angolo del mondo.

Ecco, nonostante non volessi, ho spiegato questo (mio) scatto a parole anche se sono conscio che la fotografia non si misura con una didascalia ma delle
emozioni che suscita.

E a me, questo scatto emoziona 🙂

la gioia di un bimbo che riscopre il primo mare di stagione

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén

Translate »