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Category: Luoghi (Page 3 of 6)

Io napoletano innocente, vittima di un esperimento segreto?

Il triangolo delle Bermude? E’ a Napoli

Attesa prevista: quasi venti minuti.
GiraNapoli spara cifre a caso: l’autobus passa fra dodici minuti, dopo un refresh sul display dello smartphone compare uno stupefacente sedici, poi un nuovo tentativo e la sentenza: «dato non disponibile».

L’elefantiaco mezzo pubblico scompare dai radar, risucchiato dal traffico cittadino non fornisce più posizione e tempi.

Il mistero del triangolo delle Bermude è a Napoli, e noi cittadini di serieB in attesa di notizie che non giungeranno mai, non resta che pregare.

Alla fermata dell’autobus, la piccola folla radunatosi intorno al sottoscritto – nominato speaker ufficiale a furor di popolo – chiede spazientita: «quant pass sto benedett?».

Curare lo spirito e la forma fisica

Dopo trenta minuti di speranza, mantenere la calma è difficile.
A noi napoletani la pazienza non manca: inspirare e espirare, placare l’istinto distruttivo e ritrovare l’equilibrio psico-fisico.

Non resisto oltre, cedo.
«Vado a piedi» annuncio alla platea rumorosa.

Lascio alle spalle il brusio.
Distinguo chiaramente le due fazioni, i rassegnati ed i reazionari: i primi attendono il miracolo, i secondi reagiscono.

Inizio a camminare verso la fermata successiva.
Percorro il primo chilometro.
Interrogo l’app per curiosità più che convinzione: l’autobus è svanito dai satelliti ANM.

Mi sento in forma, continuo a passeggiare.
Passo dopo passo, scarico il malumore e ritrovo fiducia.

L’esperimento segreto

Sono sicuro: in qualche stanza buia del Comune si pianifica un progetto classificato TOP SECRET.

Il concetto è chiaro: la privazione, se non ammazza, rende più forte.

Gli autobus pubblici sono uno dei tanti elementi: l’attesa estenuante e la mancanza di informazioni sicure tempra lo spirito, la reazione e la passeggiata combattono l’obesità ed aiutano il cuore.

Il parcheggiatore abusivo?
Un incentivo a lasciare l’auto a casa o distante dal cinema utile a verificare il livello di passività del napoletano.

L’emergenza rifiuti?
Un test per comprendere il grado di assuefazione alla anormalità.

Un’unica, spietata regia a favore della salute del cittadino partenopeo.

I primi esiti: il napoletano reagisce bene

I primi risultati sono incoraggianti.
La resistenza del napoletano è superiore alla media nazionale e – caratteristica sviluppata negli anni di disservizi continui – si adatta in ogni altro luogo senza difficoltà alcuna.

Io stesso traggo notevoli benefici dall’inefficienza del trasporto pubblico: cammino di fermata in fermata e dimagrisco, m’abbronzo in estate e mi tonifico d’inverno, la resistenza aumenta di mese in mese.

Preso dall’entusiasmo, al prossimo ritardo della metropolitana proseguirò lungo i binari e  – da giugno – proverò la traversata a nuoto del golfo con destinazione Procida (per settembre, conto di giungere a Capri senza sostare per Ischia).

L’esperimento funziona.
Parola di una cavia napoletana.

Io napoletano innocente, vittima di un esperimento segreto su Napoli?

Io napoletano innocente, vittima di un esperimento segreto su Napoli?


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Il fascino dell’isola (vista dalla terraferma)

L’isola vista dalla terraferma

«Bella Capri! Appena possible torno per un weekend!» sospiro mentre da Pozzuoli osservo l’isola.

Il vento spazza via le nuvole, il panorama è limpido, la visuale nitida.
Capri sembra una donna distesa, affascinante.
Già, affascinante osservata con i piedi saldi sul continente, con la possibilità di girare le spalle e fuggire via dove desidero.

Auto, metropolitana, treno ed aereo sono – in teoria – disponibili.
Spazio infinito, nessun confine fisico limita la mia libertà.
Scatto la foto, «proprio bella Capri!».

Gli isolani come vivono sull'isola?

La vita sull’isola

Come sarà l’inverno su un’isola?
A quale velocità scorrono le giornate a Procida, un fazzoletto di terra raccolto in un palmo di mano?
Col maltempo ed i collegamenti sospesi, quale sensazione pervade un luogo immerso nel mare?

La realtà, poi, si capovolge con la bella stagione.
L’invasione dei turisti – pendolari e non – sconvolge gli equilibri e porta nuova linfa vitale.
Per un paio di mesi il caos travolge l’isola per poi far posto di nuovo al silenzio assoluto.

Come nel libro di Enzo G. Napolillo

Penso alla vita di Salvatore, il protagonista del bel libro di Enzo G. Napolillo,
Le tartarughe tornano sempre ambientato a Lampedusa.

Perché Lampedusa può essere una prigione per chi ci nasce e la terra promessa per chi sogna una vita diversa da guerra e violenza.
Dipende dal destino quale prospettiva ti regala.

Forse la citazione vale per tutti i luoghi?

Per quanto tempo resisti?

Chi nasce su un’isola, fin da piccolo, si abitua ai ritmi dell’oasi.
Prigione o Paradiso?
Dipende dalla prospettiva (personale) con la quale osservi il mondo.

Per il sottoscritto – cittadino metropolitano – trascorrere la vacanza in un luogo isolato è un piacere: niente affollamento, zero stress, calma e relax.
Il piacere è totale perché terminata la settimana di ferie, torno a casa a respirare boccate di sano smog, passeggiare per la città, ritrovare i miei piccoli, grandi «mostri» di sempre.

Riuscirei a vivere su un’isola?

Mentre rifletto, immagino che dal belvedere di Capri – proprio nello stesso istante – un isolano guarda Napoli, punta con lo smartphone la costa e scatta una foto.
Perplesso, si domanda: «come riescono a vivere in città?».


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Ed il Vesuvio nascose la testa (per la vergogna)

La foto

Il Vesuvio, per la vergogna suscitata dai ripetuti cori beceri che coinvolgono il suo altisonante nome contro Napoli, nasconde la testa tra le nuvole.

Ed il Vesuvio nascose la testa (per la vergogna?)

Ed il Vesuvio nascose la testa (per la vergogna?)

Cultura vs razzismo

In attesa di quell’importante giorno quando la cultura cancellerà definitivamente il razzismo ed il pregiudizio, non mi resta che attestare come il «mostro» sia ancora vivo e forte.
Nella testa dell’ignorante.


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Al castello di Baia: l’arte è più bella se gratuita?

Museo Archeologico dei Campi Flegrei

Il Museo Archeologico dei Campi Flegrei merita una visita.
Meglio se gratuita.
Come la scorsa domenica, primo weekend di dicembre.

Non mi resta che aggregarmi al gruppo, partenza ore 10,30 dall’ingresso del castello di Baia.

Il viaggio nell’antico impero romano dura cinquanta, intensi minuti.
Osservo antichi reperti risalenti a più di duemila anni fa che ricostruiscono la vita di Pozzuoli; l’antica colonia ricca di storia.

Castello di Baia: se l'arte è gratuita, è più bella?

Castello di Baia: se l’arte è gratuita, è più bella?

La prima domenica del mese l’arte è gratuita

Statue pescate in mare, resti trovati nelle masserie della zona flegrea.
Ascoltare gli aneddoti ed i destini di quegli uomini vissuti prima di Cristo è affascinante.

Merito della guida, davvero brava.
Merito dell’omaggio offerto dal Ministro dei Beni Culturali.

La magnifica zona flegrea

Dopo il tour, fotografo lo spettacolare panorama apprezzabile dal castello.
In questa limpida domenica di dicembre, la spiaggia del faro mostra colori straordinari.

Un post-it mentale da riprendere in primavera, la tentazione di un bagno in queste acque supera la fatica della scarpinata.

La spiaggia del faro di Baia, sotto il castello

La spiaggia del faro di Baia, sotto il castello

Baia, Bacoli, Monte di Procida, Procida … dal terrazzo del castello immortalo il magnifico paesaggio.

Il magnifico panorama dal castello di Baia

Il magnifico panorama dal castello di Baia

Scendo soddisfatto ed incrocio un nuovo esercito di visitatori pronti per una nuova visita.

E’ chiaro: l’arte gratuita piace 🙂

23 novembre 1980 ore 19,34

Ero un bimbo di dieci anni

Sono trascorsi trentacinque anni (più o meno) da quel maledetto giorno ed i miei ricordi sono ancora vivi, forse il tempo li ha sbiaditi ma non potrà mai cancellarli.

Come ogni domenica siamo a casa dei nonni per la solita riunione familiare.
Tutti insieme, due, tre, quattro famiglie per un giorno di festa tra pranzo e giochi, i cugini con i quali cresco e gli zii di sempre.

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Una serata calda, luna piena e rossa

23 novembre 1980, una insolita serata calda, con una luna piena rossa che padroneggia sul cielo di Napoli.

Poi, all’improvviso, verso le sette e mezza, la casa inizia a ballare, il lampadario nel corridoio – pista delle nostre corse – oscilla come un pendolo impazzito, urla, sorpresa, smarrimento, cos’è questo incubo?
Paura, ma quando termina la giostra?

Aiuto!

Scappiamo tutti, ci ritroviamo per strada con tante altre persone sbigottite, chi vestito, chi in tuta, chi in vestaglia, tutti con gli occhi sgranati dal terrore.

23 novembre 1980, terremoto in Irpinia: il titolo de Il Mattino

23 novembre 1980, terremoto in Irpinia: il titolo de Il Mattino

23 novembre 1980 ore 19,34

I miei ricordi si fermano a quei minuti del sisma, non ho altre reminiscenze di cosa accada dopo, della corsa verso casa, del caos totale, delle macerie, delle lesioni nelle pareti, delle notti insonne e dell’organizzazione successiva.

Ancora oggi, nonostante sia un adulto maturo e vaccinato, a qualsiasi ora del giorno e della notte se avverto una vibrazione mentre sono a letto o seduto, il mio sguardo istintivamente si sposta verso il lampadario …

Alcuni «mostri» lasciano tracce indelebili.

Montella, la sagra della castagna: la classifica delle bontà

Montella, la castagna doc

Se (come il sottoscritto) ami le caldarroste, registra nel calendario l’evento: la sagra della castagna di Montella merita la visita.

Una passeggiata nel verde dell’Irpinia, nel centro del piccolo paese in provincia di Avellino, tra più di cento stand dedicati all’oro marrone cucinato in mille gustose ricette.

La sagra, cosa assaggiare

Una giornata d’autunno con un clima primaverile, ecco il mio sabato a Montella.

Mi sento un bimbo in un negozio di giocattoli, vorrei assaggiare tutto, ogni stand un profumo, ogni singola castagna una sirena tentatrice.
Castagne, mon amour arrivo!

Dunque – con un chilo in più – il giorno dopo stilo la classifica degli imperdibili:

  • le caldarroste (1€ a coppetto) cucinate sul fuoco ardente con un rullo che viene fatto girare lentamente
  • il dolce secco ripieno di sola crema di castagna (a forma di rombo e senza cioccolato o altro). Ignoro il nome ma è squisito (1,5€ a pezzo)
  • panino con salsiccia al tartufo (alla brace, ovvio – 4€)
  • pizza fritta con i funghi (davvero speciale – 3,5€)

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I colori dell’autunno

Se poi l’estate di San Martino compie il suo dovere, all’appagato visitatore non resta che godersi la splendida giornata ed immortalare i colori dell’autunno.

I colori dell'autunno, Montella (AV)

I colori dell’autunno, Montella (AV)


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Hnin Su, vi presento mia figlia (adottiva)

Hnin Su, mia figlia adottiva

Mia figlia Hnin Su ha cinque anni, vive nel villaggio di Sarlingyi in Myanmar (la Birmania).

Non frequenta la scuola.
Ha un fratello e tre sorelle.

La sua famiglia abita in una piccola casa costruita con foglie di palma e bamboo.
Nei pressi del villaggio c’è una sorgente d’acqua pulita e, da quanto leggo dalla lettera di ActionAid, è un lusso.

«Se qualcuno della mia famiglia si ammala, deve percorrere lunghe distanze per ricevere delle cure mediche» così termina il racconto di Hnin Su.

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Hnin Su, la conoscenza

Che emozione ricevere la prima lettera e conoscere Hnin Su!

Piccola, forse troppo minuta per gli standard occidentali, capelli neri, viso rotondo, posa con una serietà che non si addice ad una bimba di cinque anni, indossa un abitino verde ed un paio di ciabattine a tono, lo sguardo incuriosito e le braccia lungo i fianchi sembra attendere l’ok dal fotografo per scappare via.

Hnin Su potrebbe vivere come una qualsiasi altra bimba di cinque anni, la sua sola sventura è essere nata nella parte povera del Pianeta.

Hnin Su vive in Myanmar ed è la mia figlia adottata grazie ad ActionAid

Hnin Su vive in Myanmar ed è la mia figlia adottata grazie ad ActionAid

Effettuo uno zoom per percepire il suo mondo.
Dietro lo sguardo innocente – uguale allo sguardo di ogni altro fanciullo della sua età – osservo il paesaggio rurale: dei tronchi abbandonati, una capanna malridotta, un’abitazione più robusta.

Io mi fido: con ActionAid cambiare è possibile

«Devo, voglio fare qualcosa!»
La scintilla è improvvisa.

Un pomeriggio qualsiasi passeggio per Napoli: la visione di un giovane mendicante, le mille vetrine illuminate nella via dello shopping, un uomo scava nella spazzatura alla ricerca di avanzi da masticare, la folla indifferente, un gruppo di extracomunitari ballerini, gli artisti di strada … non mi interessa capire la dinamica della psiche umana ma apprezzo la (mia) capacità di scandalizzarsi indice di non assuefazione alle brutture della vita.

Torno a casa, accendo il computer ed adotto un bimbo a distanza.

ActionAid, io mi fido

Non una reazione istintiva legata all’emozione del momento bensì una volontà matura che attendeva solo di concretizzarsi.

Devolvo ogni mese ad ActionAid una piccola cifra insignificante per il bilancio di una famiglia media.

Ricevo ogni tre/quattro mesi una lettera dal villaggio di Hnin Su.

Mi aggiornano sui progetti realizzati e le altre opere in cantiere, sui progressi della bimba: ora ha imparato l’alfabeto birmano composto da simboli per me incomprensibili.
Hnin Su disegna l’intero alfabeto, caratteri colorati, piccoli cerchi che mi riempiono di gioia: immaginare la piccola Hnin Su a scuola invece che in un campo a lavorare, mi rende felice.

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1€ al mese per salvare un bimbo

Rifletto: se trovo 25 persone disposte a spendere 1€ al mese realizziamo un’adozione a distanza «di gruppo» e salviamo un altro bimbo.

ActionAid, con 25euro al mese salviamo un bimbo

Una quota irrisoria per ognuno di noi che, però, cambierebbe la vita di una persona, della sua famiglia, di una intera comunità.

Insieme valuteremo il modo più trasparente per raccogliere le quote e salvare un altro bimbo.

Se sei interessato, contattami
(i canali social o l’e-mail sono presenti sulla colonna destra del sito)

“Sono Yi Yi Win e ho 14 anni.
Vivo nel villaggio di Sin Phyu Chi, nella comunità di Sarlingyi.
Mio padre fa il contadino e mia mamma sta a casa per prendersi cura di noi figli. Quando riesce aiuta papà nei campi.
Io sono la seconda di cinque fratelli e sorelle. Sono stata fortunata perché ho finito la scuola primaria anche se era lontana da casa e la strada era spesso impraticabile per via delle piogge.
Purtroppo però poi ho dovuto lasciare gli studi perché per la mia famiglia costava troppo mandarmi a scuola. Così adesso mi occupo del bestiame e aiuto la mamma in tutte le faccende domestiche, incluso andare a prendere l’acqua al pozzo.
Sono impegnata fin dalle 6 del mattino in attività che non offrono niente al mio futuro”

Questa era la storia di Yi Yi che grazie a te adesso ha un finale diverso.

“Grazie al sostegno di ActionAid ai miei genitori finalmente sono potuta tornare a scuola.
Mi sembra un sogno!
Voglio impegnarmi e dare il massimo nello studio”

Grazie ad ActionAid, Yi Yi Win è tornata a scuola

Grazie ad ActionAid, Yi Yi Win è tornata a scuola


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Perché non vivo a Milano (nonostante #hpemergency)

Milano, città generosa

Nel produttivo meccanismo lombardo, c’è un’opportunità per tutti.
Il gigantesco congegno gira senza mai incepparsi da più di cinquant’anni e sostiene l’intera economia del Nord.

Chiunque giunga a Milano – i campani, pugliesi e calabresi di ieri o gli egiziani, siriani, filippini di oggi – può contribuire a tener vivo il sistema.

Potrà insediarsi in un anello infinitesimale del congegno, essere un nuovo bullone in una serie di bulloni invisibili oppure ampliare l’insieme inventandosi nuove funzionalità.

Dipende dalle proprie potenzialità e capacità, Milano è pronta ad inserire il volenteroso nel sincronismo perfetto.

Milano al settimo posto, Napoli al novantaseiesimo

La pagella finale stilata dal Sole 24Ore per il 2014 premia Milano con un lodevole settimo posto.
Nella classifica annuale che misura la qualità della vita, il capoluogo lombardo è la prima tra le grandi metropoli italiane (precede Roma di cinque posti).

I numeri bocciano il Sud e Napoli: nonostante guadagni undici posizioni rispetto all’anno precedente, la nostra città resta nei bassifondi con il desolante novantasei appiccicato sul Vesuvio.

Perché non vivo a Milano (per ora)

Perché non vivo a Milano (per ora)

La qualità della (mia) vita

Lo scorso luglio pernotto a Milano per un paio di giorni.
Mancavo dal capoluogo lombardo dal lontano 2004 (allora ero uno dei tanti pendolari: mi fermavo dal lunedì al venerdì per rientrare a Napoli nel weekend e ripartire ad inizio settimana).

A distanza di dieci anni, trovo la città più accogliente ed organizzata.

L’efficienza dei trasporti pubblici è – se possibile – migliorata, la puntualità della metropolitana e degli autobus, la pulizia delle strade, gli eventi per l’EXPO sono aspetti positivi di un quotidiano buon funzionamento della macchina lombarda.

Una metropoli italiana al pari delle più grandi capitali europee, ne sono convinto.

Bastano questi parametri per valutare la qualità della vita?

No.
Io a Napoli vivo bene, nonostante il 96, numero scarlatto.

Finché potrò lavorare nella mia caotica città, contribuirò a migliorare il disordinato meccanismo partenopeo che, seppure non risulta efficiente come l’orologio milanese, conta sulla generosità, volontà, tenacia, dignità e talento di un popolo abituato ad affrontare le avversità da sempre.

Dateci solo la possibilità di restare a Napoli, fermate #hpemergency.

Chiasso (Svizzera), una storia normale che stupisce gli italiani

Chiasso, l’intervento dei Vigili del Fuoco

La quiete del parco pubblico di Chiasso è interrotta dalle sirene della polizia che, in un tranquillo sabato mattina di giugno, irrompono nell’area verde del piccolo paese svizzero.

Le forze dell’ordine scortano due automezzi dei Vigili del Fuoco chiamati da una mamma presente nei giardini con il suo bimbo.

La donna, visibilmente preoccupata per un ramo in procinto di spezzarsi, lancia l’SOS.
In pochi minuti, i militari giungono sul luogo incriminato e con il nastro d’ordinanza bianco e rosso, isolano immediatamente l’intera area minacciata dall’albero ferito.

A Chiasso - Svizzera - dove la manutenzione è normalità

Sotto lo sguardo attonito e incuriosito di decine di marmocchi, i pompieri operano velocemente: attraverso la super-scala, raggiungono la cima del «mostro» e tagliano il ramo pericolante.

Chiasso, l'azione dei vigili del fuoco per tagliare un ramo pericolante

Il tronco viene potato e ridotto in piccoli ed innocui pezzettini per essere trasportato via.

Chiasso, la manutenzione è normalità

Il giovanissimo pubblico, con la testa all’insù, ammira affascinato.
I poliziotti rimuovono il nastro, l’area pubblica è di nuovo sicura e disponibile per i bimbi.
Scoppia un applauso spontaneo.
I pompieri, scortati dalle forze dell’ordine, volano via … mentre i bimbi presenti sognano – un giorno – di imitare i loro nuovi eroi.

Il vero «mostro»? La meraviglia italiana

La meraviglia per lo zelante intervento svizzero, lo stupore provocato dalla storia inviata via e-mail da un lettore oltre confine, dimostra la nostra assuefazione.

Il cittadino napoletano (italiano) è impreparato ad un’azione di ordinaria manutenzione pubblica, indice di efficienza e fiducia verso le Istituzioni: una mamma preoccupata chiede l’intervento dello Stato per rimuovere un potenziale pericolo e lo Stato interviene prontamente, annulla la minaccia, restituisce il bene comune alla cittadinanza.

E’ una vicenda normale (nel resto del mondo).
Perché noi italiani/napoletani ci stupiamo?

Questa storia, in Italia come sarebbe finita?

Nel giardino pubblico tricolore, il cittadino avvista il ramo penzolante e chiama i pompieri.
Dopo vari tentativi, al 115 rispondono: al momento non ci sono squadre disponibili.
A fine giornata, giungono i Vigili del Fuoco, isolano l’albero e vanno via.

Di più non possono: la burocrazia impone loro di stilare una relazione da consegnare all’ufficio competente che, al momento, è chiuso per mancanza di personale.

Dopo vari giorni di inoperatività, il cancello d’ingresso del parco viene sbarrato ed un avviso scritto a mano (su carta non intestata) informa che occorrerà verificare lo stato di tutti gli alberi presenti.

Le associazioni di cittadini, incavolate, protestano.

Il Comune emette un comunicato scarica barile: la responsabilità è della Soprintendenza e della Provincia.
Quest’ultimo ente, però, in teoria non esiste e non può rilasciare il certificato di agibilità.

Trascorrono mesi, il parco rimane non accessibile mentre l’insaziabile burocrazia divora carte, timbri ed autorizzazioni.

Un bel giorno di primavera giungono i Vigili del Fuoco: come i loro colleghi svizzeri, impiegano cinque minuti per potare l’albero ferito.
Rimettono in sicurezza il giardino che verrà riaperto due settimane dopo: mancava l’ultima firma dell’impiegato in ferie.

(la versione italiana può variare da città in città ma nasconde un’amara verità)


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La barca a vela dei miei sogni [FOTO]

Dalla spiaggia osservo la piccola barca a vela solcare le onde del mare.
Affascinante» commento invidioso e – come in un film – d’improvviso mi ritrovo proprio su quella’imbarcazione.

Il sogno …

Timone alla mano scavalco i frangenti azzurri e disintegro la schiuma bianca dell’oceano ribelle.
Infinite gocce di mare colpiscono il volto abbronzato da mille navigazioni mentre stormi di gabbiani inseguono la scia che si apre dietro il leggero natante.
Protetto dal giacca impermeabile e dagli occhiali da sole, con un ghigno beffardo continuo la corsa verso la libertà.

Una barca a vela solca le onde del litorale domitio

… oppure l’incubo

Il mal di mare mi paralizza.
Abbracciato al palo della vela, non oso guardare i frangenti azzurri del mare agitato.
Precise come un orologio, fastidiose gocce d’acqua colpiscono il mio volto arrossato privo della giusta dose di crema solare.
Odiosi gabbiani svolazzano intorno all’imbarcazione come gli avvoltoi intorno alla preda.
Sudato per la paura e per la pesantezza della giacca impermeabile, con gli occhiali bagnati emetto l’ultimo grido di sofferenza in attesa di toccar terra.

La realtà

La pallonata di un giovane calciatore sul bagnasciuga del litorale domitio mi riporta alla dura realtà.
«Scusi» farfuglia il maleducato campione ricoperto di tatuaggi.
«Figurati» replico indifferente.

Tolgo i granelli di sabbia dalla spalla appena colpita, smartphone alla mano, immortalo la barca a vela dei miei sogni.

«Utilizzerò lo scatto per il mo sito» osservo mentre un ghigno beffardo si fa spazio sul volto abbronzato da mille lotte contro i «mostri» moderni.

Di più non posso fare.
Per ora.

La gioia (in una foto)

Non importa il luogo, l’età ed il tempo.

Questo scatto (rubato) rappresenta la gioia di un bambino che ritrova il primo mare di stagione, la purezza e l’entusiasmo innocente, lo spazio infinito, il senso di totale libertà, le onde che si infrangono sulla riva, la sfida per evitare di essere bagnati dalla freschezza dell’acqua.

Il mare, il gioco di fantasia senza tempo per i bimbi di ogni angolo del mondo.

Ecco, nonostante non volessi, ho spiegato questo (mio) scatto a parole anche se sono conscio che la fotografia non si misura con una didascalia ma delle
emozioni che suscita.

E a me, questo scatto emoziona 🙂

la gioia di un bimbo che riscopre il primo mare di stagione

Napoli, quel magnifico mosaico di via Salvator Rosa

Il murales di Salvator Rosa

Il murales a via Salvator Rosa (nei pressi dell’omonima stazione della metropolitana napoletana) sovrasta la parete del palazzo.

Quante volte l’ho osservato con curiosità?

Scruto e cerco di carpire il messaggio: una maestosa divinità femminile seminuda con un piccolo omuncolo come cappello.
Quale misterioso significato cela?
L’arte non va spiegata razionalmente, mi basta recepire l’emozione che suscita il quadro.

L’autore: Ernesto Tatafiore

Pensavo ad un’opera di importanza minore, invece, dopo la pubblicazione della foto nella simpatica e preparata community di Google+ Napoli image Naples, dai commenti degli utenti scopro che trattasi di un mosaico in vetricolor realizzato nel 2000 dell’artista Ernesto Tatafiore.

Viva il web, viva la cultura.
A voi lo scatto.

Salvator Rosa, Napoli: mosaico di Ernesto Tatafiore


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