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Tag: vittoria

L’Italia di Conte: operaia e vincente (ma inguardabile)

La Nazionale più scarsa degli ultimi 30anni

Le vittorie non modificano l’opinione: l’Italia di Conte è brutta da vedere.

Il sudore dei mediocri per ovviare alla scarsità di talento: i complimenti (incerti) finché si vince, le critiche alla prima sconfitta cadranno giù con la stessa violenza di una grandinata d’estate.

E faranno male.

Come tutte le verità che preferiamo nascondere per evitare la dura realtà: l’Italia di Conte è la Nazionale di calcio più scarsa degli ultimi trent’anni (per un indecoroso confronto con Pellè&Company, occorre risalire all’apatica italietta di Messico86).

L'Italia di Conte: la peggiore Nazionale degli ultimi 30 anni

L’Italia di Conte: una squadra di operai

Gli operai azzurri non vanno oltre uno schema lineare (non posseggono i mezzi per inventare) ed una poderosa corsa.

Lodiamo l’impegno come il professore che, conscio dei limiti dello studente, lo promuove: non raggiungerà mai la vetta, accontentiamoci del livello medio.

Lorenzo Insigne, il futuro 10

Thiago Motta porta il dieci come una croce: la sua via Crucis durerà il tempo di #Euro2016 dopodiché sparirà dai radar azzurri.

Un reset al contismo e la nuova Nazionale partirà dall’unico talento italiano: Lorenzo Insigne.

Al campione del Napoli sarà assegnata – con merito – il dieci: fantasia, assist, invenzioni, tecnica, punizioni, colpi da biliardo.
Addio al grigiore, la prigione tattica di Conte smantellata dalla fantasia del fuoriclasse di Frattamaggiore, il pugno di ferro del Generale sconfitto dall’entusiasmo e dall’emozione, linfa vitale dello sport.

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La nuova Nazionale

Intorno a Lorenzo Insiegne girerà una squadra di giovani: ringraziamo Buffon, da domani in porta Perin o Sportiello; titolari inamovibile Florenzi e Bernardeschi – tecnica e fantasia – addio a Chellini, De Rossi, Eder e Pellè, cancellati dalla lista Sturaro e Ogbonna (panchinari nelle loro squadre).

Forse non vinceremo, forse subiremo sconfitte cocenti.
O forse no.
Sicuramente torneremo a sorridere e divertirci nel veder giocare la nostra Nazionale.


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La reazione del tennista

Tennis, sport di vita

Non sono mai stato un asso del tennis, lo possono confermare i miei avversari che – in più di vent’anni di onorata carriera – ho affrontato senza troppe pretese.

I risultati parlano chiaro: giocavo solo per divertimento ed ho appeso la racchetta al chiodo quando il piacere di sudare sulla terra rossa è divenuto prima sforzo e poi noia.

Il tennis, però, mi ha forgiato il carattere: è uno sport singolo e come tale insegna a contare solo su se stessi, riflettere, incoraggiarsi, mormorare tra sé e sé per ritrovare la concentrazione perduta.
Inoltre, presenta una peculiarità unica nel suo genere: il tuo avversario per batterti deve necessariamente chiudere l’ultimo punto.
Anche se conduce 6-0, 6-0, 5-0, 40-0 con servizio a favore ed innumerevoli match-point, la partita non termina finché non completa i tre fatidici set.

E nella storia di questo nobile sport, quanti incontri apparentemente impossibili poi sono stati teatri di epiche rimonte e memorabili vittorie?

Non serve disturbare il re delle statistiche sportive, il mitico Rino Tommasi per rispondere … io stesso ho assistito a tanti “miracoli” in diretta tv.

La reazione

Perché il vero tennista ha tra le sue corde un’arma inconfondibile, una tecnica che non ti insegna nessun coach, un colpo naturale che nemmeno gli allenamenti più faticosi possono migliorare, o ce l’hai oppure è inutile provare ad impugnare una racchetta: la capacità di reagire alle avversità.

Non abbattersi mai, nemmeno quando manca un soffio alla fine del sogno, rialzarsi ed iniziare nuovamente a colpire la palla con la giusta grinta, forza e concentrazione.

Così puoi anche perdere l’incontro – dopotutto la sconfitta è parte dello sport – ma dentro di te sei conscio che hai lottato fino all’ultimo senza mai rinunciare.

A quel punto, il risultato non conta più.

La reazione del tennista, insegnamento di vita

foto di repertorio

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