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Tag: papà

Rocky V, polpettone a stelle e strisce o film capolavoro?

Rocky V, papà distratto

Tra un Apollo Creed prima avversario, poi amico-allenatore ed un reganiano «ti spiezzo in due», mi era sfuggito il Rocky-genitore-distratto.

Colmo la lacuna: becco Rocky V nello zapping serale mentre fuori impazza la tempesta.
Vento e pioggia, meteo perfetto per godersi un film dopo cena.

La stanchezza avanza, cerco trasmissioni leggere per non cadere tra le braccia di Morfeo nei successivi nove minuti.

Riconosco subito la musica, le note di Gonna fly now mi inchiodano sul divano.
Getto il telecomando, salgo sul ring ed all’ultimo fotogramma sono ancora arzillo.

Rocky V, film cult

Rocky V, l’ultima battaglia (da genitore)

Il regista indugia sugli occhi della tigre, lo sguardo cruento, la voce profonda di Ferruccio Amendola imprime la scena nella memoria.

Il vecchio, indomito Rocky combatte l’ultimo match contro Tommy Gunn, l’allievo traditore.
Per riconquistare il rapporto col figlio, trascurato per allenare il giovane boxer e rivivere, attraverso le vittorie del suo pupillo, la gloria passata.

Scena cult1: «Il mio ring è la strada»

Rocky accetta la sfida.
Non sul ring – come vorrebbe lo show business per speculare sul Campione mai dimenticato (anche se, il nostro eroe non naviga nell’oro).
Per strada, dove tutto è iniziato.

Il Rocky-papà vincerà la battaglia più importante?
Riconquistare la stima del figlio per essere un genitore attento e presente?

Scena cult2: «Toccami e ti denuncio»

Altra scena cult: il colpo del KO al «mostro».

Non può bastare una semplice minaccia di querela per fermare lo Stallone Italiano.
Un fendente ben assestato e la sanguisuga vola al tappeto.

Segue standing ovation del quartiere con benedizione del parroco, la sete di giustizia del pubblico è appagata.
Il provocatore è servito.

E’ proprio vero: il genitore è il mestiere più difficile del mondo.
Anche per Rocky Balboa 🙂


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Perchè guardare The Young Pope, il giovane Papa blasfemo

The Young Pope, il Papa fumatore

E se il prossimo Papa fosse un uomo assetato di potere?
Le prime puntate della serie tv in onda su Sky Atlantic conquistano la mia attenzione.

Perché Paolo Sorrentino è geniale.
Il Vaticano osservato dall’interno, spogliato dei soliti stereotipi ed i difetti dei suoi personaggi vivisezionati.

I dialoghi vanno assaporati, l’ironia di un superbo Silvio Orlando catturata e conservata con cura, le invettive di un demoniaco Jude Law masticate con dovizia, ingoiate.
Ma, probabilmente, indigeste.

The Young Pope, il Papa che stupisce

Il Papa miscredente

Fuma, minaccia, urla.
Comanda un miliardo di cristiani.
E’ bello, affascinante, sportivo.
Arrabbiato col mondo, ama il Potere e le sue parole sono frustate: il credente deve temere Dio, la Chiesa non perdona ma incute paura.

E’ Papa Pio XIII, il primo pontefice americano della Storia.
Ed anche il più giovane.
Ma dalle idee anacronistiche.

The Young Pope catapulterà la Chiesa ai tempi delle crociate oppure verrà fermato in tempo dal Divino? (o, più volgarmente, dai poteri forti romani?)

Al telecomando la risposta.
Dopotutto manca poco al gran finale: sono solo dieci puntate.
Purtroppo.


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Con mio figlio al San Paolo, perchè il vero calcio è allo stadio

Calcio e pay-tv

Una recente indagine svela l’ignoranza di molti bimbi metropolitani: «le uova si sviluppano sui banconi del supermercato» è una delle risposte più gettonata.

Tra televisione, videogames e realtà virtuale l’infanzia ignora gli sporchi processi del mondo reale e la distanza tra la ciò che si «tocca» ed i fotogrammi trasmessi da un monitor aumenta di generazione in generazione.

Lo stesso ragionamento vale anche per il calcio e su come viene “percepito” l’evento sportivo dai più piccoli.

Assuefatti alla poltrona del salotto, i pargoletti guardano le partite col telecomando tra le mani ignorando la vera atmosfera che circonda la gara.
Tra spot pubblicitari, i commenti pilotati dei telecronisti e le riprese ipertecnologiche ma pur sempre limitate del tubo catodico, lo spettacolo agonistico si riduce ad reality show.

Il sudore e la fatica degli atleti non è colto, le voci dei tifosi filtrate dai microfoni ed i colori dello stadio depurati dai cameraman della pay-tv.

Al San Paolo per Napoli Lazio

Prima che sia troppo tardi, decido di rompere questo ciclo vizioso e – alla tenera età di sei anni – giunge il battesimo per mio figlio: tutta la famiglia al San Paolo per Napoli Lazio!

Napoli Lazio, la prima volta di mio figlio al San Paolo

Tripletta di Higuain!

All’ingresso del settore “Family”, osservo gli occhi del mio pargoletto non appena  intravede il prato verde: lo stupore è evidente e la gioia emerge sul suo viso innocente.

Le due squadre ci regalano una domenica con gol ed adrenalina pura: prima lo svantaggio azzurro, poi il fantasmagorico pareggio di Dries Mertens ed infine la fenomenale tripletta del Pipita-Higuain.

Novanta minuti di sentimenti ancestrali: il coinvolgimento emotivo è spontaneo, le nostra urla si confondono con lo sfogo degli altri tifosi, la disperazione per il gol subito che – nello stesso istante – gela tutti gli spettatori ed il salto dal sediolino dei cinquantamila del San Paolo al missile del folletto belga.

Il rito del panino prima dell’inizio del match, la musica e la coreografia delle curve, il caffè borghetti, il papà che abbraccia il figlio, lo strepitare contro l’arbitro, la sensazione di svuotamento al triplice fischio finale.

La sofferta vittoria è giunta, possiamo tornare a casa stanchi ma soddisfatti.

Per mio figlio – come fu per me e per ogni altro bimbo amante del calcio – la prima volta allo stadio è indimenticabile.
«Papà, torniamo un’altra volta?» chiede felice.
Missione compiuta, il telecomando è già un lontano ricordo.

Napoli Lazio, la prima volta di mio figlio al San Paolo

 


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L’inquilino violento fermato con la violenza

Le violenze del vicino

Il mio vicino di casa è un violento.
Anche se non ho le prove, sono convinto che picchia la moglie e maltratta i figli. Inoltre, non rispetta nessuna regola del vivere civile e distrugge il bene comune.

Ho la certezza che non paghi nemmeno le rate condominiali e tra le quattro mura realizzi abusi di ogni tipo.
Siamo tutti d’accordo, è un tipo disumano ma non sappiamo come fermarlo.

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La denuncia, nessun esito

Ho denunciato questo «mostro» all’amministratore che – con la tipica, odiosa calma dei burocrati – gli ha inviato (tardivamente) una prima lettera di ammonimento alla quale non é seguito nessun ravvedimento.

Le azioni malefiche del folle continuano indisturbate.
Sollecitato, è intervenuto anche il parroco del rione; i suoi appelli di pace e gli inviti alle preghiere sono stati raccolti dai credenti ma ben presto sono caduti nel dimenticatoio senza nessun effetto pratico.

Dopo un anno di inutili tentativi, nulla è cambiato ed il delinquente continua a maltrattare la famiglia ed agire indisturbato nel suo torbido privato.

Violenza contro la violenza?

Nessuna azione diplomatica ha bloccato il «mostro» ed oggi – in una infuocata riunione – l’intero condominio si chiede combattuto: è giusto utilizzare la violenza per fermare la violenza?

I falchi spingono per l’intervento del poliziotto di quartiere, un tipo abituato a riportare la giustizia con ogni mezzo.
Pur di raggiungere l’obiettivo, non esita ad usare le manieri forti: “il fine giustifica i mezzi” è la sua ineluttabile regola.
Se necessario è autorizzato anche all’uso delle armi (in questo caso, però, la responsabilità è solo sua e noi persone per bene  lo lasciamo operare indisturbato preferendo non sapere).

Le rassicurazioni giungono puntuali: «l’intervento sarà breve e senza traumi per il condominio» promette il nostro giustiziere solitario.

Le colombe sono in minoranza e – soprattutto – sconfitte dai fatti: nessuna azione pacifica ha avuto successo, non esistono alternative all’uso della forza.

Il poliziotto può agire, con buona pace di tutti.

Guerra in Siria: la violenza fermerà la violenza?


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