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Tag: dottore

Dal dentista, il tweet perfetto

La sala d’attesa, luogo di pentimento

Con trepidazione crescente, attendo la convocazione.
Lo smartphone è morto, non c’è campo.

Giocherello con Whatsapp, guardo le foto dei contatti e leggo lo stato.
Mio cugino cita una frase storica di Nelson Mandela: «un vincitore è solo un sognatore che non si è mai arreso», un’amica ricorda il fascino della lettura: «un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso» (Daniel Pennac).
La fantasia e la tecnologia, un binomio vincente.

La sala d’attesa è vuota, il prossimo condannato sarà il sottoscritto.
La pausa forzata sprona, l’ambiente invita a riflettere.

Dal dentista, l'attesa genera il tweet perfetto

Le riviste del secolo scorso

Depongo il cellulare.
Dal tavolino posto vicino le poltrone, estraggo una rivista dal mazzo.

Elisabetta Gregoraci incinta beccata dal paparazzo mentre è in posa sullo yacht di famiglia, Belen mostra le grazie al mondo con la dovuta timidezza, una donna confessa di essere l’ennesima miracolata di Padre Pio, una ex pornostar illustra la sua nuova vita da suora di clausura.

Perché i dottori non si abbonano a riviste intelligenti?
E per quale mistero le sale d’attese sono zeppe di giornali del secolo scorso?

La tortura ha un prezzo (alto)

Tocca a me.
Percorro il corridoio illuminato dai neon bianchi, la giovane segretaria con un cenno gentile mi invita ad entrare nella sala delle torture.
Varco la soglia, la porta si chiude, restiamo solo io ed il crudele dentista.

Il piccolo «mostro» sarà debellato in trenta minuti, la carie non può nulla contro le armi appuntite del torturatore.
«Operazione conclusa con successo, nulla di grave, ci vediamo fra un anno» sentenzia l’odontoiatra col sorriso di chi sa il fatto suo.

Passo alla cassa, il funerale al piccolo «mostro» costa caro.
Torturato e felice scappo via desideroso di addentare una zuppa di lenticchie (meglio non rischiare).

Il tweet perfetto

Un tweet generato dall’estenuante attesa sintetizza per i posteri (pazienti) l’emozione del momento.

ASL, la lista d’attesa che guarisce l’otite

ASL, i tempi d’attesa

15 maggio 2014
«Deve consultare uno specialista» sentenza il medico di base oramai più passacarte che dottore.
«Ma mentre prenoto la visita all’ASL passerà un’eternità» obietto sconsolato.

Otite, la visita dopo 12 giorni

Da qualche giorno una fastidiosa otite assilla il mio orecchio sinistro e la morsa del dolore non accenna a diminuire.
Dalla farmacia (adibita alla prenotazione) confermano le mie perplessità: la prima data utile è fra dodici (12) giorni.

Dodici giorni possono essere un nonnulla oppure un tempo infinito, dipende dal problema.
Per un mal di denti e per un’infiammazione dell’orecchio dodici giorni di attesa sono insostenibili.

«E secondo Lei, come resisto fino al 27 maggio?» chiedo all’addetto.
«Aerosol e tachipirina 1000» risponde asettico il mostro.

Inizio la cura: rinowash mattina/sera ed, in caso di difficoltà, il miracoloso paracetamolo per placare le sofferenze.
Armato della pazienza di Giobbe, vedo avvicinarsi la data della visita.

L'otite e la lista d'attesa all'ASL

La Sanità pubblica ti spinge verso il privato?

Sempre più dubbioso, mi chiedo a cosa serva una Sanità con servizi inutilizzabili. Difatti, le liste d’attese spingono il cittadino verso gli specialisti privati ed i costi sono quasi equivalenti alla tariffa di un luminare (tra superticket e prima visita, il controllo all’ASL costa 38€).

Un imprevisto: ASL, 22 giorni d’attesa

Purtroppo l’inefficienza della burocrazia abbatte anche il più forte dei tenaci e dopo qualche giorno ricevo la stupefacente telefonata di uno zelante impiegato dell’ASL.

Dopo le dovute presentazioni, chiede la conferma: «buongiorno, Lei ha prenotato la visita otorinolaringoiatria per il 27?».
«Sì, esatto» rispondo mentre un vortice di domande mi balena nella mente.
«L’informo che il dottore non è disponibile per quella data, dobbiamo spostare l’appuntamento al 6 giugno» afferma gelido.

Impiego qualche istante per comprendere, poi – ingoiato il polpettone indigesto – esplodo: «e secondo Lei io dovrei aspettare ancora altri dieci giorni? Alla fine, per il mal d’orecchio, devo attendere tre settimane??? Ma è normale???» urlo spazientito.
«Il mio compito è informarla, certo ha ragione» si giustifica l’anonima voce.
«E non c’è un altro dottore per una sostituzione?» reclamo senza speranza.
«Ovviamente no» sentenzia l’ignavo impiegato.
«Voglio protestare! A chi devo rivolgermi? Comunque, nel frattempo, sono pure guarito quindi mi cancelli da questa ridicola lista d’attesa» concludo forte della mia rabbia.
«Si rivolga al direttore del distretto» e proclama il The End all’ennesimo film dell’horror.

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The End: 25 giorni d’attesa

Se la Matematica non è opinabile, con l’otite in corso, avrei dovuto attendere venticinque (25) giorni per una visita otorinolaringoiatria all’ASL.

I più resistenti guariscono da soli, i mollaccioni pagano e si rivolgono ai privati: deve trattarsi di un innovativo piano del Ministero per ridurre i mostruosi tempi d’attesa della Sanità Pubblica.


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La confessione di un chirurgo estetico ai tempi della crisi economica

Il lamento, lo sport nazionale

Conoscete qualcuno che non si lamenti per le conseguenze della crisi economica?
Il consumatore denuncia l’aumento incontrollato dei prezzi, il commerciante il crollo delle vendite, il lavoratore dipendente le troppe tasse sul cedolino, il libero professionista il controllo eccessivo del fisco.

Ognuno ha il suo capo d’accusa a cui appigliarsi e viste le enormi difficoltà di questo periodo – detto tra noi – le proteste sono fondate e concrete.

I doveri del cronista

Come uomo di stampa, è mio dovere ascoltare e registrare le rimostranze di chiunque ma – prima di essere un (integerrimo) reporter – sono un cittadino: lo spirito mi porta sempre dalla parte dei deboli e la coscienza mi impedisce di solidarizzare con i «mostri», piccoli o grandi che siano.

E’ il caso di Antonio (uso un nome di fantasia), un affermato chirurgo estetico che, dopo aver esagerato con i drink, si lascia andare a sconcertanti confidenze sui problemi delle sue clienti in difficoltà economiche.

 

La confessione di un chirurgo estetico ai tempi della crisi economica

La confessione choc

«Mario, ma hai capito che oggi pure i dentisti si lamentano di un calo del fatturato del 40% rispetto all’anno scorso?» insiste mentre butta giù il terzo bicchiere di vodka alla pesca.

Siamo sulla terrazza di un elegante appartamento di Posillipo con vista sul golfo di Napoli, atmosfera cordiale, ospiti raffinati e compleanno di Antonio al capolinea.

«Certo, in questi tempi da lupi, si riducono le spese considerate superflue» taglio corto.
«Sapessi cosa mi ha chiesto una cliente proprio ieri» continua il dottore mezzo alticcio.

E senza che io possa stopparlo, aggiunge serio: «una tizia vuole rifarsi il seno, capito? Assurdo!» sentenzia con convinzione.
«E che c’è di anomalo nella richiesta? Non è forse il tuo lavoro?» replico annoiato.
«Non hai capito: la signora vuole rifarsi IL SENO, cioè UN SOLO SENO!»

Resto sbigottito: «UN SOLO SENO?» farfuglio.

Cerco di immaginare una donna con una quarta solo nella parte sinistra del torace e non riesco a trattenere una smorfia di repulsione.
«Non ha i soldi per l’intera operazione ma desidera ardentemente rifarsi il seno: il giusto compromesso tra crisi economica e voglia di normalità» conclude il dottore tornato professionale per un attimo.

Vado via perplesso con un quesito irrisolto che mi gironzola per la testa: la confessione del chirurgo è un sintomo dei nostri tempi assurdi oppure una bufala come questo post?

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