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Manila, di Enrica Orlando: storia di «mostri» e di speranza [RECENSIONE]

Manila, libro estremo 

Manila, di Enrica Orlando, è una storia ricca di «mostri».
I peggiori.
I «mostri» ai qual non puoi sfuggire.
Perché ti perseguitano da dentro.

Un libro duro da leggere.
Conversazioni spietate che spiazzano per crudezza e degrado (morale e fisico dei personaggi ).
La disperazione porta ad azioni disumane e la brava Enrica Orlando, con uno stile asciutto (e spesso volgare), sbatte in faccia al Lettore il lato più oscuro dell’animo umano.

Quello che vorremmo dimenticare ed, invece, è solo celato dietro l’angolo di ogni coscienza.

Manila, di Enrica Orlando, la mia recensione

Manila, quante volte sei morta?

Manila suscita sentimenti opposti: la detesti quando si autodistrugge, sorridi per l’ironia con la quale affronta i drammi del destino, entreresti nelle pagine del libro pur di aiutarla.
Infine, l’ abbracceresti per augurarle un po’ di meritata felicità.

Personaggi estremi, contesto fatiscente, legge della sopravvivenza, periferie sporche ed abbandonate.
Cancellazione di ogni briciola di umanità.
Come in una guerra.
E l’inevitabile caduta negli inferi.

Eppure, anche nel buio più assoluto, nei peggiori inferni metropolitani, la forza della vita trova e si aggrappa a quella mano tesa, pronta ad aiutarti.

Manila non lascia indifferenti.
E, per un’artista, è il miglior complimento. 
Per questo va letto.

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Vulimm ‘o post

Una leggendaria manifestazione

La piazza è gremita di disoccupati.
Sono presenti tutte le sigle, da quelle «storiche» ai nuovi comitati sorti come funghi per tutelare i recenti licenziamenti.

Sfilano lungo le vie cittadine, volano grida di sdegno e fischi contro le Istituzioni.
Nella nostra terra, la disperazione di chi perde il lavoro è un sentimento atavico, merce preziosa per i padroni della politica.

Dalle ceneri della grande industria nasce l’esercito degli ex lavoratori.
Il corteo raccoglie donne ed uomini di ogni età, giovani che, dopo pochi anni dall’assunzione, già combattono per non perdere il posto.

Lo slogan

Giunti sotto la sede della Regione, l’urlo dei manifestanti è unisono: «vulimm’ ‘O Posto, vulimm’ ‘O Posto!».
Dipendente del Comune, bidello, segretario di scuola, postino in una amena località, impiegato in un qualsiasi ufficio della Regione, spazzino per una dimenticata partecipata di un ente statale … tutto purché ci sia la sicurezza del domani.

«O Posto» si traduce, dunque, in un’assunzione nella Pubblica Amministrazione.

Vulim o post, i precari di oggi

L’opportunità

Un uomo si avvicina ad un manifestante.
«Senta, cerco una persona con voglia di lavorare, disposto agli straordinari e abituato alla fatica» chiede convinto l’imprenditore.
«E tra tanta gente, venite proprio da me?» risponde il disoccupato e ritorna ad urlare lo slogan «vulimm’ ‘O Posto, vulimm’ ‘O Posto!».

Epilogo

Questo racconto risale alla mia adolescenza, più o meno all’inizio degli anni ottanta.
Sta di fatto che non posso confermare l’episodio (e nemmeno smentirlo).

Forse si tratta solo di una leggenda folcloristica però racchiude delle amare verità: la mancanza di lavoro cronica nel sud Italia, la cultura dell’assistenzialismo, una parte della società che si «arrangia», l’abuso degli ammortizzatori sociali, la protesta indiscriminata, i «mostri» generati dalla malapolitica, le opportunità mancate.

Sono trascorsi decenni e gli unici due elementi anacronistici di questa fanta-leggenda-napoletana suppongo siano l’uomo che offre lavoro ed il rifiuto del presunto disoccupato.
Tutto il resto, è ancora (triste) attualità.

Pronto Soccorso, il film dell’horror inizia al crepuscolo

Location: sala d’attesa del Pronto Soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli

Trama: disperazione dei bisognosi e richiesta di assistenza di chi necessita di cure mediche immediate.
Cast: uomini invisibili, nessuna prima donna, dottori ed infermieri coraggiosi, malati di gravità diverse (dalla mamma infortunatasi in casa fino all’incidentato grave)
Spettatori: parenti ed amici degli ammalati.

Pronto Soccorso, scene di ordinaria follia (sociale)

Con il calare del sole emerge il mondo sommerso

Persone bisognose, uomini indigenti, essere umani soli ed abbandonati, individui sprovvisti di tutto alla ricerca disperata di un riparo per la notte.

Il Pronto Soccorso è il luogo nel quale converge l’esercito di nullatenenti che vivono ai margini delle nostre città, una moltitudine di povera gente dimenticata dalla cosiddetta «società civile», sfortunati a cui è negata ogni forma di assistenza (sanitaria e non) costretti a rifugiarsi nella sala d’attesa dell’ospedale.

Un film che si ripete ogni giorno

Amare considerazioni, verità palesi e scene di ordinaria sofferenza tratte da un drammatico film (vietato ai minori) a cui ho assistito questa notte e che, temo, vada in onda al crepuscolo di ogni santo giorno.

Alle Istituzioni il compito di cambiare questo inquietante palinsesto, a noi testimoni sporadici la rabbia per l’indifferenza della politica ed i dilaganti tagli alla spesa pubblica.
Perplesso mi interrogo:

possibile che anche i servizi minimi necessari alla collettività debbano sottostare alle regole dell’economia?


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