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Tag: carcere

Francesco, l’uomo che mi salvò la vita. Per due volte.

Quegli eroi silenziosi

La vicenda narrata è vera.
Francesco, invece, è un nome di pura fantasia utilizzato in questo post per tutelare l’anonimato del mio salvatore.

Francesco, come tutti gli eroi invisibili, vive dietro le quinte e non ama le luci della ribalta.
Opera in modo silenzioso, compie il suo dovere senza mai un lamento ed, in alcuni casi, compie gesta straordinarie.
Per dileguarsi, subito dopo, tra le ombre dell’anonimato.

Al sottoscritto, cronista per caso, il dovere di riportare due episodi nei quali Francesco è protagonista.
Grazie al suo intervento, lo scrivente può (ancora) raccontare la vicenda ai posteri.

Francesco e gli eroi invisibili: l'uomo che mi salvò la via per due volte

Il primo salvataggio

Bloccato nel bagno dell’ufficio, guardo sconsolato le pareti della gabbia.
La serratura inceppata, giro e rigiro ma la porta non si apre.

Osservo il rotolo di carta igienica attaccato al muro, con un gesto meccanico abbasso il coperchio della tazza del water.
L’igiene va perseguito, anche nei momenti di emergenza.

Lo spazio ristretto annebbia le idee.
La claustrofobia ben presto scende nel piccolo loculo.
Come posso uscire?
Passato i minuti e nessuna voce amica intercetta i rumorosi tentativi di evasione.

Rassegnato, mi accomodo sul water-sedia.

«C’è qualcuno chiuso nel bagno?»
Quanto tempo sarà passato?
Un minuto ? Mezz’ora?

La voce di Francesco riaccende la speranza.

Con un cacciavite, il mio salvatore forza la serratura del bagno-prigione e dopo pochi minuti sono un uomo libero.

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Il secondo salvataggio

Esco dall’ascensore e la reception – stranamente – è al buio.
Il portiere è andato via, ha staccato la luce, chiuso le porte d’ingresso/uscita del palazzo (scoprirò poi di aver preso l’ultima corsa che riporta l’ascensore al piano terra prima dello stop programmato fino alla mattina successiva).

Le cinque e mezza del pomeriggio, quasi tutti i colleghi sono andati via.
Stavolta il sottoscritto è prigioniero nella sala d’ingresso del palazzo dove risiede l’ufficio.

Mi muovo come un leone in gabbia.
Pigio il bottone per richiamare l’ascensore.
Nessuna risposta.
Il cellulare – ovviamente – non ha campo.
Tutto tace.

Guardo intorno, il luogo familiare attraversato ogni giorno, ora è ostile.
Perplesso, rovisto dietro il bancone del custode.
Non trovo attrezzi utili per la fuga.

Dalla vetrata, osservo lo spazio vuoto davanti l’ingresso.
Nessuna anima viva.
Silenzio assoluto.
La serata cala rapidamente mentre resto prigioniero nella reception bloccata.

«Che ci fai là dentro?»
Quanto tempo sarà passato?
Un minuto ? Mezz’ora?

Qualche telefonata, l’attesa, il recupero delle chiavi e ritrovo l’agognata libertà.

A distanza di quattro anni dal primo salvataggio, è sempre Francesco a tirarmi fuori dai guai per la seconda volta.

Il lavoro oscuro degli eroi invisibili

Chi è Francesco?
Francesco esiste per davvero, lavora nel mio ufficio ma non è un collega.
E’ il tuttofare: ripara ciò che si rompe, coordina la logistica, consegna i pacchi, sposta i computer …
Se desiderate conoscerlo – e se lo trovate libero da impegni – chiedete in giro, lo conoscono tutti.

A distanza di anni, ringrazio Francesco con questo post.
A lui – e tutti gli eroi invisibili che non saranno mai premiati con una medaglia pubblica – la mia riconoscenza.

Francesco, senza il tuo prezioso intervento, per il sottoscritto, il mondo sarebbe una vera prigione 🙂


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Il carcere, il reparto ostetricia della camorra: due esempi significativi

Dietro le mura del carcere di Poggioreale

Che succede dietro al muro di Poggioreale?

Dalle finestre dell’ufficio, con lo sguardo attento, intercetto quel luogo sinistro impiantato nel cuore di Napoli, a ridosso del Centro Direzionale.
Osservo quel pesante muro alto come il primo piano di una casa, poi salto nelle celle scure come la notte.

La domanda resta sospesa nell’aria: il carcere è un luogo di redenzione?

Il carcere di Poggioreale

Il camorrista, un film di Giuseppe Tornatore (1986)

Bloccato da un fastidioso mal di schiena di inizio anno, sdraiato sul divano, mi concedo uno zapping pomeridiano.
Il camorrista di Giuseppe Tornatore, attira la mia attenzione.

Il film risale a trent’anni fa – al 1986 – e descrive l’ascesa al potere criminale del “Professore”.
Ascesa partita dal carcere di Poggioreale.

Il luogo destinato ad espiare la condanna e correggere l’animo umano –  secondo il regista siciliano – diviene il centro dell’organizzazione mafiosa.

Il “Professore” creerà La Nuova Camorra Riformata tra le mura del carcere, sotto lo sguardo distratto delle guardie corrotte, utilizzerà le celle per affiliare i camorristi con un patto di sangue tribale e pianificherà omicidi, alleanze, strategie criminali.

Dalla prigione.

Ben Gazzarra è il Professore nel film "il camorrista" di Giuseppe Tornatore (1986)

Storia della camorra, di Vittorio Paliotti

Vittorio Paliotti (scrittore e giornalista), autore dell’interessantissimo Storia della camorra, riporta il rito, presente da sempre nelle carceri napoletane, dell’olio per la Madonna.

In ciascuna stanza delle varie carceri, pendeva da una parete, un quadro della Vergine, costantemente illuminato, davanti al quale i camorristi, anche i più feroci, si inginocchiavano ogni mattina ed ogni sera […]
La tassa per l’acquisto dell’olio con cui tenere acceso il lumino dinanzi al quadro, aveva un carattere simbolico. Il nuovo venuto, nel momento stesso in cui pagava, accettava anche di lasciarsi sfruttare per tutto il tempo in cui sarebbe rimasto in carcere […]

Insomma, il principio dell’olio della Madonna rappresentava la conferma dell’autorità mafiosa all’interno del carcere.

Questa usanza, secondo il Paliotti, risale a tempi antichi.

E non solo il Regno d’Italia ma anche la Repubblica Italiana subirà, proprio nelle carceri, i maggiori attacchi dalla camorra carceraria.
Il boss Raffaele Cutolo, fin dalla metà degli anni Settanta, imperò sulla Nuova Camorra Organizzata da una cella di un carcere di massima sicurezza.

Ed il cerchio si chiude.

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Il carcere oggi

Il mal di schiena non mi abbandona, il divano inizia ad essere scomodo.
Mentre cerco la posizione migliore, il canale salta ed Il camorrista di Giuseppe Tornatore scompare nell’instabilità del digitale terrestre.

Poco male, il film viene riproposto con insistenza, lo recupero domani.

Mi alzo dal divano con la fatica di chi deve sollevare duecento chili sulla schiena.

Mentre mi riprendo, nella mente viaggia l’amara riflessione: le due testimonianze sono prove storiche di ciò che accadeva ieri, oggi, invece, dietro le mura del carcere di Poggioreale, cosa succede?


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Il muro di Poggioreale

Il confine tra il Bene ed il Male

Un pesante muro alto come il primo piano di una casa.
Scuro, massiccio, sverniciato, vecchio, si estende per centinaia di metri.
Divide il mondo dei vivi dall’inferno.

Al di qua del muro

Il tempo scorre veloce: il solito caotico traffico cittadino, impiegati sempre di corsa, uffici-arnie incastrati in torri e grattacieli, open space luminosi ed affollati, veloci pause pranzo consumate tra i mille ristorantini dalle offerte cattura-cliente, bimbi che tornano a casa ed impugnano la mano sicura della mamma, studenti innamorati che marinano la scuola per rubare baci d’amore dopo un «per sempre» convinto.

Al di qua del muro, scorre la vita di ogni giorno.

Osservo il muro di Poggioreale ...

Osservo il muro di Poggioreale …

Al di là del muro

Casermoni degradati con cento celle oscure.
Alveari silenziosi senza via d’uscita.
Buchi neri dietro i quali non battono segnali vitali evidenti.
La parte oscura dell’animo umano.
Luoghi di non-spazio.
La prigione dei «mostri».

Al di là del muro, il carcere di Poggioreale

La finestra su Poggioreale

Dalle finestre dell’ufficio, intravedo i due mondi contrapposti: il muro separa la società civile dal regno dei dannati.

Osservo con angoscia e mi domando perplesso: questo luogo sinistro impiantato nel cuore di Napoli, guarirà le coscienze sporche di chi ha sbagliato?

Tra l’indulto di ieri e di oggi, il quesito (ingenuo) resta irrisolto

L’indulto non è la soluzione

Nel luglio 2006 l’allora Ministro della Giustizia Clemente Mastella promuoveva l’indulto (governo Prodi).

A distanza di sette anni ritorna la stessa (discutibile) soluzione e le motivazioni di oggi sono le medesime di ieri: «le carceri italiane non sono degne di un paese civile», «il Parlamento deve risolvere il dramma del sovraffollamento», «condizione umiliante e violazione dei princìpi sul trattamento umano dei detenuti» …

Negli ultimi sette anni, quanti nuovi penitenziari sono stati realizzati? L'indulto è la soluzione?

La lettera del Presidente della Repubblica

La denuncia è corretta ma incompleta.
La lettera del Presidente della Repubblica al Parlamento sulla questione carceraria, infatti, è monca della dovuta premessa: vista l’incapacità della classe politica italiana, la totale inefficienza dello Stato, l’inettitudine di chi ci governa nel riuscire a programmare un progetto a lungo termine (in qualsiasi campo), l’improvvisazione dei decreti legge a secondo delle emotività del momento, il tirare a campare come modus operandi … in pratica l’assenza totale di una classe dirigente degna di questo nome … occorre svuotare le patrie galere.

I reati (non) gravi

Al mancato mea culpa poi si aggiunge l’inevitabile (beffarda) giustificazione: «la clemenza non è prevista per reati gravi».

L’onesto cittadino rientra a casa e trova l’abitazione svuotata e violentata da un topo d’appartamento: è un reato grave?
Il lavoratore che si spacca la schiena per guadagnarsi da vivere non trova più l’automobile: è un reato grave?
L’eco-delinquente incendia pneumatici nella martoriata Terra dei Fuochi: è un reato ambientale grave?

Zero nuove carceri?

E dunque, come rispondere al quesito dell’italiano medio se – ingenuamente – si domanda interdetto: negli ultimi sette anni, quanti nuovi penitenziari sono stati realizzati?
Zero è una risposta realistica oppure sono io pessimista?


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Sentenza Mediaset, i servizi sociali minacciano: «dateci il Presidente spazzino»

La pena del Cavaliere

Il senatore Silvio Berlusconi, rinchiuso nella fortezza di Arcore, medita sull’inquietante interrogativo che ogni italiano per bene oggi si pone: come espiare la condanna per la sentenza Mediaset?
(i delinquenti si darebbero alla fuga ma non è il caso del Cavaliere, è ovvio).

La reclusione è da escludere: la prigionia dell’ex Premier accenderebbe il riflettore mediatico sul dramma-carceri, una seccatura che meglio fingere non esistere.
D’altronde, lo staff marketing di Forza Italia sconsiglia gli arresti domiciliari: l’isolamento non gioverebbe all’immagine del leader.

Il silenzio, l’assenza di polemiche, l’impossibilità di sparare dichiarazioni senza senso e la privazioni della diretta tv, rischierebbero di far cadere nel dimenticatoio lo showman politico.

Non c’è altra possibilità: Sivlio Berlusconi sceglierà di essere affidato ai servizi sociali.
Ma quale ingrato compito utile per la collettività può svolgere un uomo sulla soglia degli ottant’anni?

La proposta del sottoscritto

Io un’idea ce l’ho e lo spunto emerse durante quella sporca estate napoletana del 2008.
L’allora Primo Ministro – sempre lui – per affrontare l’ennesima nauseabonda emergenza rifiuti, si trasformò nel Presidente spazzino.

Ve lo ricordate?
Scopa in mano, un sorridente ed ottimista Berlusconi raccoglie qualche cartaccia buttata sull’improvvisato set televisivo di piazza del Plebiscito invitando gli spettatori ad una corretta raccolta differenziata.

Sentenza Mediaset, i servizi sociali minacciano: «dateci il Presidente spazzino»

Dov’è il vero spazzino?

Nel mio quartiere lo spazzino è una figura mitologica, quando si materializza viene puntualmente assalito da cittadini indignati con le solite, inutili domande senza risposta.

La scena è sempre la stessa: un gruppo di persone accerchia il netturbino indifeso, una voce incavolata urla il primo quesito complesso quanto il mistero sull’esistenza di forme di vita extraterrestri: «paghiamo fior di quattrini per avere delle strade così sporche?».

Segue la domanda del secolo «perché non viene a spazzare i marciapiedi ogni santo giorno?»

Il povero uomo – un anziano operatore ecologico dal volto affranto – si scusa: «sono solo, gli altri colleghi sono in malattia e non c’è personale disponibile».

La pietà per l’onesto lavoratore placa gli animi, un grido di speranza si alza dal gruppo: «quando tornerà?». 
L’ingenuo netturbino ammette sconsolato: «non lo so, quando mi mandano …», si fa largo tra la folla e continua il suo onesto compito.

Se da metà settembre i servizi sociali di Napoli potranno contare su un nuovo addetto, affidate il Presidente-spazzino al nostro povero netturbino.
Un aiuto se lo merita.


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Processo Mediaset: AAA cercasi carcere per Berlusconi

Le conseguenze del processo Mediaset

La paura per una eventuale condanna a Silvio Berlusconi – imputato al processo Mediaset – pervade il mondo politico.
Tutti a chiedersi stupiti: «veramente il Cavaliere andrà in prigione?».
Bisogna essere previdenti, occorre guardare avanti e chiedersi austeri: quale penitenziario può ospitare l’ex Premier?

Le polemiche tra i direttori delle carceri già impazzano: avere tra i detenuti una star del calibro del Cavaliere può far saltare il già precario equilibrio presenti nelle patrie galere.

La sua sola presenza porterebbe alla ribalta il problema delle carceri sovraffollate, l’inferno segreto di chi vive tra le sbarre, l’impossibilità del recupero sociale del recluso, la tragedia dei suicidi … insomma, i «soliti» drammi ai quali nessuno fornisce risposte e soluzioni (a partire dalle Istituzioni, ovviamente).

La situazione delle carceri è insostenibile

Dal carcere di San Vittore fanno sapere: «al nostro concittadino vorremmo offrire il massimo confort ma le celle-suite sono già tutte occupate dai dirigenti della regione Lombardia, il Cavaliere vada altrove». 

La capitale non è da meno, voci ufficiali ribattono convinti; «approfittiamo dell’estate per i lavori di manutenzione della struttura di Regina Coeli. Al momento siamo chiusi ma riapriamo a settembre».  

Rispondono i matematici di Poggioreale: «da noi, in ogni cella, vivono dieci detenuti. Se ne cediamo una intera solo al Cavaliere come merita, gli altri nove dove li mettiamo?». 

Dalla casa circondariale di Palermo, il famigerato Ucciardone, replicano stizziti: «Cuffaro e gli ex politici della DC occupano già la metà dell’intero edificio. Se ci date pure Berlusconi e poi in futuro Dell’Utri, ci chiameranno Parlamento2 e non ci sta bene».

La soluzione giunge da Pozzuoli

La discussione attraversa l’intero stivale, si susseguono attacchi e provocazioni, il Ministro della Giustizia minaccia le dimissioni «se entro le prossime ore non si trova una soluzione da paese civile quale noi siamo» afferma inviperito.

Dalla generosa Pozzuoli giunge finalmente un’apertura: «la nostra Casa Circondariale sarà felice di ospitare l’illustre galeotto. Nei nostri archivi non mancano nomi celebri, Sophia Loren potrà confermare la bontà del programma di riabilitazione della nostra galera».

Sembra che il Cavaliere abbia già accettato l’invito giunto del carcere femminile napoletano.


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