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Tag: Android

Evernote, per non stressarsi con le password (dimenticate)

L’amnesia post ferie

Dopo il lungo sonno estivo, al primo bip il computer dell’ufficio chiede impassibile la password.

Nessuna pietà per un lavoratore al rientro.
Assente da tre settimane, il reset vacanziero di agosto cancella riti da impiegato e memoria d’ordinanza.

Davanti al monitor, altri rientranti protestano: ancora con la testa in spiaggia, dopo vari tentativi e relativi fallimenti, restano con lo stupore scolpito sul volto e le mani immobili sulla tastiera.
Account bloccato – la medesima espressione sbigottita di fronte al bancomat che si mangia la carta dopo i tre errori del PIN.

Per il sottoscritto, nessun dramma.
Apro il taccuino, leggo la nota.
Addio amnesie: le password dell’ufficio sono scritte, classificate per argomento, pronte alla consultazione.

Ovvio?
Guardandomi in giro, direi proprio di no.

Evernote, per non restar fregati dalle password dimenticate

Evernote, taccuini e note

Un gruppo di taccuini da portare ovunque.
In ogni taccuino, le mille note ordinate e comode da consultare.

Dal computer, con lo smartphone e dal tablet, i cento taccuini ed i mille appunti di Evernote sempre a portata di clic.

Il funzionamento dell’app è intuitiva perché rispecchia la medesima organizzazione della vita reale con l’indubbio vantaggio della dematerializzazione dei taccuini e la facilità di consultazione delle note.

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Tecnologia semplice, tecnologia amica

Prendere appunti, scrivere un post-it, memorizzare le password, ritagliare un pezzo di carta da conservare sono gesti comuni.

Le stesse azioni eseguite con lo smartphone finiscono in Evernote – l’app con la memoria d’elefante – che registra sul cloud taccuini e note.

Elementare Watson?
Forse sì o forse no.

Banale?
Come diciamo dalle nostre parti:

dopo la soluzione tutti i ciucci sono maestri

Registrate il consiglio con un post-it.
Sarà necessario quando non ricorderete più la password per entrare in Evernote 🙂


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Fatbooth, l’app per battere l’obesità

Fatbooth

In vista della prova-costume, consiglio una simulazione con l’app Fatbooth.
Io l’ho provata: il volto ingrassato e le guance gonfiate mi rendono simile a Sherman Klump, il professore di genetica interpretato da Eddie Murphy alle prese con l’obesità (nel film Il professore matto)

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Il messaggio

Eppure, il gioco nasconde un messaggio importante: attenti, la salute parte da una corretta dieta alimentare che non significa rinunciare a mangiare bensì rispettare le giuste regole.
Perché qualsiasi cucina voi decidiate di seguire (vegetariana, vegana, onnivora, …) esiste una verità comune: non esagerare, variare e mangiare prodotti di stagione.

L’esperimento

Scattate una foto a chi volete bene e macinate la sua immagine con FatBooth.
Mostrategli come potrebbe diventare, spaventatelo con l’app cicciona.
D’istinto vi allontanerà con una grassa risata, poi un giorno – d’avanti ad una pizza – vi ringrazierà.

ecco come potrei essere secondo FatBooth


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7 app per distruggere un’amicizia

La tua app preferita (non è la mia)

«Ciao, sono al bar. Mi raggiungi per un caffè? E’ da tempo che non ci incontriamo, così scambiamo quattro chiacchiere».
«Scusami, sono incasinato col lavoro. Hai proprio ragione, ti videochiamo dopo con Tango così ci vediamo?».
«Ma che significa? Vieni di persona, un break ti farà bene visto che dai i numeri».
«Scusami, non volevo metterti in difficoltà. Forse preferisci l’Hangouts di Google?».
«Tu non stai bene, non farti più sentire che è meglio».

7 app per distruggere un'amicizia

L’amicizia non ha app che tenga!

Ma io sono un tipo testardo, credo nell’amicizia, non demordo ed il giorno dopo provo a ristabilire i contatti via Whatsapp.
Nessuna risposta ai miei messaggi (scritti ed audio, con gli smiles e foto allegate).

Provo una free-call con Viber ma lo smartphone presto si arrende al silenzio, spedisco due adesivi spassosi su WeChat e quattro sticker (gratuiti) tramite LINE.
Tentativi falliti.

Non demordo e lancio una sassata via Snapchat.
La manovra di sexting fallisce miseramente: la mia foto si autodistrugge senza mai giungere al destinatario.

Non mi resta che aggiornare lo stato social prima su Facebook e poi – con un astuto copia-ed-incolla – anche su Google+ ed i due account Twitter: «sii sempre disponibile con chi non scarica le app».

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L’app di faCCebook su Playboy?

Io, su Playboy (e non me ne vanto)

L’ammetto, non me l’aspettavo.
Con il lancio dell’app di faCCebook per Android (da scaricare gratuitamente su Google Play) fantasticavo popolarità, ricchezza e fortuna ma non immaginavo certo di divenire il nuovo sex symbol del web e meritare la copertina di Playboy! (e poi, detto tra noi, mi infastidisce non poco balzare agli onori della cronaca per le mie – presunte – capacità amatoriali invece delle competenze professionali).

Tutto è partito da una riflessione elementare: oggi, un sito internet che si rispetti, non può prescindere dal mondo mobile.

La mia prima copertina non autorizzata su Playboy

faCCebook.eu ora è mobile

Era mia intenzione diffondere le denunce contro i «mostri» su qualsiasi dispositivo portatile in ogni angolo del Pianeta: i post letti in metropolitana, nella sala d’attesa degli aeroporti o in spiaggia.

Ovunque vada il Lettore, faCCebook lo segue: articoli, galleria di immagini, fan page e tweet sempre a portata di tablet, l’aggiornamento sull’ultima ingiustizia affrontata e sconfitta sul display del proprio smartphone con un touch.

In pratica, il nostro amato blog sociale in tasca, sempre con noi.

L’attimo dopo la pubblicazione dell’app inizia la pioggia di download, una tempesta virale diffusasi in poche ore dal Giappone agli Stati Uniti (con un picco di accessi in Cina e nei paesi a regime dittatoriale).
L’entusiasmo per il successo inatteso è presto sostituito da una prima, amara considerazione: «I mostri sono ovunque, c’è ancora molto da lavorare».

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La copertina non autorizzata di Playboy

Poi, dopo lo tsunami mediatico l’inaspettata copertina non autorizzata di Playboy.
Figuriamoci se dopo aver rifiutato l’apparizione televisiva nel “David Letterman Show” del sabato sera, negato interviste al “Time” e a “Men’s Health”, declinato gli inviti a patrocinare la sagra del porco in mezza Europa … accettavo di prestare il mio volto per la rivista volgare per eccellenza (casomai troviate la mia faccia su Playboy vi autorizzo a non leggere più i miei post).

Io, insieme alla mia squadra di legali, mi impegno a combattere contro la rivista e chiedere il ritiro immediato di tutte le copie dalle edicole italiane.

Nel mentre, cari amici, oltre a studiare con la solita abnegazione questo numero di Playboy, scaricate l’app di faCCebook 🙂


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Whatsapp ed il meritato rinnovo (annuale)

Il mea culpa

Chi è coerente scagli la prima pietra.
Io non lo sono e difatti, se necessario, cambio idea senza rancore.

L’ennesimo spunto proviene dal tanto discusso Whatsapp, il famoso programma per smartphone che – di fatto – manda in pensione i vecchi e cari (nel senso di costosi) sms.

Il Lettore affezionato mi rinfaccerà: «ma come, ne avevi cantate di cotte&crude su Whatsapp!
La prigione dei dati personali, l’app senza spina dorsale, il mistero del prezzo del rinnovo da scoprire dopo un anno (forse) … »

E’ vero: la Rete non dimentica e le mie passate dichiarazioni possono essere usate contro di me. Basta cercare “whatsapp” nel sito ed i vecchi post emergeranno dalle viscere della Rete condannandomi senza appello.

Prima di darmi del voltagabbana, però, in mia difesa aggiungo candido: sono un informatico!

Whatsapp, un meritato rinnovo (annuale)

Perchè rinnovo Whatsapp

Sviluppare software non è forse un esempio di arte moderna?
Far comunicare milioni di persone a costo zero in modo semplice e funzionale non è un’azione da elogiare ed incoraggiare?

Quando la tecnologia va veramente incontro al consumatore di massa perché é l’utente stesso a decretarne il successo o il fallimento, gli autori (artisti) vanno meritatamente premiati e l’unico strumento che noi fruitori abbiamo per ringraziare Brian Acton e Jan Koum, i due ex programmatori Yahoo! creatori dell’app, è pagare loro i 70centesimi richiesti.

Il merito va riconosciuto

Come il sottoscritto e gli altri milioni di persone sparsi per il globo: spiccioli per ogni singola persona, una ricca “medaglia” per i due giovanotti americani.

L’idea della correttezza del pagamento risulta ancora più forte se si pensa alle tante alternative disponibili: da LINE a WeChat giusto per citare le ultime novità addirittura pubblicizzate in televisione con testimonial d’eccezione (Lionel Messi per WeChat).

Eppure il successo di Whatsapp persiste.
A buon diritto aggiungo io, almeno per un anno poi alla prossima scadenza valuterò.

Nell’era di Internet, 365 giorni è una promessa di fedeltà che si concede per pochi, validi motivi … poi tutto torna nuovamente in discussione, anche l’efficienza (attuale) di Whatsapp.


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