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Tag: rivoluzione

Dispenser gratuiti per gli escrementi dei cani: ci riproviamo al Centro Direzionale [DOWNLOAD VOLANTINO]

Al CDN il dispenser rivoluzionario

Il “pezzo zero” del rivoluzionario domino è all’isola G7 del Centro Direzionale di Napoli.
Il primo dispenser gratuito per la raccolta degli escrementi dei cani è a disposizione dei padroni distratti.

Accompagni Fido a liberarsi ma dimentichi la paletta?
Il simpatico dispenser sottostante al volantino, distribuisce gratuitamente il sacchetto col quale prelevare la deiezione e rimediare alla negligenza.
Basta strapparne uno, compiere il dovere (che ogni padrone civile già esegue) e rispettare la regole elementari della convivenza.

Dispenser gratuiti contro gli escrementi di cani: ci riproviamo al Centro Direzionale

In collaborazione con Vivere

Dopo il fallimento di qualche anno fa, ci riprovo.
In collaborazione con Vivere, il mensile del Centro Direzionale, installiamo il dispenser nei pressi del Bar El Cafesino.

«Stavolta funzionarà!» ripeto mentre attacco il volantino nella curiosità generale.

Il Centro Direzionale bene si presta perché è uno spazio circoscritto e controllato.
E, sotto la spinta mediatica di Vivere, l’iniziativa può raggiungere i commercianti ed i cittadini fiduciosi.

Trionferà l’indifferenza oppure i commercianti ed i cittadini, vista l’esigua spesa da sostenere ed i risultati immediati, adotteranno un dispenser gratuito per gli utenti, collocandolo davanti al proprio negozio o condominio?
Non resta che attendere con tenacia: ogni rivoluzione necessita di tempo.

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Scarica il volantino

Bando alle chiacchiere, passiamo ai fatti concreti.
Con un clic parte la rivoluzione: scarica il volantino, personalizzalo con il logo del tuo negozio (o sponsor), acquista il kit presso un qualsiasi punto vendita di accessori per cani.
Posiziona il distributore (come in foto) nei pressi del tuo condominio o negozio.
Controlla e ricarica il dispenser quando necessario.

Goditi il Centro Direzionale pulito e sii orgoglioso di te stesso: fai parte di quel piccolo, grande esercito di cittadini che, con un piccolo gesto, combattono l’assuefazione per migliorare il mondo che li circonda.


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Jeff Bezos, genio o sfruttatore? Un libro per capire cos’è (veramente) Amazon [RECENSIONE]

Brad Stone, un libro su Amazon e Jeff Bezos

La lettura dell’interessante Vendere tutto: Jeff Bezos e l’era di Amazon di Brad Stone, aiuta a comprendere il perché, in questi giorni, i lavoratori di Amazon scioperano.

Il volume descrive il dietro le quinte del colosso americano, le due facce della stessa medaglia: il successo, il prezzo da pagare per raggiungere il successo.

L’autore, con una serie di interviste a dipendenti e dirigenti Amazon, racconta la realtà all’interno della multinazionale plasmata sul Bezos-pensiero:

«Se ci chiediamo perché Amazon sia cosi diversa da quasi tutte le altre aziende nate agli albori di Internet, è perchè Jeff ha adottato fin dall’inizio una visione di lungo periodo. 
Era un progetto articolato nell’arco di decenni.
La sua filosofia di fondo è che si possa ottenere moltissimo in un lasso di tempo protratto, a patto di essere tenaci»
(Danny Hillis, amico di Jeff Bezos)

Jeff Bezos, genio o sfruttatore?

Jeff Bezos, genio o sfruttatore?

La crescita esponenziale della start up in un lasso di tempo fulmineo è, da un lato una cavalcata entusiasmante per chi vi partecipa, dall’altro un sacrificio costante per i dipendenti costretti a ritmi ed orari assurdi.

Durante una riunione memorabile, una dipendente chiese a Bezos quando l’azienda intendesse raggiungere un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata.
Lui non la prese bene.
«Siamo qui per ottenere risultati, e questa è la priorità assoluta», rispose in tono secco.
«Questo è il dna di Amazon. Se non puoi eccellere e dare tutta te stessa, forse non è il posto giusto per te.»

Ogni pagina del libro evidenzia il continuo contrasto tra le mille luci e le altrettante ombre: per i dipendenti Amazon, secondo Jeff Bezos, non può esistere un equilibrio tra vita privata e lavoro.

Soprattutto in prossimità delle feste, il clima tra i lavoratori diviene incandescente:

La rapida crescita richiese nuovamente all’azienda di avviare l’operazione «Salviamo Babbo Natale». I dipendenti dissero addio alle famiglie e iniziarono turni di due settimane nei call center del servizio clienti o nei centri distribuzione di tutto il Paese.

Amazon, il negozio che vende tutto (secondo l'idea di Jeff Bezos)

Amazon, il negozio che vende ogni cosa

Vendere tutto: Jeff Bezos e l’era di Amazon di Brad Stone, ha il merito di raccontare la rivoluzione dell’e-commerce secondo la visione di Jeff Bezos ma anche la lucidità per denunciare lo sfruttamento senza (tanti) scrupoli compiuto da Amazon.

Questi dipendenti, solitamente non specializzati, lavoravano per dieci o dodici dollari all’ora in zone del Paese in cui la disoccupazione era alta, e spesso trovavano in Amazon un datore di lavoro alquanto crudele. I furti erano un problema costante […]

Un’opera certosina, lunga, dettagliata, per spiegare – dietro ad un clic – quale segreto nasconda la rivoluzione 2.0

Acquista il libro su Amazon!


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Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani: i motivi del fallimento

Zero sostenitori: effetto domino KO

Installare dei dispenser fai da te gratuiti lungo le strade del mio quartiere per invitare i padroni dei cani a raccogliere gli escrementi dei loro amici a quattro zampe, è risultato inutile.

L’iniziativa (del sottoscritto) fallisce miseramente, i marciapiedi infestati dalle deiezioni canine sono la sporca testimonianza.

Il motivo principale?
Non è scattato l’effetto domino sognato.

Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani [aggiornamento]

L’assuefazione dei commercianti

I gesti vandalici erano previsti, l’indifferenza dei cittadini pure.

Auspicavo il coinvolgimento dei commercianti, le prime sentinelle dei marciapiedi infestati e delle saracinesche bagnate.

Invece, nulla.

La maggior parte ha assistito senza agire, pochi gli entusiasti dell’idea, quasi tutti rassegnati al «solito finale»: furti, distruzione, menefreghismo.

Ovvio.
Napoli non è Stoccolma ed in Italia il bene comune è un concetto astratto.
Ma speravo in un passo in avanti.
Sognavo una reazione contro la rassegnazione dilagante ed un tentativo di cambiare un destino già scritto.

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Perché non imitare un piccolo gesto positivo?

Per tre mesi controllo ogni singola installazione: la mattina, prima di recarmi al lavoro ed il pomeriggio al rientro dall’ufficio, in bici – come una ronda – giro il quartiere per verificare lo stato di tutti i dispenser.

Con lo zaino del pronto intervento, sostituisco quelli vandalizzati, ricarico i distributori vuoti, rimetto in sesto l’installazione danneggiata, parlo con i negozianti, chiedo di controllare durante la giornata il buon andamento dell’iniziativa, li coinvolgo – a parole – nella piccola, grande rivoluzione cittadina.

Senza mai chiedere un centesimo, convinto che l’esempio in prima persona possa scuotere l’assuefazione altrui.

Cosa sarebbe successo se …

Sogno l’effetto domino: il primo distributore del sottoscritto mette in moto il secondo acquistato dal salumiere che incoraggia il macellaio che invita il fioraio …

L’effetto domino parte, si innesca, poi si alimenta dei risultati raggiunti, infine diventa normalità: ogni commerciante gestisce il dispenser fuori al proprio negozio, una piccola spesa mensile per migliorare il decoro urbano della strada.

Lo schema, applicato agli altri quartieri, stravolge le abitudini dei cittadini e dell’intera città!

Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani [aggiornamento]

Con 5€, 140 sacchetti più dispenser

Il progetto dispenser è giunto al capolinea.
Lungo la strada, sono spariti i piccoli distributori di sacchetti gratuiti per raccogliere le deiezioni dei cani in soccorso al padrone distratto.

Perché il costo del progetto, seppur irrisorio, cade totalmente sul sottoscritto.
Perché, nonostante l’impegno e l’esempio, non è scattata la scintilla.

Non è il «solito finale» prospettato dai qualunquisti del «te l’avevo detto».
Piuttosto, una pausa per studiare nuove iniziative.

E per verificare se, qualche commerciante zelante o cittadino sensibile, si accorgerà dell’assenza di quei piccoli, colorati, educati e rivoluzionari dispenser gratuiti.


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Escrementi di cane per strada: risolvere con i dispenser fai da te (gratuiti)

Il dispenser fai da te: gratuito

Fisso il primo volantino SOS CANE al palo della luce di fronte al barbiere.
Con un pizzico di emozione ed imbarazzo, osservo l’annuncio (rivoluzionario):

 Hai dimenticato il sacchetto?
Prelevalo gratuitamente dal dispenser!

Poche righe per incentivare i padroni dei cani all’uso del sacchetto igienico onde evitare di invadere il marciapiede con gli escrementi (non raccolti) dell’amico a quattro zampe.

Accompagni Fido a liberarsi ma dimentichi la paletta?

Il simpatico dispenser allegato al volantino distribuisce gratuitamente il guanto col quale prelevare la deiezione e rimediare alla negligenza.

Basta strapparne uno, compiere il dovere (che ogni padrone civile già esegue) e rispettare la regole elementari della convivenza.

Dopo pochi minuti, a Napoli è operativo il primo dispenser fai da te (gratuito).

dispenser fai da te: una semplice ed economica proposta contro gli escrementi dei cani per strada

dispenser fai da te: una semplice ed economica proposta contro gli escrementi dei cani per strada

Costo: 5€ per 140 sacchetti più dispenser

Presso un negozio specializzato in accessori per animali, acquisto un kit di sei rotoli da venti sacchetti igienici al costo di tre euro.
Con altri due euro compro un simpatico dispenser con 20 sacchetti già inclusi.

Realizzo il primo distributore fai da te per la raccolta degli escrementi dei cani investendo la modica cifra di cinque euro:

  • 120 sacchetti igienici: 3€
  • dispenser più 20 sacchetti: 2€

La diffidenza trionferà?

Giro per il quartiere alla ricerca di adesioni.
Vorrei installare un distributore fuori ogni negozio che fungerebbe poi da sponsor (citato sul volantino).

«L’idea è lodevole ma non funzionerà: li ruberanno o distruggeranno tutto» è la risposta della maggior parte dei commercianti.

Quando cito il canone stimato («5€ al mese?») trionfa la diffidenza.

Purtroppo devo constatare che, nonostante le buone intenzioni, di fronte ad una spesa (seppur minima e tutta da valutare in base al successo o fallimento dell’iniziativa), i commercianti rifiutano la sponsorizzazione.

Sono scambiato per l’esattore del pizzo ambientale?
Assecondato pur di levarmi di torno al pari di un fastidioso venditore di cianfrusaglie?

«Gli altri sporcano e noi dobbiamo pagare?» è il concetto non dichiarato ma enunciato dall’espressione dei negozianti interrogati.

Dalle prime reazioni, aspiro all’autofinanziamento: per non essere frainteso, operare con libertà, fornire l’esempio.

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Ritira i sacchetti presso il negoziante

L’idea del dispenser H24 libero per strada ai molti sembra troppo … svedese.

Trovo un compromesso con il bar della zona: fisso il volantino SOS CANE al palo proprio di fronte al locale ma senza distributore: con un pennarello modifico il messaggio:

Hai dimenticato il sacchetto?
Prelevalo gratuitamente presso il bar!

Questa seconda soluzione al sottoscritto non piace perché la maggior parte dei padroni porta Fido a spasso la sera sul tardi, quando i negozi sono ormai chiusi da un pezzo.
Inoltre, richiede un’azione doppia: lettura del volantino, ritiro del sacchetto (con conseguente ammissione di colpevolezza).

Pur di pubblicizzare l’idea, accetto la proposta.

Assegno al barista i primi 20 sacchetti gratuiti con la promessa di rivederci nei successivi giorni per valutare l’andamento.

Dispenser fai da te: come andrà a finire?

Non resta che attendere con tenacia: ogni rivoluzione necessita di tempo.
Controllerò i due dispenser installati (presso il barbiere ed il bar) quotidianamente, due distinti modi di distribuire gratuitamente i sacchetti.

Aggiornamenti sull’andamento dell’esperimento su questo canale 🙂

—–
PS: se apprezzi l’idea, scarica il volantino e provaci anche tu: migliorare il decoro urbano è il primo passo per migliorare la qualità della vita.


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Napoli, l’etica inversa del parcheggiatore abusivo

L’accusa del parcheggiatore abusivo

«Dotto’, non è giusto».
L’accusa giunge dal parcheggiatore abusivo, un tizio autoproclamatosi proprietario dei posti auto di fronte l’ingresso principale del bosco di Capodimonte.

Un paio di ore prima …

Domenica 4 ottobre, la giornata al museo di Capodimonte è gratis.
C’è il pienone di visitatori, napoletani e non.
La pattuglia di carabinieri controlla l’affluenza, una squadra di vigili urbani dirige il traffico, presidia gli incroci, tutela il pullman scoperto dei turisti incantati.

Nessuno, però, interviene contro l’azione illegale del parcheggiatore abusivo.

L’uomo si avvicina e mentre sosto, con tono amichevole cela la minaccia: «dotto’, un’offerta a piacere».
«Ci vediamo dopo» ribatto, allenato a combattere questa malsana abitudine.
«Dotto’ si paga in anticipo» incalza con insistenza e stavolta il tono è meno amichevole e più cattivo.

E’ chiaro: questo «mostro» non teme la presenza delle forze dell’ordine, conosce bene il luogo e scommetto che presidia l’area ogni weekend.

«Pago dopo» taglio corto e vado via.
L’esattore farfuglia qualcosa, rientra alla base e confabula con un altro «mostro» posizionandosi al centro del viale pronto a chiedere l’estorsione a chiunque parcheggi.

Al bosco di Capodimonte, in lotta contro il parcheggiatore abusivo

Al bosco di Capodimonte, in lotta contro il parcheggiatore abusivo

L’ingiustizia?

Dopo un paio d’ore torno a riprendere l’auto.
Il parcheggiatore abusivo è in agguato: «Dotto’, allora?».
«Non è passata nemmeno un’ora …» mi giustifico senza motivo.
«Dotto’, non si comporta così, non è giusto» ribatte il testimone vivente dell’illegalità quotidiana.

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L’etica inversa del parcheggiatore abusivo

Questa storia di piccola, grande ed ordinaria follia napoletana evidenza un aspetto inquietante: al mio rifiuto di pagare la tangente, il parcheggiatore abusivo si sente vittima di un’ingiustizia.

Lui, colpevole di estorcere soldi con la minaccia a persone indifese, autore dell’impunito racket del parcheggio, attore di continue sopraffazioni, è convinto di subire una prepotenza.

Abituato a ricevere senza insistere, assuefatto alla anormalità del pagamento non dovuto, avvezzo all’indifferenza delle istituzioni, addestrato a combattere l’uno-contro-uno contro il cittadino perbene, educato alla cultura inversa della violenza, l’uomo non accetta ciò che altrove è ovvio: la sosta libera.

Secondo la sua distorta visione del mondo, ha subito una violazione di un diritto acquisito.

La rivoluzione

E se da oggi nessuno pagasse più la tangente al parcheggiatore abusivo?
Un gesto rivoluzionario che colpirebbe un’atavica abitudine partenopea, talmente antica da far accettare normale ciò che normale non è.

Siamo ancora in tempo, coraggio il «mostro» può essere sconfitto.
Con l’aiuto delle Isttituzioni, la tutela delle forze dell’ordine, la rivoluzione abbia inizio: provandoci in prima persona.


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Napoli, il bimbo e l’assuefazione al parcheggiatore abusivo

«Mamma, perché hai dato i soldi al signore?».

Il bimbo, attraverso i suoi occhi puliti, osserva il mondo e non comprende il gesto naturale della donna.

A Napoli, pagare un tizio perché – senza il nostro consenso – guarda l’auto è un’azione di ordinaria quotidianità.

Siamo fuori ad un importante supermercato ed all’ingresso del parcheggio per i clienti (sosta libera) staziona l’uomo. Stupisce, soprattutto, il comportamento di chi giunge: alla vista del posteggiatore illegale, gli automobilisti rallentano, abbassano il finestrino della loro vettura e regalano spontaneamente la mancia al parcheggiatore abusivo senza che lui chieda nulla.

Il «mostro» si limita ad incassare.

Il falso dipendente non è certamente autorizzato dalla direzione del piccolo centro commerciale (ma nemmeno denunciato e mandato via), siede sotto un ombrellone e «lavora» durante tutto l’anno alla luce del sole.
Sfrutta la rassegnazione di chi, ogni giorno, è abituato alle piccole e grandi ingiustizie metropolitane, cittadini sconfitti dalla maleducazione collettiva, persone oneste vittime di delinquenti più o meno organizzati, la cultura della sopraffazione dilaga laddove lo Stato latita.

Completo la spesa e vado via – ovviamente non verso il tributo al malfattore.
Il «mostro» mi osserva indifferente, è conscio che il rifiuto è l’eccezione e non avanza diritti.

La mamma, colta di sorpresa dal quesito elementare del figlio, si chiude in un colpevole silenzio.

«Andiamo» balbetta mentre spinge il bimbo dentro il negozio affollato di gente apatica che ha rinunciato a combattere. Per molti – ma non per tutti – la presenza di un individuo che (non) guarda l’auto in sosta è ormai normale, un elemento dell’arredo urbano napoletano da accettare come l’alternarsi delle quattro stagioni.

Esiste un «mostro» invisibile pericoloso quanto un «mostro» in carne ed ossa: l’assuefazione.
Per fortuna è sconosciuto ai bimbi: aiutiamoli a crescere con il giusto esempio, ogni giorno e nelle piccole e grandi azioni.

Napoli e l'assuefazione al parcheggiatore abusivo


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#MundialBrasil2014, il funerale del calcio italiano

Illusione Prandelli

Il malato era grave ma l’amore ha celato i sintomi e ci siamo illusi di poter guarire senza nessuna cura.

L’effetto placebo ha dato i suoi (fittizi) risultati: dopotutto una finale europea ed un terzo posto nella Confederation Cup sudafricana sono stati una boccata d’ossigeno per il malandato calcio italiano.

Prandelli, il dottore capace di risollevare la salute degli azzurri?
Così pensavamo, anzi speravamo.

MundialBrasil2014, il funerale del calcio italiano

MundialBrasil2014, un ko annunciato

Ma la drammaticità del paziente-Italia, a chi non era coinvolto direttamente, era evidente: stadi vecchi e fatiscenti, una cultura sportiva inesistente, le curve sinfonie di cori razzisti, ultrà più delinquenti che tifosi, criminalità organizzata infiltrata nei club in ogni categoria, calciatori super-pagati contro ogni logica di fair-play finanziario, squadre composte per la quasi totalità da giocatori stranieri, la sterilità dei settori giovanili, una generazione di campioni al tramonto senza l’atteso ricambio, i risultati deludenti dei club nelle competizioni continentali.

I sinistri presagi erano evidenti ma, come spesso accade nel Belpaese, non sono stati presi provvedimenti (sportivi).

Abbiamo preferito fingere, tirare a campare, vivere giorno per giorno senza programmare, senza agire, senza investire ma proclamare sull’onda emotiva del momento per poi non decidere nulla e continuare come prima, di proroga in proroga fino ad oggi.

La nostra debole Italietta non ce l’ha fatta, è caduta al primo turno del Mondiale brasiliano.
Dopo otto anni di agonia, finalmente siamo al capolinea, apriamo gli occhi ed affrontiamo la dura realtà: il nostro calcio è morto.

Amen.

La sofferenza è finita, da domani la Rivoluzione può avere inizio.


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Da Newton al selfie 2.0

La mela ispiratrice di Isaac Newton

«Un minuto e torno, devo comprare solo il pane».
In macchina, fermo nel parcheggio attendo paziente il ritorno di mia moglie.
Dopo un quarto d’ora, della mia dolce metà ancora nessuna traccia.
Il supermercato è un buco nero che inghiotte ogni donna: gli intenti sono sempre minimalisti ma – dopo un tempo indefinito – il carrello stracolmo smentisce le promesse coniugali.

Dunque, per ingannare le attese, seduto sul comodo seggiolino della mia vecchia Skoda blu, col braccio sinistro appoggiato fuori dal finestrino, socchiudo gli occhi ed ascolto la musica.

La leggenda racconta che, nel lontano 1666, Isaac Newton seduto sotto un melo nella sua tenuta a Woolsthorpe, fu colpito da una mela che gli cadde sulla testa. L’incidente scatenò l’acuta riflessione: perché la Luna non cade sulla Terra come la mela?

Ebbene, senza falsa modestia, anche al sottoscritto un semplice episodio ha suscitato una profonda riflessione, forse l’inizio di una nuova rivoluzione mediatica.

Da Newton al selfie 2.0 il passo è breve

Il selfie 2.0

Apro un occhio e guardo la mia immagine attraverso lo specchietto dell’auto.
Osservo il volto, gli occhiali, la maglietta, la carnagione abbronzata, i capelli ancora neri con qualche filo d’argento.

Sono io.

Spinto dall’intuizione, senza riflettere prendo lo smartphone e mi immortalo.

Scruto ingordo la foto: è un autoscatto oppure un selfie?
Nulla di così banale.

Lo scatto – conservato gelosamente nella galleria del mio dispositivo – è qualcosa di indefinibile mai visto prima, forse il capostipite di una nuova forma d’arte moderna.

Ho creato il selfie 2.0

E’ il selfie2.0, per i superficiali un autoscatto allo specchio, per chi vede oltre, invece, rappresenta l’egocentrismo dell’individuo del ventunesimo secolo limitato dalla coscienza personale, l’eterna lotta tra la voglia di mostrarsi e la decenza del privato, il conflitto interiore che lacera l’animo dell’uomo ipertecnologico, la dipendenza delle nuove generazioni come segnale mediatico contro l’uso indiscriminato delle droghe nel mondo.

Forse questa fotografia chiarirà alle folle confuse il giusto percorso da seguire.

Ma non tocca a me affermarlo, a Voi la decisione se fermare lo sguardo al dito che indica la Luna oppure esplorare la Luna.


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Come cambiai il mondo in un pomeriggio di pioggia

Il rifugio

Un violento vento spazza via le strade, gli ombrelli dei passanti rivoltati come calzini.
Dal cielo cadono brutali secchi d’acqua, i chicchi di grandine un dolce ricordo.
Chiuso nella mia giacca, la tempesta mi coglie impreparato: alzo il bavero in un gesto spontaneo e con lo sguardo cerco un riparo per difendermi dalla improvvisa bufera.
Vedo un portone aperto, senza indugio mi infilo in questa moderna grotta metropolitana.
L’atrio del palazzo è affollato, trascorrono secoli ma l’istinto di sopravvivenza accomuna i comportamenti umani.

«Wow ragazzi, che pioggia!» farfuglio per rompere il tipico imbarazzo presente nei luoghi chiusi condivisi con estranei.

Come cambiai il mondo in un pomeriggio di pioggia autunnale

Una improvvisata banda di rivoluzionari

L’effetto domino parte e si innesta il dibattito sui temi scottanti di attualità: «ai miei tempi, tutta sta pioggia non si vedeva mai» urla il pensionato; «ci vorrebbe una rivoluzione!» incalza l’uomo con la valigetta; «i prezzi sono alle stelle, impossibile arrivare a fine mese» denuncia la donna col carrello della spesa; «i politici, la colpa è loro, sono i politici i veri mafiosi» sentenzia il giovane studente che ha marinato la scuola; «dobbiamo unirci, noi cittadini onesti, scendere in piazza, organizzarci, protestare, una nuova rivoluzione francese!» conclude il gruppo coeso.

L’improvvisata comitiva è carica, l’adrenalina è alle stelle, la convinzione di cambiare il mondo aleggia in questo anonimo portone di città.

Un esercito di egoisti?

«Etchù!», lo starnuto di un bimbo rompe l’incantesimo.
Il piccolo é in disparte, tiene per mano la baby-sitter pakistana mentre con l’altra mantiene un colorato lecca-lecca al gusto di fragola.
Si gode la leccornia, dal delicato nasino cola il moccio dell’influenza che – senza indugio – il pargoletto provvede a ripulire con la manica della camicia.
«Che combini!» tuona la ragazza asiatica minacciosa; con fare frenetico, cerca nella borsetta e poi sbotta: «oh no, ho dimenticato i fazzolettini».

Fuori, la burrasca si è inaspettatamente placata, un raggio di sole sbuca tra le nuvole nere: il battito di una ciglia e l’atrio del palazzo è deserto.

Del piccolo partito di rivoluzione popolare nessuna traccia, restiamo solo io, la inquieta baby sitter pakistana ed il fanciullo goloso, gli unici a non aver proferito parola durante il dibattito guerraiolo su come resettare il sistema e ristabilire giustizia ed equità.

Sono stato sempre un fautore dei piccoli gesti, il Mondo cambia se agiamo in prima persona partendo dal nostro personale orticello senza attendere le decisioni dei grandi della Terra.

«Prego …» offro un nuovo pacchetto di fazzolettini alla baby sitter mentre sorrido al bimbo: «buon appetito piccolino».
Saluto e vado via.


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La ruga della saggezza

Saggezza ed età

Approfitto del mio 43-esimo compleanno per attuare un’idea rivoluzionaria: voglio tornare ad essere padrone del mio tempo.

La scintilla scatta quando, davanti allo specchio, osservo un ruga sulla fronte invisibile fino a ieri.
Il dettaglio scatena in me le stesse riflessioni di Vitangelo Moscarda, il personaggio dell’immortale «Uno, nessuno e centomila» (l’uomo, in seguito all’osservazione da parte della moglie sul naso leggermente storto, inizia ad avere una crisi di identità che lo spingerà a scoprire chi è veramente lui).

La riflessione è amara: travolto dal vortice degli impegni lavorativi, dai vincoli familiari e dagli obblighi imposti dalla società non ho più tempo da dedicare alle mie passioni.
Intere giornate spese ad inseguire doveri senza possibilità (apparente) di scelta.

Invece l’alternativa esiste, bisogna però avere la forza di dire «NO».

La ruga della saggezza

Tornare padrone del proprio tempo

Non desidero nemmeno essere definito un downshifter (colui che abbraccia la nuova filosofia di vita nota come «downshifting o semplicità volontaria») a cui, peraltro, guardo con interesse crescente.

Mi accontento, invece, di ritagliarmi delle ore nelle quali – solo con me stesso – spendo il mio tempo per interessi personali (importanti o banali che siano).

La ruga inattesa ha dato vita alla ribellione mentale cancellando dal mio dizionario l’alibi sempreverde «non ho tempo» rimpiazzato da un più soddisfacente «mi organizzo per ..».

E quale occasione migliore del proprio compleanno per iniziare?
Giorno di ferie dal lavoro, shopping-regalo, piscina, incontro con un amico al bar, pranzo dai miei, passeggiata tra bancarelle e presepi per giungere poi al cinema.

Certo, dell’intero programma – tra imprevisti e necessità impellenti – ho attuato una parte minima ma sono comunque soddisfatto.
Ogni rivoluzione culturale, d’altronde, necessita dei dovuti tempi per maturare (ruga docet).


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