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Europeizzare Napoli: con la bici, sul battello nel golfo [FOTO]

In bici, ovunque

Il mondo non ha bisogno di parole ma del tuo esempio

Abituare gli altri alla presenza della bici.
Dimostrare ai napoletani una semplice teoria: in città è possibile spostarsi con la bicicletta.
E lo dimostro con i fatti: il tragitto casa-lavoro è certezza, ora utilizzo l’e-bike come mezzo di trasporto quotidiano.

Alla Posta, per comprare un paio di scarpe, al supermercato.
E, per un giro sul battello turistico nel golfo di Napoli.

Sul battello in bici: per europeizzare Napoli

Come (e più) di Amsterdam

Rifletto su vantaggi e svantaggi partenopei:

  • il clima è benevole quasi tutto l’anno e rispetto ad Amsterdam, Berlino o Copenaghen siamo baciati dalla fortuna (ripeto: sul meteo)
  • siamo penalizzati dalla morfologia del territorio con continue salite/discese e strade strette
  • assenza completa di cultura ciclistica (cittadini)
  • politica per la mobilità alternativa nulla (istituzioni)

Sfrutto la bontà del clima per pedalare tutto l’anno, con la bici a pedalata assistita annullo l’handicap delle continue salite/discese napoletane.
Per gli altri punti, invece, l’esempio diretto risulta lo strumento più significativo.

Ne ho conferma quando – in sella alla e-bike – incrocio lo sguardo stupito dei bambini, (incolpevoli) passeggeri sullo scooter dei genitori (veri colpevoli).
Mi scrutano come se fossi un alieno, poi, superato lo stupore iniziale, comprendono: esiste una alternativa!

Ecco, in quegli sguardi innocenti, mi illudo (e spero) di fare breccia, guadagnare consenso, mostrare e costruire una nuova realtà urbana.

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Sul battello, in bici: la galleria fotografica

Partecipo all’evento organizzato da BeTime, l’Università del tempo libero
Partecipo, in bici.
Per rendere concreto li concetto di mobilità alternativa, ogni giorno, per divertimento, shopping, lavoro.
Come se fossi ad Amsterdam.

PS: parcheggio la e-bike fuori ad un negozio di scarpe.
Entro.
Con un occhio osservo le scarpe, con l’altro controllo la bici.
Europeizzare si, fesso no 🙂


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La battaglia (vinta) del marciapiede dissestato [FOTO PRIMA/DOPO]

Prima email: 18 maggio

Buonasera,
Segnalo un prevedibile incidente: via Confalone (Napoli) da mesi pezzo di marciapiede inutilizzabile per un pericoloso ferro arrugginito che spunta da una recinzione per buca.
Presenza di bimbi per piscina
Chi interviene?
Grazie per l’attenzione

Destinatario: l’Urp del Comune di Napoli.
Dopo l’email con foto allegate, segue la segnalazione sul sito del Comune.

La risposta giunge dopo qualche ora:

Si inoltra, per quanto di competenza, la segnalazione relativa
all’oggetto.
Cordiali saluti
Servizio URP

L’Urp inoltra l’email alla municipalità di competenza (in questo caso, la V Municipalità).

Il marciapiede di via Confalone

Un pericolo per anziani, mamme e bambini

Questo primo messaggio nasce dalla indignazione nel constatare lo stato di incuria del marciapiede a via Confalone, recintato da svariati mesi.

Un buco, un ferro arrugginito che sporge, i pedoni costretti ad abbandonare il marciapiede per scendere lungo la strada, subito prima della curva.
Una via a senso unico, in pendenza, con le auto parcheggiate a restringere la carreggiata ed una pavimentazione estremamente sconnessa.

Una piscina nei pressi frequentata da mamme e bambini che, mentre risalgono, sono obbligati a deviare con il pericolo di essere investiti da auto e scooter che giungono in senso opposto.

Il cantiere, dunque, rappresenta un pericolo quotidiano per chiunque percorre quella via.

Dunque, ci si sarebbe atteso un ripristino veloce del manto stradale, un intervento nel più breve tempo possibile.
Invece, chiunque abiti in zona può testimoniare l’assoluta mancanza di manutenzione e tanto meno un intervento perentorio.

Via Confalone, la prima riparazione

Riparato dopo una settimana ma …

Dopo una settimana dalla prima segnalazione, ripasso per via Confalone e, con stupore, trovo la buca riparata ma il piccolo cantiere ancora in piedi.

Il malefico ferro arrugginito minaccia i passanti costretti ad abbandonare il marciapiede.
Segue altra e-mail sempre all’Urp del Comune di Napoli:

Buongiorno,
a cinque giorni dalla segnalazione (e vari mesi di incuria), la questione non è risolta.
Ieri sera, il foro ed il ferro arrugginito erano circondati come in foto allegata.
Resta il problema: i pedoni sono costretti a scendere dal marciapiede occupando la strada (stretta) con scooter e auto che giungono in senso opposto in curva.
Per cortesia, potreste ripristinare la pavimentazione del marciapiede in modo da tornare alla *normalità*?

Via Confalone, marciapiede riparato ma ...

Fu vera gloria?

L’happy end giunge a fine maggio: ripasso per via Confalone e trovo il marciapiede finalmente ripristinato!

Mi chiedo: le segnalazioni hanno modificato il flusso degli eventi?
Se non avessi scritto, l’indifferenza avrebbe trionfato?
Oppure, le email sono giunte in un periodo nel quale – comunque – era prevista la manutenzione?

Dubbi amletici di un cittadino non assuefatto.

Forse, c’è ancora speranza.

Via Confalone, marciapiede riparato ma ...


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Quel maledetto, ultimo 33esimo piano [FOTO]

33esimo piano, perchè?

Cosa diavolo pensavo di trovare su quel maledetto 33esimo piano?

La setta dei poeti estinti?
Una riunione degli scrittori anonimi contro la sindrome della pagina bianca?
Il Sindaco col comitato di accoglienza?

Forse, un angolo di città con una prospettiva diversa?
Una visuale ispiratrice?

La vista dal 33esimo piano di un grattacielo del Centro Direzionale di Napoli

In cima alla torre del Centro Direionale

Desidero raggiungere quel maledetto ultimo piano da anni.
Il richiamo degli ascensori volanti è forte: «prima o poi salgo in cima» mi ripeto ogni volta che passeggio nei viali del Centro Direzionale di Napoli.

Pigio il bottone con curiosità.

Chiuso nella ermetica cabina, scruto il display scorrere veloce.
1, 2, …, 17, … 26 … …. 33!
Il bip sancisce la fine dell’ascesa.

Le porte dell’ascensore si spalancano e, prudente, sbarco lassù in cima, dove mai ero giunto prima!

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La delusione di quel maledetto 33esimo piano

Un alveare di uffici.
Impiegati alienati nascosti dietro ai monitor, chiusi in piccole prigioni come in qualsiasi altro ufficio del mondo.

Guadagno le prime finestre.

Fotografo nell’indifferenza generale.

Armato di smartphone, punto il panorama ma gli scatti sono filtrati dai vetri delle finestre sigillate.
La visuale non è diretta.
La presenza della barriera alimenta la delusione.

La vista dal 33esimo piano di un grattacielo del Centro Direzionale di Napoli

Ritorno alla realtà

Ritorno sui miei passi.
33 … 26  …  … ….  17 … 2 … 1
Il bip sancisce la fine della discesa.

Raggiungo l’uscita.

Alzo lo sguardo, con la mano proteggo la vista mentre un raggio di sole taglia quel maledetto 33esimo piano.

«Che diavolo mi aspettavo di trovare?» rimugino disilluso.
Qualsiasi cosa cercassi, non l’ho trovata.


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Salone del libro, le magnifiche immagini da Castel Sant’Elmo (e la coraggiosa vita di Mario Francese) [FOTO]

Mario Francese, giornalista ucciso dalla mafia (1979)

Divenuto giornalista professionista si occupò della strage di Ciaculli, del processo ai corleonesi del 1969 a Bari, dell’omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo e fu l’unico giornalista a intervistare la moglie di Totò Riina, Antonietta Bagarella.
Fu uno dei primi a capire cosa stesse accadendo all’interno di Cosa nostra negli anni Settanta, raccontando l’ascesa dei corleonesi Riina e
Provenzano […]

Al salone del libro di Napoli, scopro Mario Francese, giornalista siciliano ucciso dalla mafia davanti casa, la sera del 26 gennaio 1979, a soli 54 anni.
A ricordare le sue coraggiose inchieste, il figlio Giulio.

Con commozione, Carlo Verna, presidente del consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, insieme ad altri autorevoli colleghi siciliani, ricorda Mario Francese.
Una vita dedicata all’informazione con le prime inchieste sulla mafia di Totò Riina e le denunce pubbliche contro la violenta ascesa dei corleonesi alla spietata conquista di Palermo.

Una guerra contro lo Stato che raggiungerà l’apice nella tremenda stagioni delle stragi del 1992 ed annunciata, molti anni prima, dagli articoli di Mario Francese.

La sua figura viene ricordata anche dal Ministero degli Interni in una biografia da leggere e condividere.

a Castel Sant'Elmo, il salone del libro di Napoli

Salone del libro, felice di esserci

Prima Renzo Arbore, poi la scrittrice Cinzia Leone, infine il giornalista Mario Francese.

Dopo le irrinunciabili foto, lascio Castel Sant’Elmo soddisfatto.

Un pomeriggio costruttivo in una location magnifica.
Dove trionfano i tanti libri (famosi e non) e si vive il giusto mix tra intrattenimento e impegno.

In altre parole, dove tocchi con mano i mille volti della cultura.

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La galleria fotografica

Tra le immagini della galleria, si riconosce il poliedrico Renzo Arbore, la scrittrice Cinzia Leone durante la presentazione del suo ultimo libro Ti rubo la vita.
Tra le ombre di Castel Sant’Elmo, Carlo Verna – giornalista RAI – ricorda Luigi Necco e conduce l’incontro in memoria di Mario Francese.


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Parco Virgiliano a Piedigrotta: le immagini dell’imponente tomba di Giacomo Leopardi [FOTO]

La firma di Vittorio Emanuele III (1897)

Umberto I
per grazia di Dio e per volontà della nazione Re d’Italia

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato
noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue

ARTICOLO I la tomba del poeta GIACOMO LEOPARDI è dichiarata monumento nazionale
ARTICOLO II Il Governo provvederà alla conservazione ed alla custodia

Ordiniamo che la presente munita del sigillo dello Stato sia inserita nella raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d’Italia mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma ADDI  IV LUGLIO MDCCCXCVII

UMBERTO

La stele, incisa sulla pietra, risale al 1897 e porta l’autorevole firma di Vittorio Emanuele III.

Così, dopo aver visitato il sempre caro mi fu quest’ermo colle a Recanati torno sulla tomba di Giacomo Leopardi, nella mia città.

Il Parco Virgiliano a Piedigrotta: la tomba di Giacomo Leopardi e Virgilio

Il parco Virgiliano a Piedigrotta

A pochi metri dalla stazione di Mergellina, nei pressi dell’infernale galleria delle Quattro Giornate, un piccolo cancello semichiuso nasconde un luogo mistico: il parco Virgiliano a Piedigrotta.

E’ un sabato mattina (gennaio), finalmente il sole riscalda gli animi.
Supero l’entrata, entro con cautela.
Nel parco sono solo.
Osservo le piante ben curate, i giardini ordinati, le didascalie lungo il percorso.
Il silenzio ed i colori mi catapultano in un luogo lontano, rilassante, piacevole.

Inizio la dolce salita, oltre i binari di Mergellina intravedo il fascino blu della Sirena Partenope.
Scruto dettagli, scatto foto mentre il piccolo cancello semichiuso tieni fuori da questo angolo il caos e lo smog della città.

Il parco Virgiliano a Piedigrotta, sede della tomba di Giacomo Leopardi e Virgilio

La tomba di Giacomo Leopardi

Dopo un paio di curve, si erge la maestosa tomba di Giacomo Leopardi.
Un monumento impressionante protetto da una grotta di tufo.
La lastra funeraria firmata da Vittorio Emanuele III dimostra la veridicità del monumento.
Colpito dall’imponenza dell’opera, osservo basito (e soddisfatto).

Un gruppo di turisti francesi sale lungo il sentiero.
Con lo sguardo verso l’alto, squadrano il parco, restano meravigliati dalle grotte, fotografano il mare in lontananza.

Dopo aver reso omaggi al Poeta, ci arrampichiamo lungo i gradoni che ci portano su, in una esigua terrazza.
Guardiamo l’orizzonte azzurro e la profonda gola che entra nella collina (una grotta chiusa per restauro).

Questo piccolo luogo pubblico (gratuito) è ricco di gioielli nascosti, da scoprire con un po’ di pazienza e curiosità.
Meglio se accompagnati da una guida.
E armati con una buona macchina fotografica.

Il Parco Virgiliano a Piedigrotta: la vista panoramica

La galleria fotografica


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La Sirena Partenope e quell’irresistibile fascino blu [FOTO]

L’eterna seduzione della Sirena Partenope

Anche stavolta, cedo alla tentazione blu.
La Sirena Partenope seduce, per il viandante non c’è scampo.
Lo stesso dolce destino tocca allo straniero di turno.

Nessuno sfugge al richiamo, nonostante tu l’abbia già vista mille volte, ogni volta ti abbandoni al suo fascino eterno.
Eppure, mentre osservo l’immortale bellezza blu, mi chiedo perché l’uomo resti conquistato dall’immensità del mare.

Dovrei porre la domanda ad un filosofo.
Oppure ad uno dei tanti pescatori che trascorre la sua esistenza tra le onde.

Il fascino eterno della Sirena Partenope

Il solito, magnifico quadro blu

Il maltempo dei scorsi giorni ripulisce l’aria.
In lontananza intravedo Capri, cerco di catturarla nel piccolo obiettivo dello smartphone.
A destra, Castel dell’Ovo – la sentinella di Napoli -, a sinistra la collina di Posillipo.

Il solito, magnifico quadro visto e rivisto in mille scatti colorati.
Ma questa mattina di fine gennaio, la cartolina mi appare, ancora una volta, diversa.
Dalla tasca, afferro lo smartphone e fotografo.

Il fascino della Sirena Partenope, dopo duemila anni, seduce ancora.


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Chi stabilisce l’altezza dei palazzi di Napoli? [FOTO]

La strana altezza dei palazzi di Napoli

Una lunga distesa di cemento.
Dall’interno della città, fino al mare.

Un zig-zag di edifici incastrati.
Visti dall’alto, ricordano quelle costruzioni disordinate create dalla fantasia di un bimbo mentre gioca nella sua stanzetta.

Agglomerati cresciuti senza norme, quartieri privi dei criteri di minima vivibilità.
Ecco la prima impressione mentre osservo i palazzi di Napoli dall’autobus bloccato sulla tangenziale.

Siamo fermi nel solito ingorgo mattutino di Corso Malta, noi pendolari racchiusi nelle lamiere del 130 a formare un unico corpo omogeneo e compatto.
In questa piovosa mattina d’autunno, costretto ad appendere la bici al chiodo, sono comunque tra i più fortunati: nell’autobus strapieno, riesco a muovermi – nonostante sia incastrato nella massa di viaggiatori come un pezzo di un puzzle – e guadagno preziosi centimetri verso la porta.

Dal vetro mezzo appannato, guardo la linea continua di costruzioni, le strade sottili che separano gli edifici incastonati.

Pensieroso mi chiedo: quando hanno costruito, con quale criterio stabilivano le altezze dei palazzi di Napoli?

Chi stabilisce l'altezza dei palazzi di Napoli?

Come in una fotografia di gruppo

In una foto di gruppo, i più alti vanno sempre nell’ultima fila.
Una semplice regola per garantire a tutti di guardare avanti senza incontrare ostacoli.

Se a Napoli avessimo seguito la medesima logica, da tutti i palazzi avremmo visto il mare!
E, in alcuni casi, anche il cielo.

Invece, negli anni della corsa al mattone, ogni angolo della città è stato occupato da una colata di cemento anarchica.
Chissà quale disegno prevede il leggendario piano regolatore della città (casomai ce ne fosse uno).

Fossi nelle Istituzioni, vista l’impossibilità di correggere gli orrori del passato e per evitare dissonanze tra la (triste) realtà e la burocrazia comunale, nominerei una apposita commissione (di amici ben stipendiati) per «adeguare i documenti ufficiali alle costruzioni esistenti».

Geniale vero?

Chi stabilisce l'altezza dei palazzi di Napoli?

Una nuova prospettiva

Il 130 riparte, l’ingorgo mattutino è superato.
Da lontano intravedo il Centro Direzionale.

Scendo dall’autobus con una consapevolezza in più: osservare la città dall’alto è una prospettiva interessante, permette di vedere ciò che dal basso sfugge.

Così, dall’ingorgo traggo la giusta lezione: da oggi, quando passeggio, alzerò lo sguardo con maggior frequenza.
Per verificare le altezze dei palazzi, indice della storia della città.


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La dura vita del cameraman: dietro le quinte del convegno «Salute e benessere» [VIDEO]

Io, cameraman per passione

A volte mi regalo un cameo, è raro ma succede.
Accade quando l’evento mi coinvolge.
Perlopiù resto dietro la videocamera, nascosto dai flash e dalle condivisioni social.

Non amo le luci della ribalta.
Amo, invece, riprendere gli altri e renderli attori protagonisti.

Registro le scene di un film personale, immagini accompagnate dalla giusta colonna sonora, da rivedere dopo qualche tempo col sorriso sulle labbra.

Rivedere non per nostalgia.
Rivedere per riprovare quel sano sentimento che ti fa pensare: «però, sono riuscito nell’impresa».

La dura vita del cameraman: dietro le quinte del convegno «Salute e benessere»

Al convegno BeTime sull’alimentazione

Il convegno La prima prevenzione è a tavola organizzato da BeTime, l’Università del tempo libero, merita la dovuta attenzione.

Dunque, accetto con piacere l’invito.
Armato di videocamera, riprendo gli esperti, registro le riflessioni della platea.

Un dibattito su alimentazione e salute.
Argomenti interessanti, la serata è ben spesa.

Il cameraman, il regista ed il montatore

La sera, a casa, scarico i filmati sul computer.
Con calma, rivedo ogni ripresa.
Come sempre, non sono pienamente soddisfatto del lavoro.
E’ sfuggito quel fotogramma, una scena risulta mossa, manca una frase che avrei voluto inserire.

Il regista che vive dentro di me, è sempre molto critico con il cameraman.

Inizio il montaggio.
Elimino le scene morte, taglio gli interventi lunghi, cerco di dare spazio ai presenti.
Nel film, ognuno merita una parte.
Infine, scelgo la colonna sonora – elemento fondamentale per il successo del video.

Dopo un paio di ore, creo un videoclip di due minuti.
Per il sottoscritto, la giusta durata per mostrare tutto senza annoiare lo spettatore.

A voi il risultato. 


 


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C’era una volta la fermata dell’autobus [FOTO]

Fermata dell’autobus = parcheggio selvaggio

La foto ricordo immortala un gruppo di elementi, triste costante dell’arredo urbano.

All’interno della linea gialla che delimita lo spazio riservato alla sosta dell’autobus pubblico, riconosciamo i soliti personaggi.
Seduti (da sinistra verso destra):

  • lo scooter, l’abitué
  • i cassonetti della spazzatura, gli invasori
  • l’automobile, l’onnipresente

Alle spalle: la fermata dell’autobus.

Parcheggio selvaggio alla fermata dell'autobus

Una scena di ordinaria inciviltà

Osservo l’invasione dal lato opposto del marciapiede.
Sono a via Giacinto Gigante nel quartiere Vomero-Arenella dove un posto auto vale quanto un buon investimento in borsa.

Vista la rarità di parcheggi, ognuno infila l’auto dove può.
Anche dentro lo spazio riservato alla fermata degli autobus pubblici.

In realtà, questa foto non mostra nemmeno un caso di estrema gravità perché – dopotutto – un minimo di superficie libera è ancora disponibile (proprio dove attendono le due signore).
Chiunque giri per Napoli, prima o poi, si sarà imbattuto in fermate dell’autobus interamente ricoperte da auto e scooter.

Il parcheggio selvaggio cancella l’area riservata al mezzo pubblico utile alla discesa/salita dei passeggeri in totale sicurezza (e, particolare non secondario, senza intralciare il traffico).

Ciò che mi colpisce in questo scatto, invece, è la ripetitività della scena.

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Pericolosa normalità

Anche ieri e due giorni fa lo scooter era parcheggiato vicino i cassonetti della spazzatura.
Tutti insieme appassionatamente all’interno della linea gialla riservata.

Ai vigili urbani che presidiano l’incrocio qualche metro più avanti, risulta normale non intervenire per multare chi infrange la Legge.

Dunque, un’azione illegale – vista la ripetitività quotidiana – viene percepita come comportamento regolare.
E, quindi, accettato.

L’abitudine nel vedere una fermata dell’autobus assediata da scooter, auto e cassonetti dell’immondizia, bene rappresenta l’evoluzione dell’indifferenza divenuta assuefazione.

La migliore linfa per i peggiori «mostri» metropolitani.


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«Abbi fortuna e dormi» di Luciano Esposito: come un arcobaleno sul mare [RECENSIONE+FOTO]

«Abbi fortuna e dormi», tra sogno e realtà

Termino Abbi fortuna e dormi in riva al mare, il luogo ideale per leggere l’intrigante romanzo di Luciano Esposito.

Seduto sulla sdraio, sotto l’ombrellone, sforzo lo sguardo per raggiungere l’orizzonte.
Osservo l’infinito blu, dove finisce la realtà e inizia l’immaginazione.

Con il libro tra le mani, rifletto su quel labile confine tra quotidianità e sogno.
Ecco il segreto di un libro appassionante!
Pagina dopo pagina, la trama ti porta in un mondo immaginario popolato da persone concrete che, ben presto, da personaggi di fantasia, diventano persone alle quali ti affezioni.
E non vorresti più lasciare.

Abbi fortuna e dormi ha proprio questo merito – non ovvio.
Cattura l’attenzione e ci trasporta in un viaggio affascinante.
Con molteplici tappe: sorridiamo, in alcuni capitoli riflettiamo, infine ci emozioniamo.
Sempre con leggerezza.

Perché il bravo autore utilizza uno stile scorrevole, conversazioni ben strutturate, la narrazione accelera e poi rallenta tra questioni surreali e visioni tremendamente concrete.

Giunti all’ultimo rigo, ci svegliamo come da un lungo sonno, riposati e sorridenti.
Compiaciuti per aver afferrato quel dolce sogno nascosto nel romanzo.

Abbi fortuna e dormi, di Luciano Esposito

E spunta l’arcobaleno sul mare …

Ho appena terminato Abbi fortuna e dormi, chiudo il libro col sorriso soddisfatto.
Da sotto l’ombrellone, continuo ad osservare l’orizzonte.

Le atmosfere oniriche della trama ricordano un film di Tim Burton.
«Bravo Luciano» mi congratulo nella mia mente con lo scrittore (esordiente).

Mentre immagino uno stallone bianco correre lungo la spiaggia, osservo meglio il panorama.
Sbatto le palpebre e metto a fuoco la scena surreale: un insolito arcobaleno all’orizzonte.
Sul mare!

Immortalo la scena.

Un’immagine colorata, rara e preziosa.
Come un bel sogno, come il romanzo che ho tra le mani.

L'arcobaleno sul mare spunta mentre termino Abbi fortuna e dormi, di Luciano Esposito

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«Fontana del Tritone, i miei ricordi da bambino e il degrado di oggi», la denuncia di Patrizio [FOTO]

«La fontana del Tritone o fontana delle Paparelle, a via Foria, vicino piazza Cavour»

D: Patrizio, raccontami di quando eri bambino e giocavi nei giardini della Fontana del Tritone.
R: Io sono un “ragazzo del ‘67”, quindi i miei ricordi spensierati legati alla fontana sono immersi nei lontani anni ’70, quando andavo alle elementari alla Andrea Angiulli a Piazza Mario Pagano, poco distante dai giardinetti di Piazza Cavour.
E così accadeva spesso che, nei mesi primaverili, dopo essere uscito da scuola, mio nonno mi portasse a giocare proprio nei pressi della fontana del Tritone.
Lì, insieme a lui, mi divertivo a dar da mangiare alle famose “paperelle” che a quei tempi vivevano proprio nelle acque che sgorgavano dalla brocca in mano al giovane tritone.
La fontana è infatti detta dai napoletani anche fontana delle Paparelle, un nome che anni fa richiamava la tranquillità delle belle giornate di sole che ancora oggi bacia quell’angolo di via Foria.
Poi, fin quando mio fratello di due anni più grande di me era alle elementari, restavo a fare passaggi con lui col mitico Super Santos, mentre mio nonno leggeva il suo giornale da pensionato nell’attesa dell’ora di pranzo.
Il sabato, invece, era festa grande.
Mio padre aveva la possibilità di venire a prenderci a scuola ed ecco che con le bici andavamo proprio in quei giardinetti a pedalare liberi intorno alla fontana … bei tempi.

Il degrado regna intorno alla Fontana del Tritone, vicino piazza Cavour

«La fontana era un luogo di giochi e di ritrovo»

D: La fontana ed i giardini, erano un luogo di aggregazione per voi del quartiere?
R: Come ho spiegato prima, andavamo lì proprio perché era piacevole.
Mio nonno andava per passare un paio d’ore tranquille, a volte in compagnia di qualche amico pensionato come lui, ma spesso c’erano altri bambini con cui fare amicizia o semplicemente ci si andava per godere un po’ di quella frescura che la fontana ci dava senza chiedere nulla in cambio se non la nostra benevola compagnia.
Lì vicino, tra un chiosco di acquafrescaio e l’edicola dei giornali, potevi passare quel tempo in amicizia ed allegria.

I giardini nei pressi della Fontana del Tritone

«Oggi, al posto di nipotini e nonni, ci sono mendicanti e barboni»

D: La Fontana del Tritone, da quanto tempo verte in queste condizioni di degrado?
R: La fontana di fine ‘800 ha visto nei secoli alti e bassi ma ormai sono anni che non getta più in aria il suo allegro zampillo d’acqua.
Senza esagerare, credo che l’ultima volta, sarà stata circa una quindicina d’anni fa.
Le “paparelle” sono scomparse forse anche da prima.
Spesso, ci passavo negli anni dell’università quando prendevo la metro e la scorgevo nello stato pietoso di degrado in cui già si trovava, cercando di ricordarmela quando invece era al suo massimo splendore.
In verità, in occasione della realizzazione della Fermata Museo della Linea 1 della Metropolitana, ho sperato che la situazione migliorasse, in quanto fu risistemata tutta la zona circostante con marciapiedi nuovi, aiuole fiorite, nuove istallazioni che ricordano il vicino Museo e la fontana che riprese miracolosamente a zampillare.
Purtroppo, con grande dolore, ho invece dovuto ancora una volta constatare che la fontana è stata nuovamente abbandonata all’incuria e gli abitanti del luogo ormai ci passano davanti frettolosamente ed in modo distratto.
Tutt’intorno, al posto di nipotini e nonni, sono comparsi mendicanti e barboni, i cosiddetti invisibili che si sono impossessati di quei luoghi rendendoli ancor più insicuri e malsani di quando a Napoli non c’erano le fogne.
Certo non è con questi ultimi che me la prendo, ma vedere la piazza ridotta ad un dormitorio a cielo aperto, beh, fa un certo effetto.

Il degrado regna intorno alla Fontana del Tritone, vicino piazza Cavour

«E’ inutile, tanto siamo a Napoli»

D: Il degrado urbano spinge il degrado morale: con l’abbandono, l’assenza di manutenzione e sporcizia, noti anche un maggiore disinteresse da parte dei cittadini?
Un ambiente pulito ed ordinato, aiuta l’educazione.
Concordi Patrizio?
R: E come non essere d’accordo con te, Mario.
Certo, il cittadino in questo modo non viene affatto responsabilizzato.
Chi può, invece di aiutare, fugge.
E’ più facile farsi scivolare addosso i problemi, scansarli, che affrontarli.
E’ più facile andar via dando la colpa agli altri, alle istituzioni, alle associazioni, ecc …, che muoversi in prima linea.
Ma il disinteresse scaturisce anche dalla delusione di aver dato fiducia alle persone sbagliate.
A chi ha promesso di migliorare e invece – come al solito – ha poi dimenticato.

D: Le persone sono assuefatte a cotanto squallore o – come te – reagiscono?
D: Purtroppo non vedo molte persone reagire, forse perché Napoli è schiacciata da così tanti problemi che prende sopravvento la rassegnazione.
E’ brutto, ma spesso senti dire: ”E’ inutile, tanto siamo a Napoli” e invece, proprio perché siamo a Napoli e siamo nati in questa meravigliosa città, bisogna reagire, denunciare e, se possibile, fare qualcosa per migliorare.

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«Ridiamo vita all’albergo dei poveri!»

D: Patrizio, le tue foto su Facebook alimentano la discussione: da una parte i disperati che necessitano di un riparo, dall’altra le ragione dei cittadini.
Quale soluzione proponi?
R: So di non avere elementi sufficienti per lanciare la mia proposta.
Chissà quanti vorrebbero farci chissà che cosa con quella che è la mia idea.
La mia soluzione consiste nel dare nuovamente il significato corretto al nome che porta quel monumento che si trova a Piazza Carlo III a tutti noto come l’albergo dei poveri.
Nel 1749, Ferdinando Fuga, fu chiamato a Napoli nell’ambito del programma di rinnovamento edilizio del nuovo Re Carlo III di Borbone, con l’incarico di progettare il gigantesco Albergo dei Poveri rivolto ad accogliere le masse di poveri del Regno.
Ebbene, perché non rendere di nuovo possibile tale piano?

La ringhiera della fontana del Tritone usata per stendere le coperte

Proprio vicino la metro di piazza Cavour …

A conferma delle parole di Patrizio sul totale degrado che regna sovrano intorno alla fontana del Tritone, aggiungo la mia esperienza.

Giungo a via Foria, parcheggio la bici ed inizio a scattare le foto presenti nel post.
Una famiglia di turisti sbuca dalla stazione di Cavour della Linea1, a pochi passi dal monumento abbandonato.

Si guardano intorno, forse cercano la giusta direzione per il vicino (e meraviglioso) Museo Nazionale.

Uno dei tanti mendicanti che vive intorno alla fontana, incurante del mondo che lo circonda, decide di svuotare la vescica in un angolo semi nascosto, forse la toilette personale?

Evacua mentre il sottoscritto scatta le foto, i turisti osservano dove sono capitati, i pendolari corrono, i pochi bimbi giocano.

La fontana, oltre ad essere un punto di ritrovo per il quartiere, dovrebbe essere il biglietto da visita per i migliaia di turisti che, ogni giorno, raggiungono il MANN.

Qualcuno interverrà per ripristinare la normalità perduta?
 

Piazza Cavour, la fermata della metropolitana affaccia proprio sulla fontana del Tritone


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Parco Viviani, chiuso per troppo amore? [FOTO]

Parco Viviani, il verde negato

Il Comune di Napoli ama il verde.
Lo ama alla follia.
Perciò lo protegge.
Da tutti.

Come quei fidanzati, talmente gelosi della propria donna, da isolarla dal resto del mondo.

Questo sentimento ossessivo è il motivo per il quale il parco Viviani, a via Girolamo Santacroce – quartiere Avvocata, è chiuso da un tempo indefinito?

Per proteggere i giardini dai bambini?
Per evitare ai cagnolini di calpestare i prati?
Per impedire a chi, dopo una passeggiata nel relax, si appoggi al tronco di un albero?

Napoli, il Parco Viviani, quando riaprirà?

Avvocata, un quartiere nella morsa dello smog

Per chi dirige la città, sembra valere un’equazione inversa alla normalità: più il quartiere è intasato dallo smog, di meno verde deve godere.

Perché il Sindaco e l’assessore all’Ambiente dovrebbero lottare con ogni forza (e fino all’ultimo centesimo) per garantire l’apertura totale di tutti i parchi pubblici.

«Mancanza di personale», «lavori di manutenzione», «gesti vandalici» sono i motivi più gettonati di fronte all’ennesimo cancello sbarrato.

Il parco Viviani si estende tra il corso Vittorio Emanuele ed il Vomero, due zone di Napoli congestionate dal traffico cittadino.

Quartieri dove, per un bimbo, giocare a calcio in un campetto libero da auto e scooter, resta una lontana utopia.
Zone nelle quali un angolo di verde assume un ruolo simbolico e pratico fondamentale.

E noi, chiudiamo l’unico polmone dell’Avvocata.

Napoli, il Parco Viviani, quando riaprirà?

Chiuso (anche) ai fumatori

Torno al parco Viviani per verificare la chiusura della fontana malata.

All’ingresso campeggia un cartello con l’ordinanza 1804 del 16/11/07: nel parco è vietato fumare.

Già, nel parco.
Appunto, dentro al parco.
Se riuscissimo ad entrarci! – fumatori e non.

Napoli, il Parco Viviani, quando riaprirà?

Parco Viviani, quando la riapertura?

Dunque, è come sospettavo.
L’amore del Comune di Napoli per il verde è totale.
L’ingresso è impedito a tutti.
Non ci resta che attendere la fine dell’infatuazione.

Nel mentre, fotografo il meraviglioso panorama che si apprezza dal parco Viviani.

Anzi, da fuori al parco Viviani.

Napoli, il Parco Viviani, quando riaprirà?


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